Stanotte alle tre mi sono svegliato e ho pensato a Politano, io la notte voglio dormire. Continuiamo a guardare uno spettacolo inguardabile
Ipotesi di irrealtà
Partiamo da un fatto. La scorsa stagione non è stata un miracolo, è stata un fatto reale, conseguenza di altri fatti, di numerose e divertenti stagioni. La scorsa stagione non è stata improvvisata, ed è anche per questo che tutti abbiamo abbandonato ogni superstizione e abbiamo festeggiato quasi tutte le settimane, con gli occhi gonfi di bellezza, di leggerezza, di felicità e aggiungete quello che vi pare. No, non è stata un miracolo, non è stata sognata o irreale, è accaduta, esattamente così come la ricordiamo. Il campionato per il quale dobbiamo usare il principio di irrealtà è questo, nulla di quello che sta accadendo al Napoli asseconda la ragionevolezza. Se fossimo persone a cui piace usare iperboli, diremmo folle, e, non importa, lo diciamo.
Nulla di quello che accade in campo somiglia nemmeno lontanamente a quello che dovrebbe accadere, non dipende dagli schemi, non dipende dall’improvvisazione, appartiene alla sfera della casualità molteplice – caso dopo caso, incidente dopo incidente, distrazione dopo distrazione, allenatore dopo allenatore – sfociata nell’inevitabilità. A un certo punto, che il Cagliari pareggi a pochi secondi dalla fine non è che un’altra delle faccende inevitabili, per le quali Juan Jesus che non dovrebbe essere lì (ma giocare una mezz’ora ogni tanto) è lì, inesorabilmente lì, e anche se fino a quel punto, tutto sommato, ha giocato una partita quasi decente, non può evitare di commettere una pesante e preoccupante disattenzione, perché rientra nelle sue caratteristiche negative il calo di concentrazione. Juan Jesus è l’ultimo esempio (seppur ricorrente), all’origine di questa irrealtà c’è molta realtà e la conosciamo: l’estate scellerata di Aurelio De Laurentiis, proseguita con autunno stupido, finita con un gennaio inutile. Ah, quanta pazienza, con queste persone che hanno ruoli importanti e che si fanno guidare degli impulsi, da uno spirito vendicativo, da manie persecutorie e – crediamo con fermezza – dalla uallera.
Senza andare troppo indietro con la memoria – anche per non devastarci l’umore – ma soffermandoci sulle ultime diciamo quattro partite, e perciò le ultime due di Mazzarri e le prime due di Calzona, facendo le opportune differenze, anche perché il nuovo allenatore qualche idea ce l’ha, che cosa vedremmo? Lo scriviamo come una cantilena da ripetere come preghiera laica, seguendo il ritmo.
La palla non gira. La palla sta troppo tempo sul piede di chiunque. Il piede di chiunque che non trova un altro piede di chiunque. Ed entrambi i piedi sono fermi. Il difensore è statico, il centrocampista è immobile, l’attaccante ruota su sé stesso. Il triangolo non avviene. Nessuno si sovrappone. Nessuno scambia. Nessuno si smarca. Nessuno viene incontro. Nessun crossa. Nessuno dribbla. Nessuno tira. Facce cupe, occhi bassi. Palla che passa, palla che nessuno trattiene, palla preda dell’avversario, avversario che segna. Nessuna differenza tra Genoa e Barcellona, nessuna differenza tra gioco e sonno. Il terzino sostituito da un centrale, l’esterno cambiato con un trequartista, il tre quartista che si improvvisa centravanti, il centravanti che non sa che fare e allora finisce in fuorigioco. Fuori da quale gioco se il gioco non esiste?
È tutto irreale. Ieri, mi domandavo, ma è successo spesso quest’anno, perché continuassi ostinatamente a guardare Cagliari-Napoli, non stavo provando nessun piacere, provavo invece una forma di disprezzo per la confusione mentale di cui erano preda i calciatori del Napoli. Per tutto il primo tempo solo scelte sbagliate, eccetto il tiro di Raspadori. Il secondo tempo altrettanto noioso, inutile, gol bello ma casuale, errori da principianti quando si poteva raddoppiare. Off topic: Politano e Simeone se li togli da una organizzazione perfetta tornano immediatamente a essere due giocatori banali, vuoti come i loro tiri sbagliati quando alzando la testa – ma capiamo che chiedere a Politano di alzare la testa è troppo – avrebbero potuto servire i compagni soli davanti alla porta. Fatto sta che nervoso e stanco io l’ho seguita fino alla fine, fino al pallone lasciato rimbalzare, fino al pareggio. Che brutta domenica pomeriggio, fuori c’era più sole.
A quanto pare la felicità va scontata e va bene. Ma davvero tutta la felicità dell’anno passato andava scontata con questa rapidità? Davvero non poteva essere un viaggio intermedio? Una cosa di alti e bassi, un anno in cui si giocava comunque bene anche se non si vinceva, un anno nel quale si poteva non gioire ma neppure deprimerci in questa maniera. Stanotte alle tre mi sono svegliato e ho pensato a Politano, io la notte voglio dormire.