Il centrocampista della Juventus era risultato positivo al cosiddetto “ormone della giovinezza”, dopo il match contro l’Udinese
Paul Pogba rischia 4 anni di squalifica. Secondo quanto scrive Lapresse, la procura antidoping ha chiesto quattro anni di squalifica per il centrocampista della Juventus risultato positivo al testosterone dopo un controllo effettuato al termine di Udinese-Juventus dello scorso 20 agosto.
Pogba era risultato positivo al Dhea – deidroepiandrosterone – il cosiddetto “ormone della giovinezza”, dopo il match dei bianconeri in campionato contro l’Udinese.
Come paventa il Corriere della Sera, la squalifica potrebbe determinare la fine della carriera di Pogba:
“Se non è la fine della carriera, a trent’anni suonati lo scorso marzo, è la fine delle ambizioni, e dei sogni, per uno che, con la testa a posto e le scarpe sul prato, aveva fatto sognare. Lui, nella sostanza, ammise la sciocchezza, già davanti ai dirigente e allo staff medico bianconero, basito: «Ho preso questo integratore – la spiegazione, in pratica – sulla cui confezione c’era proprio l’avvertimento per doping». Consiglio di un medico di Miami, solo l’ultimo dei tanti “amici” che hanno malamente influenzato la carriera del francese, negli ultimi tempi“.
Qualche giorno fa, il quotidiano sportivo Tuttosport scriveva di un possibile patteggiamento per Pogba.
“Un patteggiamento a 18-24 mesi di squalifica: è l’indiscrezione che filtra dall’Inghilterra sulle sorti di Paul Pogba, il centrocampista della Juventus sospeso dall’11 settembre perché risultato positivo al testosterone. Sarebbe dunque quella del patteggiamento la via del francese per limitare rischi e danni: la violazione per doping prevede infatti una squalifica di 4 anni, che può essere dimezzata se si riesce a dimostrare la non intenzionalità dell’assunzione. Con il patteggiamento Pogba avrebbe uno sconto che non può essere superiore al 50% della proposta di squalifica formulata dalla procura antidoping, ma il campione francese deve trovare un accordo con il procuratore antidoping Pierfilippo Laviani e dimostrare la non intenzionalità”.