“L’errore è accettabile, ciò che non è comprensibile è la mancanza di libertà di espressione per parlare degli arbitri”
In Spagna è un periodaccio per gli arbitri. Persino Carlo Ancelotti si autocensura. Ma questa perversione retorica del “non parlo degli arbitri altrimenti prendo 10 giornate di squalifica” che sentiamo ogni domenica nelle interviste post-partita, è appunto una esclusiva o quasi del calcio. Nel scrive sul Paìs Sara Gimenez. E vale anche in direzione opposta: sono gli arbitri del pallone che non vogliono che si parli con loro e di loro.
“Nel mondo del calcio, l’organo arbitrale è sempre stato bersaglio di critiche, insulti e oggetto di diabolici complotti. Ora il suo discredito è ai minimi storici. Se potessi scegliere, preferirei che i miei figli non diventassero direttori di gara o guardalinee. Per egoismo, per non soffrire”.
“Dalla Terza categoria alla Prima Divisione, assistere ad una partita di calcio è sinonimo di vomitare tutta una serie di atrocità contro gli arbitri. Questo è ciò in cui abbiamo trasformato questo sport. In questo e in una spirale di sfiducia, sospetto e scetticismo. Il dubbio aleggia sempre su ogni decisione, anche su quelle giuste”.
Ma, scrive Gimenez, “gli errori stanno allo sport come il cioccolato sta ai churros o i raffreddori stanno al mese di ottobre, sono intrinseci. Dovremmo poter convivere con gli errori, degli arbitri, degli allenatori, dei giocatori, dei giornalisti, di tutti”.
“L’errore è accettabile e comprensibile, quello che non è comprensibile è la mancanza di libertà di espressione che esiste nel calcio per parlare degli arbitri”.
“La superiorità morale di alcuni arbitri con i quali non si può parlare per il semplice fatto che portano il fischietto contrasta con altri sport. Nel basket c’è un dialogo costante tra arbitri e giocatori o allenatori. Anche se quello che mi affascina di più è la possibilità di ascoltare cosa dicono gli arbitri durante la partita. Questo avviene grazie alla predisposizione per essere microfonato. Loro e i giocatori vengono ascoltati. Non hanno problemi a correggere o riconoscere un errore. Nel mondo del calcio ciò sarebbe motivo di licenziamento. A ciò ha contribuito la mancanza di trasparenza del collegio arbitrale. Nessuno si fida di nessuno”.