A Libero: «Siamo pieni di pregiudizi anche contro noi settentrionali. L’espressione splendido splendente è nella Garzantina»
Libero intervista oggi Donatella Rettore che a 68 anni torna al Festival di Sanremo. «Il mio primo Sanremo è del 1974. Andavano a scuola. Era l’anno della maturità. Avevo mandato delle canzoni a Ravera per partecipare a Castrocaro, che si teneva l’estate. Dopo gli esami. Invece a gennaio mi telefonano, mi passano Ravera e lui mi chiede di fare Sanremo. Io dico: “devo chiedere a mamma”. Però mamma non voleva. Una battaglia. Alla fine accettò e mi accompagnò».
Donatella Rettore tifosa
Da dove cominciamo Donatella? «Non so: io sono tifosa dell’Hellas…». Il Verona? «Sì, ero lì quel giorno che abbiamo vinto lo scudetto». Vai ancora allo stadio? «Sempre meno. Soffro troppo». Il calcio è cambiato? «Sì, troppo. Anche la musica. A me piacciono i dischi. Non ci sono più i dischi».
La Rettore racconta il suo rapporto scanzonato e disinteressato col successo e la sua voglia di scrivere canzoni per il solo gusto di divertirsi. “Splendido splendente”, come è nata?
«Una sera leggendo la vita di Marilyn Monroe lessi che lei aveva il problema del mento. Troppo lungo, se lo fece rifare. Pensai: “se l’ha fatto lei lo faccio anch’io”. Poi non feci niente. Però scrissi la canzone sulla chirurgia estetica che fece scandalo e successo. Oggi l’espressione “splendido splendente” sta anche nella Garzantina».
La cantante spiega che la sua non è mai stata una ricerca degli applausi e del successo, bensì una battaglia contro i pregiudizi?
«Certo. Per esempio – ti stupirò – il pregiudizio anti settentrionale. Ti racconto questo. Quando ho scritto “Cobra” l’ho fatto per prendere in giro un mio amico della Basilicata che diceva che loro al Sud avevano i serpenti veri, grossi, i cobra e noi al nord solo serpentelli. Allora ho scritto “cobra” e ho detto che il cobra non è un serpente…».