Garcia è riuscito nell’impresa di normalizzare giocatori come Osimhen, Kvaratskhelia e Lobotka, davvero degna di nota
Il primo gol della Fiorentina nasce su un’azione in cui Zielinski (al netto di questo, anche ieri il migliore in campo insieme a Politano: ed infatti, Garcia li ha sostituiti) invece di vincere un contrasto facile facile nella propria tre quarti, lo perde senza nemmeno ingaggiarsi nello stesso, ed anzi quasi girando addirittura la faccia per paura dello scontro.
Mamma mia, cosa mi tocca vedere.
A quel punto, Martinez Quarta continua a portare indisturbato il pallone ed inizia la costruzione a tre che porta al cross (io preferisco chiamarla mozzarella lanciata in area, per quanto era poco innocuo già in partenza) da cui poi scaturisce il gol.
Come dicevo, il traversone è a spiovere, lento, messo lì per il terzo tempo di nessuno.
Ostigard, tuttavia, questa volta (senza quella fame agonistica e senza quella “propulsione” nello stacco che gli aveva consentito quel gol contro il Real Madrid) subisce l’azione di disturbo da parte di NZola e salta pochissimo, si fa passare il pallone sopra la testa e lo fa arrivare all’offendente della Fiorentina che gli sta arrivando dietro a traino dell’azione di attacco, il quale colpisce la palla mandandola sul palo.
A quel punto, il pallone carambola verso la parte opposta ed esterna dell’area piccola, e su questo si avventa Brekalo, che di prima lo calcia in porta e lo insacca dopo averlo fatto passare sotto le gambe di Meret. Proprio così, sotto le gambe di Meret.
Anche in quest’azione, sembra aversi la stessa scarsa velocità nel dividersi tempi e spazi di “mosse” difensive da parte dei giocatori del Napoli che già abbiamo avuto modo di commentare.
Politano dovrebbe cercare subito di impedire il tiro a Brekalo, gettandosi sulla sua figura, ma sembra attendere tale giocata perché preoccupato di lasciare, per effetto della stessa, libero per l’eventuale scarico (al posto del tiro) Martinez Quarta.
E tuttavia, se Politano ha questa paura che gli impedisce di aggredire Brekalo è perché Anguissa, ancora lento e poco reattivo, non è andato a scivolare tempestivamente nella posizione di marcatore dello stesso Martinez Quarta.
Insomma, siamo alle solite.
Il gol del pareggio viene trasformato da Osimhen (impressionante la violenza del tiro nonostante il pallone sia calciato di piatto) dopo che lo stesso intuisce l’errore difensivo di Parisi (che cerca di smorzare di petto un cross di Natan per facilitare l’intervento del suo portiere), ed “appropriandosi” del pallone (con il piede destro ne anticipa l’uscita a terra) viene atterrato da Terracciano.
Due cose importanti sono relative a quest’azione: la prima è Natan che, in quasi funzione e posizione offensiva da braccetto di sinistra da difesa a tre, sale sulla linea della tre quarti per ricevere lo scarico del compagno e procedere lui direttamente al traversone in area, a dimostrazione di quanto si è detto sulle capacità balistiche del brasiliano; la seconda è che il mancato acquisto di Parisi da parte del Napoli è una delle cose per cui io, personalmente, non riesco a darmi pace.
Il ragazzo (al netto dell’errore in questione), che peraltro è ancora molto giovane, ha tutto (come Eziolino Capuano cerca di dire da tempo): tecnica, palleggio, cattiveria agonistica, corsa, gamba, tiro, gestione completa di tutte le fasi della partita. Insomma, un vero peccato non averlo preso.
Il gol del due a uno è di Bonaventura, uno che ieri a 34 anni, ha insegnato a giocare a pallone agli altri 21 cristiani in campo: in tutti i fondamentali, dal dribbling al giro palla, all’accelerazione improvvisa palla al piede all’aggressione dello spazio. Senza mai sbagliare una (dicasi una) giocata, tanto nell’idea, quanto nell’esecuzione.
Un giocatore fortissimo, come tale “giustamente” sottovalutato nel panorama calcistico italiano e dai presunti addetti ai lavori, i quali evidentemente preferiscono andare in visibilio con le giocate di giocatori del calibro di Pessina o Locatelli.
Ed infatti.
La Fiorentina porta il pallone (in verticale, si badi bene) nella tre quarti del Napoli, ed anzi i difendenti del Napoli son così preoccupati di scappare verso la propria porta che, come al solito, nessuno affronta il portatore di palla avversario; il quale indisturbato ha il tempo di effettuare una prima imbucata per Duncan, che nel cercare di farne proseguire la traiettoria verso la sua destra la fa sbattere contro Olivera: ne nasce una carambola che fa arrivare il pallone a Bonaventura, il quale, anch’egli letteralmente indisturbato e già in area, ha il tempo di controllarla ed indirizzarla, piazzandola, sul palo lungo.
Inutile commentare la scarsa cattiveria agonistica e la scarsa capacità di reazione, in quel frangente, della difesa del Napoli, anche perché non basterebbero diecimila battute.
Quello che salta più agli occhi è che Natan dovrebbe capire che la prontezza nel leggere l’azione (anche dai movimenti corporei degli avversari) e nello “scivolamento” sul primo offendente libero ed in zona di ricezione del pallone magari gli eviterebbe di stare dietro all’avversario mentre questo si confeziona ad arte un tiro che in una qualsiasi area di rigore di una grande squadra nemmeno avrebbe il tempo di poter pensare.
Il gol del tre a uno avviene dopo un’azione di contropiede all’esito della quale Parisi (appunto), invano inseguito da Kvaratskhelia per 40 metri di campo, una volta arrivato all’altezza del vertice di centro destra (per chi guarda) mette in mezzo un pallone bellissimo, teso davanti alla zona degli ultimi difendenti del Napoli su cui si avventa Nico Gonzales (meno male che non è entrato prima) che la scaraventa in rete.
Due curiosità rispetto all’azione.
La prima riguarda proprio Kvaratskhelia ed il rapporto con la fase difensiva a cui è costretto quest’anno: quando gli altri iniziano l’azione, è agevole guardare come lo stesso Napoli non resti con un 4-3-3 (con tutto quello che ne consegue in questa fase di gioco difensiva, e tra questo la linea difensiva molto alta, i reparti stressi, i tre davanti che vanno all’uno contro uno contro i potenziali primi costruttori di gioco) ma si schiacci in un classico 4-5-1, in cui davanti, a pressare la costruzione di giuoco avversario, rimane solo Osimhen (che non sembra apprezzare, ed è un eufemismo) ed in cui le due linee di 5 centro campisti e 4 difensori si schiacciano ed arretrano lasciando almeno 25 metri di campo libero agli avversari.
Ebbene, così facendo costringi Kvaratskhelia a macinare decine e decine di metri di campo in più durante ogni partita, sfiancandolo in modo irrecuperabile.
La seconda è che in quella fase di transizione negativa subita dal Napoli è agevole cogliere tutta la lentezza di Cajuste e, soprattutto, di Natan, e cioè dei due che cercano in extremis di frapporsi tra il portatore di palla avversario (Parisi) e quello che la palla la riceverà (Gonzales): a proposito, ma Ostigard dov’era?
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Alla fine di questo strazio, non posso che lasciarmi andare a tre forme distinte di complimenti: me lo devo, lo pretende il mio fegato.
Il primo complimento va sia a Lindstrom sia a chi lo ha comprato.
Al giocatore vanno i miei compimenti perché era da tempo che non vedevo un calciatore entrare in campo con l’atteggiamento che lo contraddistingue.
Ora, non dico che tutti debbano essere come Simeone, sarebbe troppo: pur tuttavia, entrare in campo in modo tale da non far chiedere a chi guarda la partita se l’interessato abbia almeno capito da che parte si attacca non sarebbe male.
E complimenti anche a chi lo ha preso: se è questo qui, il rapporto costi / benefici mi sembra fenomenale.
Il secondo complimento va a Garcia.
Al netto dei cambi di ieri sera (se ne avesse azzeccato almeno uno, sarebbe un’epifania), riuscire a normalizzare giocatori come Osimhen, Kvaratskhelia e Lobotka è impresa davvero degna di nota.
Non mi dilungo oltre su Garcia, non ne ho voglia: l’unica cosa che mi viene da dire è che un conto è cercare Osimhen nello spazio all’esito di una costruzione di gioco ad almeno tre uomini che, anche grazie alle rotazioni dei calciatori interessati ed ai movimenti “organizzati” e sincronizzati dello stesso centravanti, gli consentono di aggredire spazi con le giuste posture e sfruttando quelle dei difendenti avversari spesso non consone proprio a causa dell’incapacità di leggervi lo schema del Napoli.
Uno conto, invece, è semplicemente sbattergli a palla davanti sperando che possa da solo pensare a qualche cosa di propositivo da solo contro una difesa che può muoversi agevolmente: i) perché in schiacciante superiorità numerica; ii) perché corre a coprire gli spazi muovendosi di faccia al pallone che gli viene recapitato.
Ci sarebbero, poi, i complimenti da fare al presidente.
Non era facile mettere in discussione questo capitale umano ed economico che il Napoli aveva finito con il rappresentare alla fine della scorsa stagione.
Invece no, ce la si è fatta comunque.
A me basta riflettere sul fatto che l’agire di ogni essere umano presuppone interazione continua con quella di altri esseri umani, e che nulla di ciò che il singolo si costruisce può essere definito il prodotto esclusivo si se stessi: la vita è una relazione continua, ed è grazie a queste relazioni, grazie al rapporto con l’azione dell’altro che si sviluppa e dipana la buona riuscita della vita di ciascuno di noi (ricordate la “lezione” de “I ragazzi di via Panisperna”?).
Insomma, da soli non si è in grado di produrre un beato cazzo.
Chi ha letto libri questo lo sa.
Appunto, chi ha letto libri.