A Repubblica: «C’erano grandi aspettative. Il batterista diceva:“Vedrete, ci daranno un tappeto a testa”»
Repubblica intervista oggi Peppino Di Capri che, a quasi 85 anni e 60 anni di carriera come cantante, sembra un ragazzino per quanto entusiasmo ha ancora: «Ancora, quando mi fermano, mi rimproverano di essersi innamorati per colpa mia.
Tanti aneddoti della sua vita e della sua carriera
Suo padre era musicista, ma molto severo
«Più che severo. Con me e con le mie sorelle. I miei non mi avevano mai visto dal vivo. Ricordo il Metropolitan di Napoli, tremila posti, i ragazzi appesi, il più grande complimento è stato: “Eh”. Era un dovere fare bene le cose. La stessa cosa quando ho partecipato ai festival e facevo la classica telefonata a casa: “Avete visto?”. E dall’altra parte: “Eh”. Niente complimenti. Presentai un libro a Capri, si alza una signora, era stata la mia insegnante, e racconta che mio padre una volta alla settimana andava a scuola per chiedere come andavo. Non me lo aveva mai detto».
Il concerto di Peppino di Capri per lo scià di Persia
Tanti viaggi: un ricordo curioso?
«Ero in Persia per sette giorni di esibizioni, mi chiamano: c’è lo scià che sarebbe onorato di invitarti a fare un concerto. Era il compleanno della madre. Andiamo in questo palazzo pieno di specchi, con trecento invitati. Come ci mettiamo? Col mio gruppo ci prepariamo: si chiude il separé, c’erano Farah Diba, lo scià con i quattro figli. Abbiamo suonato per loro».
Emozionante?
«Con i miei musicisti non si parlava di soldi ma c’erano grandi aspettative. Il batterista diceva:“Vedrete, ci daranno un tappeto a testa”. Il giorno dopo arrivano in albergo cinque fotografie dello Scià con la cornice di finto legno. Mica sarà questo il regalo? Purtroppo sì, era quello. Avevo cantato anche per Soraya a Cortina, la sua canzone preferita era Nessuno al mondo. Poi, nel 2018 Bruno Vespa mi invita a Porta a porta, sorpresa: l’ospite era Farah Diba».
lI legame con Napoli?
«Quando vai via ti manca l’essenziale. È un palcoscenico naturale, puoi rubare le scene e portarle in giro per il mondo. Poi ci sono artisti meravigliosi. Uno vero è Nino D’Angelo. Per non parlare di Pino Daniele; lo conobbi da ragazzo, si presentò nel mio studio, con la chitarra e mi fa sentire le sue canzoni, Napule è, una meraviglia. “Bella, me la fai cantare?”. E lui: “La vorrei fare io”. Ne suona un’altra, poi un’altra ancora: le voleva cantare tutte. Lo guardo: “Hai un pezzo che non te ne fotte niente?”»