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Juary: «Mi portarono ad Avellino con l’inganno. Sibilia mi portò dal boss Raffaele Cutolo»

Intervista a La Stampa: «Non volevo andarci, non sapevo nemmeno dove fosse. Invece fu la svolta della mia vita. Sibilia un padre per me»

Juary: «Mi portarono ad Avellino con l’inganno. Sibilia mi portò dal boss Raffaele Cutolo»

La Stampa intervista Juary attaccante brasiliano dell’Avellino anni Ottanta. Poi, giocò anche con Inter Ascoli e Cremonese e soprattutto col Porto con cui vinse la Coppa dei Campioni segnando il gol decisivo in finale contro il Bayern Monaco. Di lui si ricorda soprattutto l’esultanza col giro attorno alla bandierina.

Antonio Sibilia, presidente dell’Avellino, squadrava lo spaesato Juary. Un lungo silenzio, poi si rivolse a Luis Vinicio, l’allenatore: «E questo sarebbe un attaccante? Ti do tre mesi, se non va caccio te e lui». Passarono due anni, diventarono padre e figlio.

Juary, quando seppe del trasferimento ad Avellino?
«Su un aereo per Roma, dove mi avevano convinto a salire con l’inganno: dopo qualche bicchiere di vino, Nicola Gravina, manager che mi seguiva fin da ragazzino, confessò».

Dopo qualche bicchiere…
«Gravina svelò la verità. “Dove cazzo è Avellino? Non ci vado” protestai, ma lui sorrise: “Sai volare? Perché paracadute non ce n’è».

Così si trovò nello studio di Sibilia…
«Dopo un viaggio in auto da Fiumicino. Ero incuriosito, inquieto, dubbioso. Invece fu la svolta della mia vita, Avellino diventò casa e il presidente un secondo papà: nei momenti bui c’era sempre, negli affari bastava una stretta di mano».

Sibilia, una mattina, le chiese di saltare l’allenamento e accompagnarla a Napoli…
«Ci trovammo davanti al tribunale».

E le presentò Raffaele Cutolo, boss di camorra.
«Mai visto, non potevo immaginare chi fosse. Il presidente disse che era un grande tifoso e voleva conoscermi. Ci scambiai due parole, ma nulla di più: la storia della medaglietta consegnata è un’invenzione».

La danza della bandierina nacque a Catania…
«No, quella fu la prima in Italia. Era nata allo stadio Morumbi prima di un derby con il San Paolo: Osmar Santos, giovane radiocronista, mi chiese di inventare un’esultanza in caso di gol, ne feci tre e ogni volta ballai sulla lunetta. Quella del Cibali fu la prima rete di uno straniero dopo la riapertura delle frontiere». 

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