Al processo contro gli ultras del Genoa. Lui sui social smentisce Repubblica: “Non ho affatto minimizzato l’episodio, amo e stimo mia moglie”
Gli ultras che hanno preso a calci la moglie di Cataldi sono quelli che sminuivano il processo nei loro confronti così:“Erano quattro striscioni, sembra il processo a Totò Riina”. Lo diceva uno degli ultrà del Genova a processo per associazione a delinquere ed estorsione. Gasperini disse che per colpa loro andò via, all’Atalanta. Ora da quel processo spunta un’altra perla. La racconta Repubblica Genova. A Danilo Cataldi, oggi vice-capitano della Lazio (in rossoblù da gennaio a giugno del 2017), tirarono un calcione alla moglie. La aggredirono perché non volevano che i due si facessero fotografare con alcuni tifosi. “Non erano degni”, dicevano. Parapiglia, e gli energumeni se la presero anche con la signora Cataldi. Ecco: in tribunale Cataldi parla di quell’episodio come di “contestazione minima”.
Cataldi – scrive Repubblica – “rispondendo alle domande della pm, ha reso dichiarazioni che hanno lasciato perplessi non solo l’accusa, rappresentata da Francesca Rombolà, ma anche i giudici del collegio che presiede il dibattimento. Il giocatore, commentando l’aggressione a sua moglie dopo il match Genoa-Inter del 7 maggio 2017 (vinto peraltro dai rossoblù 1-0), ha minimizzato, parlando appunto di una “contestazione minima”. Quando invece, secondo quanto aveva dichiarato la donna durante le indagini (a processo lei sarà sentita nelle prossime settimane) le cose erano andate diversamente”.
“Nel capo di accusa si legge di un calcio e di graffi da parte di due ultras per aver semplicemente acconsentito a fare delle fotografie con una famiglia di altri, pacifici tifosi del Genoa. Alla fine dovettero intervenire due agenti di polizia e lo stesso calciatore fu coinvolto in un parapiglia. Motivo dell’aggressione? Cataldi per i due oggi a processo sarebbe stato “indegno” di farsi fotografare, la moglie aveva difeso il marito e da lì le botte”.
Comprensibilmente “quando nell’aula di via del Seminario il collegio si è sentito dire “contestazione minima” degli ultras, non ha potuto far altro che sottolineare le parole del centrocampista: “Se a lei questo comportamento pare una contestazione minima…”.
Poi i magistrati si sono sentiti in dovere di ricordare che “questa è un’aula di giustizia”, in cui naturalmente si deve dire la verità, laddove si ricordino gli episodi.
Cataldi ha poi smentito la ricostruzione di Repubblica (che però conferma) sui social: “Per chiarezza: non ho minimizzato l’episodio in cui è stata coinvolta mia moglie, la persona che amo e stimo di più al mondo. Far passare un messaggio diverso è quanto di più offensivo e diffamatorio nei miei confronti, soprattutto in una vicenda del genere. Credo fermamente nella giustizia e anche per questo mi riservo di agire in ogni sede per tutelare la nostra famiglia”.