Madrid ci ha detto che il Napoli è ancora friabile, ancora poco consistente, come corpo-squadra. Mazzarri ha mosso qualcosa ma la strada è lunga e difficile
Una gara in equilibrio (ma fino a un certo punto)
Per il Napoli, quella contro il Real Madrid era una partita-crash test: aveva – e infatti ha avuto – un valore relativo per la classifica e per la qualificazione agli ottavi, perciò doveva dare indicazioni di altro tipo. Stiamo parlando di tattica pura, come succede sempre in questo spazio del Napolista, ma anche di tenuta mentale. Di presenza e consistenza ai massimi livelli, contro un grande avversario in una notte di Champions. Ecco, guardandola da questa prospettiva la gara del Bernabéu ha dato delle indicazioni contrastanti.
Il Napoli, infatti, è parso inferiore agli avversari più a livello di singoli, di valori individuali, piuttosto che come tenuta del sistema di gioco. Questa non è una notizia, starete pensando adesso. Nel senso: tutti sapevamo/sapevate che il Real Madrid dispone di calciatori più forti rispetto a quelli del Napoli. Il punto è che Mazzarri, in questo momento, può incidere e ha inciso poco. Col tempo le cose potranno cambiare, certo, ma i margini di crescita di questo Napoli, considerando le macerie lasciate da Garcia – a livello di preparazione fisica, ma soprattutto di impreparazione tattica – e le tante partite ravvicinate che aspettano gli azzurri, renderanno difficile un miglioramento così rapido e così profondo. E in Champions certe mancanze si pagano. Costano tanto.
A Madrid, per esempio, è andata che il Napoli ha offerto una buona prestazione, per 65 minuti, ha giocato alla pari – almeno come squadra – contro il Real e poi si è completamente dissolto. Tanto che il risultato finale avrebbe potuto avere una rotondità diversa, nel senso che nessuno sarebbe rimasto sconvolto se il Madrid avesse segnato un paio di gol in più. Anche il Napoli avrebbe potuto fare qualcosa in più nella metà campo avversaria. Ma è proprio qui che si sono manifestate le differenze – ancora ampie – di qualità, esperienza e anche cattiveria, tra le due squadre in campo.
Due squadre diverse
Dal punto di vista della tattica pura, Real Madrid-Napoli è stata una partita interessante. Si sono sfidate, infatti, due squadre che hanno anime diverse. Il Napoli del Mazzarri-bis, infatti, sta studiando da squadra che prova ad accorciare il campo difensivo e a essere imprevedibile in attacco, però senza forzare in quanto ad aggressività e senza smarrire alcuni riferimenti fissi – tra poco vedremo quali. Il Real Madrid, invece, pensa e si muove come fanno da sempre le squadre di Ancelotti: ritmi di possesso blandi, schieramento scolastico in fase passiva e libero sfogo al talento degli uomini offensivi.
Le spaziature sono state una conseguenza naturale di queste inclinazioni: il Napoli a Madrid ha utilizzato il solito 4-3-3/4-5-1, mantenendo però un blocco difensivo medio-alto; l’assenza di un terzino sinistro di ruolo ha costretto Mazzarri a rendere asimmetrico il suo sistema di gioco, nel senso che Juan Jesus è rimasto tendenzialmente più basso, quasi come se gli azzurri volessero impostare il gioco con una linea arretrata a tre, mentre invece Di Lorenzo aveva una libertà di movimento maggiore – e infatti il capitano azzurro si è mosso spesso in zona centrale, sovrapponendosi internamente a Politano.
Per quanto riguarda il Real Madrid, invece, il 4-4-2 difensivo di Ancelotti – con Ceballos a destra e Bellingham a sinistra, Valverde-Kroos coppia centrale e Rodrygo-Brahim in avanti – si deformava in modo sempre diverso, trasformandosi il più delle volte in una sorta di 3-4-3. In questo schema, Bellingham agiva da punta centrale, i laterali bassi si alzavano e uno tra Kroos e Valverde retrocedeva in difesa accanto ai centrali per costruire insieme a loro.
Nella foto in alto, il Napoli costruisce a tre in difesa, con Juan Jesus bloccato; Di Lorenzo si trova nella stessa zona di Zielinski e Lobotka, mentre Anguissa si allinea a Simeone, Kvara e Politano. Il Real difende con il 4-4-2. Sopra, invece, vediamo il sistema ibrido del Real contro il 4-5-1 del Napoli. Anguissa si stacca per chiudere su Kroos, ma sono da notare il blocco medio-alto e il pressing poco intenso sui portatori di palla.
Il Napoli ha iniziato bene la partita. Ha preso il controllo del pallone e del campo con personalità, senza farsi schiacciare da timori reverenziali. Mazzarri ha studiato l’avversario e preparato bene la partita, come si evince dal gol arrivato dopo 9 minuti di gioco, al termine di un’azione dai grandi contenuti tattici. Tutto parte dalla primissima impostazione di Meret e poi passa per un concetto che sta tornando a essere fondamentale, per il gioco degli azzurri: la volontà di trovare Lobotka smarcato dietro le linee di pressione avversarie.
Ma non è tutto: nella stessa azione, per dire abbiamo visto come il 4-3-3 del Napoli può deformarsi fino a rassomigliare a un 4-2-3-1, con Zielinski più avanzato rispetto a Lobotka e Anguissa. E poi quanto può essere utile un taglio in diagonale di Politano che, dopo aver ricevuto palla sul centrodestra, viene a creare superiorità numerica a sinistra. Infine, abbiamo visto un perfetto inserimento di Di Lorenzo proprio nello spazio lasciato libero da Politano. Tutto apparentemente semplice, tutto studiato e attuato alla perfezione. E sono stati questi proprio i riferimenti seguiti dai giocatori del Napoli lungo tutta la gara del Bernabéu:
Il pressing blando del Madrid a inizio azione fa la differenza, infatti Lobotka può ricevere e girarsi facilmente. Tutto i
Quando erano passati soltanto 21 secondi dal gol di Simeone, il Real Madrid ha pareggiato. Un pallone controllato male da Lobotka e recuperato da Brahim Díaz ha dato il via a una fulminea azione di ribaltamento. Rodrygo ha anche indovinato un gran bel tiro a girare sul secondo palo, con una traiettoria praticamente imprendibile per Meret. Però sono proprio questi gli errori di cui abbiamo parlato in precedenza, quelli che si pagano. E la stessa cosa si può dire anche della lettura superficiale di Natan in occasione del gol di Bellingham, arrivato dieci minuti dopo quello di Rodrygo. Sul (bellissimo) cross di Alaba, il centrale brasiliano si è fatto bruciare dal centrocampista inglese, libero poi di colpire di testa indisturbato verso la porta di Meret.
Qui sotto trovate il video del gol di Bellingham, e il filmato si apre con un cambio di gioco di Kroos. Ecco, le (poche, ma invalicabili) limitazioni imposte dal web non ci permettono di caricare l’intero possesso del Real Madrid prima della giocata decisiva sull’asse Alaba–>Bellingham, ma fidatevi: la squadra di Ancelotti ha utilizzato moltissimo lo strumento della sventagliata ampia – soprattutto attraverso i lanci di Kroos – per muovere la difesa del Napoli, quella che vedete all’inizio del video.
Lo dicono i numeri: se guardiamo solamente al primo tempo, la squadra di Ancelotti ha tentato 29 volte il passaggio lungo contro le 16 del Napoli. Di questi 29, addirittura 8 sono stati tentati da Kroos. Questo significa che Ancelotti ha preparato la partita in questo modo, per sfruttare uno dei bug di sistema del 4-3-3/4-5-1. Stiamo parlando dell’impossibilità di difendere in ampiezza quando i laterali bassi si sovrappongono esternamente. E ha funzionato, eccome se ha funzionato.
Bellingham scatta alle spalle di Natan, che tiene la linea in blocco medio-alto. Quello commesso dal brasiliano resta un errore di posizionamento, ma va detto che difendere su una palla del genere è molto difficile. Soprattutto quando il cross è come quello di Alaba, profondo, tagliente eppure morbidissimo.
Una partita di tennis
Dopo il gol di Bellingham, la gara si è regolarizzata. Nel senso che il Real ha ripreso a tenere un ritmo blando, mentre il Napoli ha continuato a forzare il sistema difensivo avversario con combinazioni che liberassero gli esterni offensivi dentro il campo. A provarci, quantomeno. Ne è venuta fuori una sorta di partita di tennis con un’azione a testa, però di quelle equilibrate e quindi un po’ monotone.
Sono ancora i numeri, a dirlo: tra il minuto 21′ e il minuto 65′, Real e Napoli si sono praticamente equivalsi. L’unico tiro finito nello specchio della porta – esatto, unico e solo – in questo segmento di partita è stato quello scagliato da Anguissa pochi secondi dopo l’inizio della ripresa. Proprio quello che ha portato il Napoli al pareggio: una bordata che, anche in questo caso, nasce da un concetto tattico molto importante, vale a dire la riaggressione alta, da parte del Napoli, subito dopo aver perso la palla in zona offensiva. È tutto qui, in questo video:
Si vede anche un po’ dell’abbraccio di squadra con Mazzarri
Proprio come se fossero impegnate nella partita di tennis di cui abbiamo parlato prima, le due squadre scese in campo ieri al Bernabéu hanno cominciato a sferrare un colpo a testa. Il Napoli avrebbe potuto passare in vantaggio su una ripartenza tre contro uno gestita male da Anguissa e poi da Kvaratskhelia, troppo altruista nel cercare di servire Osimhen. Il Real Madrid, invece, ha tentato due volte la conclusione con Joselu, subentrato a Dani Ceballos per rinforzare l’attacco. Poi, però, come anticipato in apertura, siamo arrivati al momento che ha cambiato la partita. Quello del doppio cambio, uno per parte: Paz per Brahim Díaz ed Elmas per Zielinski.
Un massacro
Ora è chiaro che sarebbe ingiusto far risalire tutto al cambio Elmas-Zielinski. Così come sarebbe ingiusto dare la colpa a Mazzarri per aver fatto questa sostituzione. In fondo si è trattato di un cambio forzato, se consideriamo la botta presa da Zielinski dopo un (durissimo) contrasto con Rüdiger. Detto questo, però, le statistiche sono chiare e quindi inappellabili: dopo l’ingresso di Elmas, il Real Madrid ha preso il comando della partita. E ha letteralmente massacrato il Napoli.
Eccole qui, le statistiche: dal minuto 65 al minuto 83, cioè prima del gol di Paz, il Real Madrid ha tentato 8 volte la conclusione verso la porta di Meret. I giocatori di Ancelotti hanno centrato lo specchio per 3 volte, chiamando Meret a due interventi complicati, uno su Bellingham e uno su Rüdiger. Joselu, da parte sua, ha fallito un’occasione clamorosa con un terrificante tap-in di testa a porta praticamente spalancata.
Il Napoli non è più uscito dai blocchi, e si potrebbe dire che quello di Paz – al netto dell’evidente complicità di Meret – è quasi un gol da stress, nel senso che è arrivato perché la squadra di Mazzarri non ce la faceva più a resistere alla pressione del Madrid. Non a caso, viene da dire, l’allenatore azzurro aveva cercato di correggere la sua lettura precedente: il cambio Cajuste-Politano ha portato Elmas largo a destra, con lo svedese nei tre di centrocampo. Era un evidente tentativo di dare più sostanza in mezzo, ma non è bastato. Anche perché Cajuste, questo va detto, è entrato molle ed è stato praticamente impalpabile. Anche sul gol di Paz l’ex del Reims si è fatto bypassare con troppa facilità:
Perché i giocatori del Napoli non fanno MAI fallo tattico quando vengono saltati?
L’ultima mossa di Mazzarri è stata l’inserimento di Raspadori per Lobotka, con conseguente passaggio al 4-4-2 puro, ma a quel punto la partita era finita. E il 4-2 di Joselu, inventato (ancora) da quel giocatore meraviglioso che risponde al nome di Jude Bellingham, è servito a tracciare la reale distanza che esiste, ad oggi, tra Real Madrid e Napoli.
Perché il Napoli ha ceduto di schianto dopo il cambio Elmas-Zielinski? Andare a scomodare il vecchio – e vacuo – concetto del filtro mancante a centrocampo non avrebbe senso, perché è vero l’esatto contrario: se il Napoli, a Madrid come a Bergamo, è riuscito a esprimersi in modo dignitoso o anche buono in alcuni frangenti, è perché ora la squadra azzurra è tornata a lavorare bene sui meccanismi in fase di possesso. Per dirla brutalmente: ora gli azzurri sanno, nel senso che si preparano in questo senso, cosa fare del pallone. E l’assenza di Zielinski è come se avesse privato i suoi compagni di una fonte di gioco imprescindibile. Soprattutto nel bel mezzo di una ricostruzione tattica, fisica, psicologica.
Conclusioni
Torniamo quindi al punto di partenza, ai limiti di questa squadra: Elmas – così come Natan, Meret e tanti altri elementi della rosa di Mazzarri – sono dei calciatori di qualità, ci mancherebbe altro, ma non sono dei fuoriclasse. Serviva e servirà lavorare sulle individualità, ma anche sulle connessioni che possono sviluppare tra loro, perché tornino ad avere un rendimento importante. Anche in Champions, come hanno dimostrato di poter fare l’anno scorso. Al momento, però, la desertificazione tattica causata dall’era-Garcia rende il Napoli ancora friabile, ancora poco consistente, come corpo-squadra. In questo senso, il ritorno a pieno regime di Osimhen – un elemento che si erge sugli altri, per valore individuale – sarà una carta importante: permetterà a Mazzarri di lavorare su un potenziale tecnico più alto.
A pensarci bene, stiamo ripetendo gli stessi concetti espressi da Massimiliano Gallo nel suo commento a caldo post-partita: in attesa di recuperare Osimhen e una dimensione tattica da grande squadra, il Napoli non deve commettere l’errore di provincializzarsi. Gli azzurri a Madrid hanno perso, per altro meritatamente. Ma hanno dimostrato di avere dei valori importanti. Non da top club, in realtà non li aveva nemmeno l’anno scorso, ma questo non vuol dire che siano campioni d’Italia per caso. È solo che con Spalletti gli stessi giocatori praticavano un calcio ambizioso e sofisticato, a volte anche sfrontato in alcune gare. Un calcio che negli ultimi mesi è andato perso.
L’effetto emotivo per il ritorno di Mazzarri svanirà presto, il tecnico a quel punto dovrà aver lavorato bene sul campo per restituire smalto e perfino sfacciataggine alla sua squadra. Migliorare nel gioco servirà a far ritrovare i calciatori anche nella testa. Mazzarri è l’uomo giusto per portare a termine tutto questo processo? Due partite sono poche per giudicare, qualche segnale positivo c’è. Ma la strada sarà lunga e difficile. A cominciare da Napoli-Inter.