Alla Gazzetta: «Forse qualche anno fa non sarebbe successo. Sanremo? Non so se ci sarei andata, ognuno fa quello che vuole»
Jasmine Paolini, che settimana scorsa ha vinto il suo primo Wta 1000 a Dubai, ha rilasciato una lunga intervista alla Gazzetta dello Sport, dove ha parlato anche del sogno Olimpiadi.
Ci racconta come è nato l’amore per il tennis?
«Al TC (ndr tennis center) Bagni di Lucca, il circolo dei bambini. Lì potevi correre, fare confusione, giocare, senza che nessuno si lamentasse. Ricordo che frequentarlo per me era puro divertimento, e penso sia stato fondamentale per far crescere in me la passione genuina per questo sport».
Ha conquistato il trofeo più importante della carriera:se si guarda indietro qual è il percorso che l’ha portata fino al titolo di Dubai?
«Un percorso lungo ma costante di consapevolezza. Ho avuto bisogno del mio tempo perché dovevo toccare con mano il livello che potevo valere, non mi bastava sentirmelo dire. Forse non ci credevo del tutto. Poi, piano piano, soprattutto da metà della scorsa stagione con i tre set combattuti contro Kvitova a Wimbledon e la sfida con Sabalenka a Pechino, ho iniziato a vedere che tutti i mattoncini messi insieme stavano diventando una bella costruzione. Segnali di crescita che mi hanno dato la spinta a continuare sulla strada che stavo percorrendo».
Paolini: «A Dubai mi ha aiutata giocare senza pensare al risultato»
Uno degli aspetti che più colpisce di lei, è la capacità di non dare per persa nessuna partita, anche quando è spalle al muro.
«Ci è voluto tanto lavoro, non è sempre stato così. Ho imparato a pensare un punto per volta, senza esaltarmi nè buttarmi giù.Quella
di Dubai è una settimana in cui ho giocato bene, senza pensare al risultato. E ha funzionato».
Com’è nato il sodalizio con Sarita (ndr Errani)?
«Renzo (il coach Furlan, ndr) mi ha sempre consigliato di giocare il doppio per migliorare in risposta, volée, servizio, ma non riuscivo a farlo con continuità. Poi è arrivata Sara, che con la sua esperienza mi sta aiutando tanto. Insomma alla fine è andata così bene che proveremo a qualificarci per i Giochi di Parigi».
Già, le donne: serve sempre fare un po’più di fatica per entrare nella storia.
«C’è voluta l’esplosione di Jannik per dare anche a noi ragazze visibilità. Hanno parlato della mia vittoria nei telegiornali e forse qualche anno fa non sarebbe successo. Ci vorranno anni per cambiare questa cultura ma ce la faremo».
Ma se l’avessero invitata al festival di Sanremo?
«Non lo so, avrei dovuto trovarmi nella situazione. Se si riferisce alla scelta di Sinner, trovo giusto che ognuno faccia quello che si sente e segua il proprio percorso. Non c’è nulla di male ad andare, come a non andare. Di sicuro mi sono divertita a seguire il Festival, negli ultimi anni è più bello. Ero a Doha, incastravo partite e musica».