Ha l’eccellenza nelle corde ma deve applicarla. Sul gol del 3-2, prima di Merer, Cajuste si è fatto scherzare da Nico Paz. Allarme Di Lorenzo
Anguissa scelga chi è: un signor tuttocampista o uno che subisce la ruleta in faccia da Brahim Diaz
Il Napoli va in vantaggio – come (quasi) sempre accade contro il Real Madrid, salvo poi perdere come sempre avviene – con un’azione di stampo ed epoca sarriana.
Ricordate? Insigne che riceve palla sul centro sinistra (altezza tre quarti di campo avversaria), se la sposta sul destro e si accentra; Callejon che dalla parte opposta scatta in profondità dietro all’ultimo uomo (l’esterno di sinistra della difesa avversaria) che nel frattempo sta stringendo per effettuare la diagonale difensiva; Insigne che effettua il lancio a spiovere proprio ad uso di Callejon, nella zona che questo sta andando ad aggredire con lo scatto in questione; il pallone che arriva a Callejon, che conclude direttamente sotto misura, o la appoggia in mezzo (con traiettoria parallela alla linea di porta) per Mertens che taglia dal centro dell’area per appoggiarla in rete.
Ecco: al posto di Insigne, Callejon e Mertens metteteci, in ordine di apparizione, Kvaratskhelia, Di Lorenzo e Simeone, ed il gioco è fatto.
Ed infatti, dopo un’azione a due Kvaratskhelia-Politano sul centro sinistra (per chi attacca), il georgiano si libera al tiro che gli viene ribattuto proprio tra i piedi in quella zona: Kvaratskhelia, pallone tra i piedi, alza la testa, vede che la linea difensiva del Real Madrid sta stringendo verso il centro (con annesso movimento da diagonale di Mendy, esterno basso di sinistra) e che per questa ragione sta lasciando dietro a quest’ultimo uomo la prateria che Di Lorenzo sta per andare ad aggredire con il suo scatto, chiamando la palla al compagno proprio in quella zona (guardate come alza per ciò il braccio).
Il georgiano vede tutto, pennella il traversone al bacio per il suo capitano, il quale la appoggia di prima per Simeone che nel frattempo, infilatosi tra i due centrali, sbuca davanti al portiere ed appoggia in rete.
Il tocco è sporco, anzi il centravanti argentino quasi lo sbaglia il gol: ma a me il gol piace proprio per questo, perché ribadisce sia, nello specifico, la grande capacità del “cholito” di liberarsi in area ad uso di qualsiasi palla sporca che gli capiti a tiro (e provate voi a declinare queste capacità anche contro una delle difese più forti del mondo), sia, in generale, il fatto che più sono “sporchi” e più sono gol da centravanti, per lo meno per come vedo io il calcio.
Il gol del pareggio arriva su un’azione originata da una transizione negativa di quelle a cui il Napoli sembra ormai allergico e che l’anno scorso ci hanno fatto uscire dalla Champions, proprio contro quel Diaz che anche ieri, proprio contro il Napoli, ha ribadito di essere un giocatore di calcio.
Qui, però, non può non chiamarsi in causa Anguissa, su cui torneremo in seguito: è il camerunense che si fa lasciare sul posto da una giocata dello spagnolo (una “ruleta” alla Zidane: si può dire?) che però, se il centrocampista del Napoli fosse andato al contrasto con piedi e gambe di marmo, sarebbe stata stroncata sul nascere.
Questo imponeva quella fase dell’azione, perché con un Napoli così sbilanciato per via dei troppi uomini davanti alla linea del pallone (tra cui Di Lorenzo, su cui identicamente torneremo in seguito), far ri-partire l’azione e farla ri-partire tanto dai piedi di Diaz (che già l’anno scorso ci aveva castigato in egual modo) e con gli attaccanti contro cui si giocava ieri, è letale 9 volte su 10.
Ed infatti: Diaz, dopo aver percorso, scattando senza praticamente avversari a contrastarlo, 25 metri di campo tagliandolo in verticale dritto per dritto, scarica la palla a Rodrygo, il quale dall’incrocio delle linee dell’area di rigore (zona centro sinistra per chi attacca), dopo averla ricevuta si accentra e di destro la mette all’incrocio dei pali in direzione opposta.
Lì l’azione avversaria non doveva proprio ri-partire: ed una volta che ri-parte, ha poi poco senso (salvo errori madornali, che non mi sembra ci siano stati in questa fase) andare a fare le pulci sulle modalità di corsa a ritroso della linea difensiva del Napoli, piuttosto che sull’uscita ritardata dei difendenti per contrastare il tiro avversario.
Per lo meno secondo me.
Il gol del 2 a 1 del Real Madrid è di Bellingham, su cui torneremo in seguito, il quale raccoglie di testa, indirizzandolo dietro alle spalle di Meret, un lancio in verticale del compagno, che parte dalla tre quarti e lo “vede” andare a ricavarsene lo spazio per la relativa ricezione scattando tra Natan e Juan Jesus (in quell’occasione così largo da chiedersi a cosa stesse pensando: torneremo in seguito anche su di lui).
Il gol è molto bello, anche perché è una delle tante dimostrazioni di bravura eccezionale del giocatore inglese, che non solo è mostruoso palla al piede ed in ogni fase di gioco (oltre che in ogni zona del campo), ma fa pure gol di testa da centravanti vero.
Certo, se Politano (commettendo un errore che sembra quasi un marchio di fabbrica del Napoli tutto) fosse uscito prima a contrastare il portatore di palla madrileno che effettua il lancio evitandogli così di farlo (o quanto meno facendoglielo uscire un po’ più sporco) e se Natan avesse dimostrato maggiore capacità di lettura della giocata avversaria e si fosse guadagnato, scattando prima di quando è partito, quei due-tre metri per cercare di essere sul punto di impatto prima che il pallone ci arrivasse, male non sarebbe stato.
Ma il calcio è così: come in tutti gli aspetti seri della vita, è il dettaglio a fare la differenza, e spesso il dettaglio è figlio della “categoria extra serie”, non della “categoria normalità”.
Il gol del pareggio del Napoli lo segna Anguissa, che mostra così di avere nelle corde quelle caratteristiche di tuttocampista (si veda anche l’azione del gol sbagliato dal Napoli quando Kvaratskhelia invece di puntare la porta e tirare sceglie l’ “opzione Osimhen”) che quando non vengono declinate mi fanno così incazzare.
Dopo un ottimo uno-due con Di Lorenzo, che in posizione da rifinitore vede (insieme ed all’unisono con il suo compagno) lo spazio dietro alla linea di pressione avversaria ed imbuca il pallone per Anguissa che lì si è fiondato.
Il centrocampista del Napoli, complice anche Alaba (che giocatore!) che non ne legge il movimento in anticipo e non va a chiudere quello spazio (nonostante la densità di giocatori del Real Madrid in area di rigore, in palese superiorità numerica rispetto agli effettivi del Napoli lì presenti, gli avrebbe consentito di abbandonare la copertura della sua zona di competenza), ha il tempo di controllare il pallone, scaricarlo verso la mischia una prima volta, ri-controllarlo una seconda volta dopo che la ribattuta di un avversario glielo fa ritornare tra i piedi e ri-scaricarlo con la dovuta e giusta violenza alle spalle del portiere madrileno, sul palo lungo.
Il gol del 3 a 2 del Real Madrid è frutto di una papera di Meret (su cui nemmeno voglio tornare in seguito), che non blocca (come pure la mollezza del tiro avrebbe imposto) una mozzarella calciata da 25 metri dal ragazzino appena entrato in campo e si fa superare regalando la partita agli avversari.
Un piccolo appunto: capisco tutto, e capisco anche che la torsione su sé stesso di Nico Paz sia stata efficace, prima ancora che bella da vedersi.
Però occorre riferire a Cajuste che se ti attacca un mancino che sta eseguendo quella giocata per guadagnarsi spazio e tempo per la giocata successiva, ebbene alla fine di quella giocata preparatoria 9 volte su 10 il mancino effettuerà quella torsione di caviglia e di corpo (con annessa finta di andare verso la direzione opposta) per rientrare nel campo e spostarsi la palla definitivamente verso la “zona” del sinistro.
Ecco: cosa fa Cajuste? Battezza la giocata opposta e si sposta leggermente verso la destra di Nico Paz, e cioè proprio verso la zona in cui questo andrà solo 1 volta su 10, così lasciandogli campo aperto.
Il quarto gol del Real Madrid è a tutti gli effetti un gol di Bellingham: questo riceve un passaggio al limite dell’area di rigore del Napoli, zona di sinistra per chi attacca, fa sfilare il pallone girandosi di faccia al proprio marcatore ed al campo e prendendosi un tempo di giocata con un tocco del pallone ad uscire; nel frattempo, vede il movimento del suo compagno che va ad attaccare il palo lontano e si inventa un assist a tagliare tutta l’area, con traiettoria parallela alla linea del vertice dell’area piccola, che effettua in scivolata con l’esterno destro del piede, così da anticipare l’ultimo movimento avversario che gli avrebbe chiuso la linea di passaggio.
La palla arriva a Joselu, a cui non resta che appoggiarla in rete.
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Finita la cronaca, non posso tenermi dentro una serie di considerazioni.
La prima riguarda Bellingham: in 45 anni che seguo, pratico, guardo ed analizzo calcio, non ho mai visto un giocatore del genere. Mai.
Così decisivo in ogni zona del campo, così “liquido”, cioè così capace di effettuare ogni (e dicasi ogni) giocata (difensiva, offensiva, di costruzione e di distruzione del gioco) a livelli massimi, così verticale (nel puntare sempre e comunque il campo che ha davanti a sé) nella conduzione del pallone, con questa padronanza nel controllo di palla (con tutti e due i piedi indistintamente), con queste capacità atletiche, con questa capacità di saltare ogni uomo che gli si presenti davanti senza nemmeno guardarlo tanto sta già pensando alla giocata successiva e/o è concentrato sul movimento del compagno da premiare, con questa varietà di soluzioni.
Bellingham, si badi bene, non è solo l’uomo che segna il gol del vantaggio con una giocata da centravanti vero – lui che nel frattempo in campo aveva già fatto vedere ai massimi livelli in cui possono essere effettuate da un calciatore professionista: assist, dribbling e percussioni alla Zidane; contrasti vinti e senso della posizione alla Rijkaard; tagli e scatti senza pallone alla Benzema; controlli orientati destro e sinistro alla Zico; falcate lunghe o scatti brevi palla al piede, ovvero accelerazioni e decelerazioni improvvise alla Van Basten – ma è anche l’uomo che va a chiudere la marcature su Di Lorenzo nell’azione del primo gol del Napoli, quasi da ultimo difensore.
A me fa sorridere quando si usa il termine “moderno” per sublimarne le lodi, quasi come fosse un sinonimo del concetto di “tuttofare”, perché secondo me il calcio di oggi ha molta poca fluidità e molta più specializzazione di ruoli, funzioni e giocate di quanto si pensi.
Insomma, l’aggettivo “moderno” (che già veniva usato per definire Rijkaard 35 anni fa), in un calcio di specialisti, non è appropriato.
L’aggettivo giusto è fenomenale, sbalorditivo, fantastico. E via così.
Arriviamo ad Anguissa.
Ieri è secondo me stato disastroso, e la cosa che mi fa arrabbiare è che, invece, Anguissa è un giocatore con doti non comuni, ed è l’uomo del Napoli che ha caratteristiche tali da poter consentire di ribaltare le azioni nel giro di una frazione di secondo (come esempio, valgano sia il gol, sia l’azione in contropiede che esegue sul gol sbagliato a cui sopra si è fatto cenno).
Il ragazzo ha nelle corde corsa, controllo di palla, soluzioni finali a rete, fisicità di primissimo livello.
E non è quindi possibile che, appunto come ieri, da un lato perda i contrasti senza nemmeno opporre all’avversario quella capacità atletica e fisica che ben dovrebbe (e potrebbe, perché può farlo), e dall’altro lato sia così lento nel leggere le giocate avversarie, nel chiudere spazi e tempi alle stesse, nel ruotare con gli altri due compagni di reparto nella conduzione del pallone in fase di costruzione, e che sia così distante (come ieri spessissimo è capitato) dal cuore pulsante delle seconde palle e della zona dove si fanno letteralmente i giochi.
Non può non rendersi conto, Anguissa, che il calcio a certi livelli non presuppone e non prevede né distrazioni, né pause, e non può non rendersi conto che a livelli eccellenti è lui che ha nelle corde e nelle capacità la possibilità di rendere il centrocampo del Napoli iper-competivo.
Arriviamo, ancora, a Di Lorenzo.
Ormai c’è un problema di cui bisogna parlare, anche se mi fa male il cuore a farlo.
In fase offensiva (in ogni articolazione della fase offensiva) il capitano del Napoli è secondo me davvero tra i 4/5 migliori del mondo nel suo ruolo, inutile anche starne a parlare.
È in fase difensiva che c’è qualcosa che non va.
Ieri tutti hanno giustamente parlato di come Juan Jesus si sia mostrato non adatto e su come a sinistra ci bucassero come e quando volevano.
Ma guardate che la stessa cosa è successa anche a destra.
Non so se sia un periodo di appannamento fisico (giocare 60 partite all’anno, da anni, nella veste di terzino offensivo e difensivo è estenuante per tutti) che ne produce “balbettii” quando c’è soprattutto da chiudere spazi alle ripartenze avversarie in via preventiva, o piuttosto se tutto sia frutto del fatto che, volendolo così alto quando c’è da costruire (si guardi l’azione del pareggio del Real Madrid: quando Diaz prende il pallone Di Lorenzo è il alto del Napoli, ed a destra in fase difensiva c’è il vuoto), poi in caso di eventuale contropiede lui non può ovviamente essere lì a chiudere dove dovrebbe.
Ma il problema c’è, inutile fare finta di niente.
In ultimo, due parole sulla questione Juan Jesus: è secondo chi scrive non così adatto a giocare a certi livelli (anche se bisognerebbe mettersi d’accordo su quali siano questi livelli: partiamo dalla serie D o dalla Champions?), il campo è li a dimostrarlo.
Ed allora, siamo così sicuri che occorre insistere con lui a sinistra, invece di rendersi contro che, appunto, abbiamo un serio problema che rischiamo di pagare con gli interessi?
Io penso di no.
Speriamo che ci pensi anche Mazzarri.