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Cristina Parodi: «Io e Paolo Brosio eravamo i pennarellisti di Emilio Fede, gli sottolineavamo le agenzie»

Al Corsera: «Mi chiamarono a Odeon tivù, con un programma che si chiamava Forza Italia. A me, che ero innamorata del tennis, del calcio non importava nulla: l’ho dovuto imparare comperando la Gazzetta dello Sport»

Cristina Parodi: «Io e Paolo Brosio eravamo i pennarellisti di Emilio Fede, gli sottolineavamo le agenzie»
Db Milano 28/06/2017 - presentazione palinsesti Rai autunno 2017 / foto Daniele Buffa/Image nella foto: Cristina Parodi

Cristina Parodi, oggi stilista di moda che, con la sua amica, ha creato la linea Crida, ha raccontato i suoi inizi in tv al Corriere della Sera

Era il 13 gennaio del 1992 e lei doveva condurre il Tg5 nell’edizione delle 13: «Scelsi un tailleur giallo canarino di Max Mara con i bottoni gioiello. Mi ero preparata come per un esame: i testi li avevo letti e riletti. Alla fine ce li avevo in testa, anche se sapevo che Enrico Mentana avrebbe potuto cambiare tutto all’ultimo e così fece. Non avevamo il gobbo perché quel tiggì doveva essere una rivoluzione, a partire dal linguaggio e della scelta delle notizie. Molta cronaca e pochi panini politici. L’edizione delle 13 fu perfetta, quella delle 20, condotta da Mentana un disastro…»

I suoi inizi sono stati col calcio, «mi chiamarono a Odeon tivù, con un programma che si chiamava Forza Italia…non per Berlusconi, ma perché avevamo vinto i Mondiali. Con me c’erano Walter Zenga e Roberta Termali, si erano innamorati proprio lavorando, Vittorio Feltri e Fabio Fazio che faceva le imitazioni. Poi passai a Mediaset».

Le donne che parlavano di calcio funzionavano

«Erano gli anni Novanta, le donne che parlavano di calcio funzionavano. C’era Antonella Clerici, dopo arrivarono Alba Parietti, Simona Ventura. A me, che ero innamorata del tennis, del calcio non importava nulla: l’ho dovuto imparare comperando la Gazzetta dello Sport tutti giorni e studiandola».

Tanta gavetta.

«Moltissima. Quando a Mediaset sono arrivate le news mi sono candidata: debuttai alla conduzione con Emilio Fede, un uomo affettuoso e geniale, ma certe sue sfuriate per me erano inconcepibili. Io e Paolo Brosio eravamo i pennarellisti: avevamo due scrivanie fuori dal suo ufficio e gli sottolineavamo le agenzie che uscivano, lui non era certo tipo da stare al computer».

Ha lasciato il Tg5 due volte.

«La prima nel 1996 quando ho ricevuto la proposta di condurre Verissimo: ero molto attratta perché si trattava del primo infotainment italiano. Il problema è che a dirigere Canale 5 c’era Giorgio e nonostante io fossi la conduttrice di punta del tiggì ogni mio passo avanti lo metteva in imbarazzo. Alla fine Gregorio Paolini fece una riunione insieme agli altri autori e ai produttori escludendo Giorgio. E riuscirono a darmi il programma».

Giorgio Gori.

«Giorgio non è mai stato un volano, ma in alcuni momenti una limitazione, per quel continuo timore di agevolarmi. Ci siamo innamorati a Roma: lui veniva continuamente in redazione per le riunioni. La prima volta che l’ho visto aveva 31 anni ma pareva ne avesse 18: era l’enfant prodige ed era fighissimo. Ci siamo sposati a Carpeneto, nella casa di campagna dei miei il 1° ottobre del 1995: la scelta di lasciare il tiggì a Roma per tornare a Milano con Verissimo era legato anche a motivi “organizzativi” familiari».

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