Due vittorie contro i nerazzurri sono legate a due indimenticabili gol del biondino proveniente da Legnano, ovvero dieci anni a Napoli per innamorarsene.
Pogliana capì quando era finita
Nel calcio ci sono giocatori che prolungano la loro carriera fino a quando possono, fino a strappare l’ultimo contratto utile, fino a superare la fatidica soglia dei 35 anni, l’età quando un calciatore è considerato “vecchio”. Sono quelli che non riescono a pensare cosa potrebbero fare dopo il calcio o quelli che dichiarano “devo sentire l’odore dell’erba” o “sto bene, perchè dovrei smettere?”. A volte si accontentano anche di scendere di categoria pur di continuare a tirare calci ad un pallone. Lasciano il passato dorato, fatto di lustrini e celebrità e si avviano sul triste viale del tramonto. L’età diventa il killer, colei che, uccidendoti, ti dice di appendere le scarpette al chiodo.
Per il gioco delle parti ci sono anche giocatori che, quando hanno capito che è il momento di smettere, presto o tardi che sia, non indugiano in sentimentalismi o “che bello quando giocavo a San Siro, all’Olimpico e giravo l’Europa”. Decidono e basta. Semplicemente smettono di fare il lavoro che gli è sempre piaciuto e amen. È come buttare il pacchetto di sigarette e dire “non fumo più”. A questi ultimi, seppur bravi ed in grado di poter fare almeno altre due o tre stagioni a buoni livelli, appartiene senza dubbio un difensore che alla causa azzurra ha dato tanto e il cui nome abbiamo snocciolato a memoria in miriadi di formazioni. Si diceva “Zoff, Nardin e Pogliana”, poi “Zoff, Ripari e Pogliana”, ed ancora “Carmignani, Bruscolotti e Pogliana”.
Il biondino di Legnano
Lui, Luigi il biondino da Legnano, sede di una storica battaglia, c’era sempre. Con Chiappella, Vinicio e Pesaola. Un terzino che possiamo identificare con la sua fascia di competenza per i dieci anni consecutivi che ha fatto nel Napoli. Quest’uomo, serio e compito, giocò due anni al Legnano con un acerbo Gigi Riva, tre al Novara e poi tanto Napoli fino alla fine della carriera. Anni Christorum, dicevano i latini, Pogliana smise a soli 33 anni dopo l’esaurimento del filone d’oro legato alla squadra con cui Luis Vinicio aveva dato spettacolo. Fu “L’uomo che segnava all’Inter” e “sussurrava ai tifosi”, se proprio siamo in vena di citazioni cinematografiche.
Dalla nebbia, dal gelo e dall’umidità della pianura padana e dal gorgonzola e la pioggia di Novara, Luigi Pogliana passò al sole e allo splendore delle giornate napoletane. E ne fu irradiato. Si innamorò, arrivò nel Golfo a 22 anni, diventò uomo e rimase qui fino a quando capì che nel Napoli stava avvenendo un processo di svecchiamento. Se ne andò in silenzio e smise col calcio, pieno di quanto la città ed i tifosi gli avevano lasciato nel cuore e negli occhi. Se oggi la bandiera di Hamsik garrisce nel Napoli da ormai un decennio e sembra un puntino nero sospeso in uno spazio bianco vista la frequenza con cui si cambia squadra, dieci anni erano tanti anche quando si scriveva dall’altro Calcio, quello del secolo scorso.
Due vittorie contro l’Inter
Di lui si ricordano due reti all’Inter, entrambe al San Paolo, che sancirono due belle vittorie ai danni dei nerazzurri. Due reti che legano con un fil rouge due squadre completamente diverse, quella del 1970-1 e quella del 1975-6 ma dove c’era sempre lui a correre e contrastare sulla fascia sinistra, il combattente ed audace Luigi Pogliana. Il 22 novembre del 1970 i nerazzurri arrivano a Napoli col piglio dello squadrone, a fine anno saranno campioni di Italia. Jair, guizzante e sgusciante come una anguilla, riceve da Mazzola e con un tiro al fulmicotone fa secco Zoff, imbattuto dall’inizio del torneo. Cade la sua imbattibilità vicina ai 600 minuti e cade il portiere alla difesa.
Il Napoli, come punto da una malefica spina, si risveglia e comincia a macinare gioco, domina in lungo e in largo fino a quando il nostro terzino fluidificante indovina lo spiraglio e fa 1 a 1. Nel momento in cui Ghio segna il gol vittoria il San Paolo viene giù e l’abbraccio dei giocatori in campo suggella un secondo tempo magistrale del Napoli. L’Inter viene rispedita a casa coi suoi campioni, Facchetti, Burgnich, Boninsegna, Mazzola, Jair, Bertini, Vieri, Bellugi chinano il capo di fronte ad una signora squadra.
Sei anni dopo
Passano circa sei anni e Pogliana è ancora al suo posto, lì sulla fascia a fluidificare e a cercare di mettere in pratica la modernità del terzino inventata proprio dal suo corregionale Facchetti. Infatti il nostro terzino sa abbinare grinta, sa entrare di anticipo sull’uomo, ha un bel tocco di palla, è sicuro negli interventi difensivi, ha notevoli doti di fondo, gioca spesso in velocità.
È un terzino moderno che sa spingersi in attacco ed è capace di diventare protagonista di azioni a sorpresa sebbene non avesse il fisico da granatiere. È infatti alto solo 1,71 ma ha un fascio di muscoli ed una forza di volontà che non lo fecero esordire in Nazionale solo perché davanti aveva un mostro sacro come Facchetti. Dunque, il 11 aprile del 1976 il Napoli ospita una Inter non trascendentale, a fine campionato li separerà solo un punto ma entrambi andranno a fare la Coppa Uefa. I nerazzurri non hanno più i mostri di sei anni prima in squadra, Facchetti è passato curiosamente a fare il battitore libero e di fronte ha il suo vecchio compagno Burgnich, ad una seconda giovinezza nel Napoli. Dei ‘vecchi’ sono rimasti solo lui, Mazzola, Boninsegna, Vieri e Bertini.
Partita aperta alla vigilia, i totocalcisti azzardano 1X sulla schedina. Presto fatto, proprio Pogliana segna e rompe gli equilibri, poi ci pensa Savoldi dal dischetto prima di una autorete di Ciccio Esposito e il gol finale di Massa, anche lui un ex.
E – a proposito di giocatori che dopo i 30 anni cambiano ruolo – sapete come ha giocato le ultime due partite col Napoli Luigi Pogliana? Da libero! Pesaola, per la mancanza di Burgnich, si inventò una difesa con Bruscolotti e Vavassori terzini e Catellani stopper.
Epilogo
E così nel marzo del 1977 l’uomo venuto dal freddo e che si legò ‘amorevolmente’ a Napoli per dieci anni, capì che quello non era il suo ruolo e che era giunto il momento di dire basta per lasciare spazio ai giovani. Lui era nato per fare la fascia su e giù.