Intervista a mister due miliardi: «A Napoli non andò come pensavamo ma furono anni bellissimi. Hanno calcolato che saltavo più di Ronaldo»
Savoldi: «Ho venduto 80mila dischi, oggi scrivo poesie in dialetto bergamasco». Intervista di Beppe Savoldi a La Stampa. Il quotidiano ricorda lo scandalo per il suo trasferimento al Napoli nel 1975: cifra record di due miliardi di lire.
Due miliardi di lire. Uno scandalo, nel 1975. Mai un calciatore era stato pagato tanto e sconcertava che lo facesse il Napoli, espressione d’una città economicamente depressa: l’onorevole Sanza presentò un’interrogazione parlamentare e i sindacati denunciarono che metà cifra sarebbe bastata per pagare i netturbini senza stipendio da mesi. Beppe Savoldi, professione centravanti, si ritrovò così nell’occhio del ciclone, ribattezzato O Marajà e invece lambito solo dalle polemiche, non dalla pioggia di banconote: «Il presidente Ferlaino trattava con il Bologna – racconta -, io non avevo voce in capitolo. E comunque i soldi non mi interessavano, pensavo al campo, ai gol e al sogno scudetto: il Napoli era arrivato secondo e aveva scelto me per il salto di qualità».
S’era parlato di Juventus.
Savoldi: «Non s’era parlato, era fatta: il dottor La Neve mi aveva chiamato per fissare le visite. Credo dovessi prendere il posto del mio amico Anastasi, non ho mai capito bene perché saltò tutto. C’era stato un pourparler anche con la Roma: incontrai il presidente Anzalone ad Arezzo».
Si narra che nei giorni caldi dell’interrogazione e degli scioperi cercò tranquillità a Monghidoro, a casa di un altro amico: Gianni Morandi.
Savoldi: «Non avevo bisogno di rifugi, ero tranquillo. Con Gianni capitava di far serata, lui suonava la chitarra e io cantavo: sa che ho inciso due dischi? “Tira… goal” ha venduto 80.000 copie, la mettevano al San Paolo prima delle partite».
Un successone…
Savoldi: «E un colpo di spugna sulle polemiche. Gli abbonamenti del Napoli andarono a ruba, a conferma che i 2 miliardi erano investimento e non follia, e gli abbonati comprarono il 45 giri».
Lo scudetto rimase un sogno.
«Non andò come pensavamo, ma furono anni bellissimi».
A Napoli il grande salto.
«Le polemiche non si placavano, ma fui accolto come un re. La prima immagine è la folla alla stazione di Mergellina: ero atterrato a Roma e avevo dormito a casa di Janich, il dg, la mattina prendemmo il treno pensando di sviare i tifosi, e invece erano lì ad aspettarci».
Divora la storia anche attraverso i libri.
«Non leggo romanzi, mi hanno stancato, e non vedo film: troppa fantasia. Adoro scoprire il passato di popoli, città e Paesi, conoscere la vita di grandi personaggi».
Legge soltanto o scrive?
«Poesie. In dialetto bergamasco».
Dal web apprendiamo che saltava più di Ronaldo…
«Hanno fatti calcoli in rapporto alla statura: lui si stacca da terra di 50 centimetri, io mi alzavo di 80. Ero alto 1,75, adesso mi sono un po’ accorciato».