I valori ci sono, sono scintillanti. Garcia deve lavorare affinché aumentino i momenti in cui i calciatori possono esaltarsi
Il solito Napoli
Il Napoli torna da Salerno con una vittoria importante. Una di quelle che, come si diceva una volta, fanno classifica. Gli altri risultati di questo turno – la vittoria dell’Inter a Bergamo, la sconfitta del Milan contro l’Udinese, e domani si gioca anche Fiorentina-Juventus – hanno determinato il ritorno degli azzurri in zona Champions e l’avvicinamento al terzo posto. Il punto, però, è che il modo in cui è maturato lo 0-2 dello stadio Arechi non autorizza entusiasmi. Nel senso: il Napoli ha vinto in modo tranquillo, si potrebbe dire anche autoritario, ma non ha fatto intravedere dei progressi tangibili dal punto di vista della sofisticatezza e della compiutezza tattica.
È stato, insomma, il solito Napoli di Garcia: una squadra che cerca di essere solida pur difendendo in modo aggressivo, che prova a giocare in modo frizzante in fase offensiva, che vorrebbe congelare e gestire la partita. E che riesce a fare queste cose solo a sprazzi. La tara da fare è sempre riguarda sempre il valore degli avversari, come ha scritto anche Massimiliano Gallo nel suo commento postpartita: la Salernitana, una squadra dai valori modesti, non ha avuto gli strumenti – la qualità, la forza, l’esperienza – di sfruttare i momenti di blackout degli azzurri, che pure ci sono stati. E allora gli sprazzi di cui sopra, i soliti sprazzi, sono bastati per impacchettare lo 0-2 finale.
Il gol di Raspadori
La gara dell’Arechi è iniziata in modo sorprendente. La Salernitana, infatti, si è presentata in campo con un vestito tattico nuovo, o comunque disegnato e confezionato solo di recente: modulo 4-2-3-1/4-4-2 e, soprattutto, grande aggressività in fase passiva; il Napoli, schierato con il 4-3-3/4-5-1 di ordinanza, ha accettato fin da subito questo contesto ipertrofico. E allora nei primi minuti sembrava di assistere a una partita di tennistavolo: un colpo per la Salernitana e un colpo per il Napoli, nel senso di un’azione a testa. Ad alto ritmo, come si conviene alla disciplina del tennistavolo.
In alto, il 4-2-3-1/4-4-2 della Salernitana in fase di impostazione, con il doble pivote Coulibaly-Lwgowski davanti alla linea difensiva; sopra, invece, vediamo cinque calciatori granata venire a pressare la costruzione bassa del Napoli fin dentro la sua metà campo.
In una situazione del genere, le letture individuali sono di tipo reattivo: visto che la velocità è alta, i calciatori in campo hanno meno tempo di pensare, di processare la realtà che percepiscono. E allora finiscono per agire, direttamente, senza passare dal via. È un bene per il Napoli di Garcia: le qualità tecniche e fisiche degli azzurri, che sono decisamente più alte rispetto alla media della Serie A, vengono fuori più facilmente, viene da dire spontaneamente. Proprio come le iniziative che determinano un vantaggio tattico.
È quello che succede pochi secondi prima del gol di Raspadori, quando Olivera si aggrega ai compagni sulla zona destra del campo, fa densità in fase di possesso in occasione di una rimessa (finendo anche in fuorigioco, come dimostrato dalle immagini tv) e così agevola il recupero del pallone in zona avanzatissima di campo.
All’improvviso, dal nulla, compare Mati Olivera
È un gol più tattico di quanto possa sembrare: la riaggressione nella trequarti – anzi: in questo caso è arrivata al limite dell’area – avversaria è un meccanismo che va allenato, perché possa risultare efficace. La presenza di Olivera “in aggiunta” ai suoi compagni dà la sensazione che, come detto in precedenza, l’azione si sia evoluta in modo episodico. Cioè, sia stata improvvisata sul momento. Ma è vero pure che questo tipo di intuizioni derivano anche dal modo in cui una squadra, in questo caso il Napoli, interpreta una partita. E quindi il merito va anche all’allenatore. Anzi, proprio la natura – basica, non profondamente strutturata, situazionista più che sistemica – del calcio di Rudi Garcia finisce per agevolare delle giocate del genere.
Aggressività intermittente
Anzi, a questo punto va dato a Garcia ciò che è di Garcia. Ovvero: il suo Napoli non avrà offerto grandi picchi di qualità tattica, ma l’atteggiamento e il modo di presidiare il campo, almeno nei primi minuti di gara, sono stati giusti. Sono stati feroci. A dirlo è il gol di cui abbiamo già detto, ma poi ci sono anche i dati: nel primo tempo, gli azzurri hanno tenuto il baricentro a 53 metri, praticamente all’altezza della linea di metà campo; nei primi 20 minuti di gioco, i calciatori di Garcia hanno messo insieme 8 contrasti tentati nella metà campo della Salernitana. Ecco la mappa:
Definizione grafica di “aggressività”
Come si vede chiaramente da questo campetto, a inizio partita il Napoli ha chiuso la Salernitana all’angolo. Ma proprio letteralmente. Parlando in termini di tattica calcistica, non pugilistici, la squadra di Garcia ha orientato il suo (buon) pressing in modo da costringere i suoi avversari a rifugiarsi sulle fasce. Laddove è più complicato costruire gioco, visto che la linea laterale comprime ulteriormente gli spazi. Il gol di Raspadori, l’abbiamo detto e ridetto e visto, è nato proprio in questo modo. Come dire: un altro indizio per cui quell’azione sarà stata anche casuale, ma si è determinata all’interno di una dinamica innescata dal Napoli.
Il punto, però, è che quel tipo di aggressività e di intensità è sparito con il passare dei minuti. Dal minuto 20 fino all’intervallo, il Napoli ha messo insieme solamente 3 contrasti nella metà campo avversaria. La squadra di Garcia si è abbassata, è rinculata. Così ha concesso ben 7 tiri alla Salernitana. Decisamente troppi. Soprattutto se pensiamo che, sempre guardando alla seconda metà della prima frazione di gioco, le uniche 2 conclusioni tentate verso la porta di Ochoa sono arrivate ai minuti 40 e 41. Su quella di Raspadori, sporcata da Mazzocchi, il portiere messicano è stato a dir poco prodigioso:
Cosa può (sa) fare il Napoli quando gioca ad alto ritmo
Il problema del Napoli di Garcia, in fondo, è tutto qui. È una squadra che, non potendo contare su meccanismi tattici ricercati, deve alzare il ritmo per essere efficace. In attacco come in difesa. Guardate questa azione: Kvara si ritrova spostato verso destra, fa densità in zona palla e determina un cambio di marcia – tecnico, che poi diventa di velocità – nell’azione offensiva. A quel punto, la difesa della Salernitana – che non può essere certo la migliore della Serie A, per qualità dei singoli ma anche per organizzazione – va in difficoltà ed è costretta a collassare, dopo essere rimasta concentrata per molti secondi. Esattamente come avvenuto in occasione del gol di Raspadori.
Quando una squadra aumenta l’intensità, non si può (più) pensare che lo faccia solo attraverso delle corse più lunghe e/o più veloci. Anche un cambio di passo a livello tecnico determina un aumento dell’intensità, o quantomeno impone agli avversari di alzare la soglia di attenzione e impegno in fase passiva. Resta un discorso di velocità, ma può essere la velocità della palla, non solo quella degli uomini, a fare la differenza. E lo stesso discorso, come detto sopra, vale anche per l’intensità difensiva: se il Napoli alza il pressing, e lo porta bene, crea le condizioni per recuperare il pallone in zona avanzata di campo. A quel punto può andare in porta con due tocchi.
E invece l’aggressività del Napoli di Garcia – ma lo stesso discorso vale anche per l’intensità del gioco offensivo – risulta intermittente. È così da inizio anno, ed è andata così anche a Salerno. L’abbiamo detto/dimostrato coi numeri, con le evidenze tattiche. Ma chi ha visto la partita può tranquillamente ricordare e quindi raccontare la sensazione di mancato controllo, di risultato in bilico, provata nella seconda metà del primo tempo. Anche senza grandi occasioni concesse alla Salernitana.
Una ripresa tranquilla
Nel secondo tempo, la situazione è migliorata. Perché il Napoli ha tenuto il pallone e il campo in modo saggio, rilassato, senza forzare troppo. Certo, la Salernitana ha dato il suo contributo, intendiamo in negativo: la squadra di Inzaghi ha provato ad alzare il suo baricentro di qualche metro e ha forzato lo strumento lancio lungo, utilizzando soprattutto Ochoa e Pirola, ma ha costruito solamente 2 tiri verso la porta di Meret. Uno con Stewart, subentrato a Ikwuemesi, al minuto 80′; uno con Bradaric, sugli sviluppi di un calcio d’angolo, al 90esimo. Entrambi sono finiti fuori dallo specchio.
Il Napoli, da parte sua, ha dovuto far poco. E gli è anche bastato per risultare pericoloso: Politano ha colpito il palo e si è visto respingere un tiro a botta sicura; Ochoa è stato decisivo su Zielinski (botta da fuori area) e su Raspadori; infine è arrivato il gol di Elmas. Ecco, anche la marcatura del macedone ricalca quanto detto nei paragrafi precedenti, sul Napoli. Basta rivedere l’azione per capire cosa intendiamo:
Un bel gol
Qui è Olivera ad alzare il ritmo del Napoli grazie a un intervento difensivo ambizioso, anche rischioso se vogliamo, ma assolutamente decisivo. La scivolata del terzino uruguagio, infatti, apre una prateria per la sgroppata di Elmas, che ha tutto il tempo di aspettare il rientro profondissimo di Coulibaly, di puntarlo occhi negli occhi e poi di scaricare il tiro a giro sul secondo palo. Cetro, su questo gol pesa il fatto che Inzaghi aveva appena fatto entrare Botheim, ridisegnando la sua squadra con il 3-5-2, ma il punto nodale dell’analisi è sempre lo stesso: quando il Napoli aumenta il suo ritmo di gioco, con o senza palla, diventa una squadra letale.
Questa definizione prescinde dal fatto che il Napoli giochi in modo elementare, che non abbia grande sofisticatezza sia in fase di costruzione che di rifinitura. In fondo è questo il calcio che vorrebbe Garcia. Ha/avrebbe anche i calciatori per praticarlo, ma finora la sua proposta è stata troppo povera. O, quantomeno, ha funzionato solo contro squadre come la Salernitana, prive della qualità e/o della struttura per poter venire a contestare una costruzione bassa ancora molto semplice. E che, sempre per lo stesso problema, non riescono a sfruttare gli evidenti problemi del Napoli quando non riesce a tenere palla, a uscire dalla sua metà campo, allora deve difendersi. Come nella seconda parte del primo tempo allo stadio Arechi.
I problemi del Napoli
Il Napoli di Garcia va in difficoltà quando non ha il pallone, quando non ha abbastanza energie per recuperarlo in alto e quindi non riesce ad accorciare bene il campo difensivo. Insomma, fa fatica a fare la fase di non possesso con un blocco medio-basso. Anche perché tenta sempre di alzare i ritmi del pressing, ma non ha ancora messo a punto dei meccanismi che gli permettano di chiudersi quando gli avversari superano la prima linea di pressione. Un evento che, fatalmente, capita più spesso contro squadre di maggior qualità. È successo anche ieri a Salerno:
Una buona costruzione della Salernitana, ma niente di trascendentale. Eppure è bastato per superare il pressing del Napoli, aprire il campo ed evidenziare la distanza con la difesa.
Al Napoli di Garcia, per dirla brutalmente, serve (servirebbe) tenere tanto il pallone, e muoverlo in modo ricercato, per evitare tutto questo. Per evitare, cioè, che gli avversari imbastiscano azioni su cui non riesce a difendere bene. In questo modo, non ci sarebbe bisogno di attuare la soluzione vista nella seconda parte del primo tempo di ieri: abbassarsi sul campo, perdere intensità in fase di riconquista. Insomma, è una specie di cane che si morde la coda.
Conclusioni
Come risolvere tutto questo? Lavorando sui dettagli, ovvero su dei meccanismi – con e senza palla – che permettano al Napoli di uscire dal basso in modo più sicuro e soprattutto vario. E che, in fase di non possesso, gli consentano di rimanere più corto e intenso per periodi di gioco più lunghi. Servono energie fisiche e sicurezze consolidate, serve allenarsi in modo duro, intenso, specifico.
In questo spazio sul Napolista, come dire, non amiamo dar adito ai pettegolezzi, e quindi non insisteremo sulle voci degli ultimi giorni, quelle per cui i giocatori starebbero invocando sedute tattiche più impattanti. Ma, ecco, non ci stupiremmo se in questa storia ci fosse un fondo di verità. Perché è chiaro che il Napoli, rispetto a un anno fa, abbia perso qualcosa dal punto di vista delle conoscenze tattiche. Per dirla in poche parole: è una squadra che gioca in modo semplice e quindi è semplice da affrontare.
I valori, però, ci sono. Anzi: sono grossi, sono scintillanti. Si sono percepiti chiaramente anche ieri, soprattutto quando sono partiti gli scambi stretti al limite dell’area della Salernitana. In quei momenti c’erano molti calciatori ravvicinati, liberi di muoversi, e allora la palla viaggiava in spazi e tempi ristrettissimi. Ecco, Garcia dovrebbe lavorare per moltiplicare quei momenti. In fondo il compito di un allenatore è proprio questo: studiare, immaginare e quindi disegnare un sistema di gioco in cui i suoi calciatori possano esaltarsi. In cui possano esaltarsi spesso. Al Napoli succede ancora poco. In poche occasioni. A Salerno sono state abbastanza, e il significato tattico della gara di ieri è tutto qui. A meno che Garcia non lo consideri come un punto di partenza per rendere più sofisticata la sua proposta. Magari è ancora in tempo.