A Fanpage: «Un’infrastruttura sportiva spesso è legata a dinamiche pubbliche. Olimpiadi a Roma nel 2024? Ci fu richiesto di ritirare la candidatura».

Il presidente del Coni Giovanni Malagò intervistato da Fanpage a poco più di tre mesi dall’inizio delle Olimpiadi di Parigi.
Malagò: «Per le Olimpiadi estive servono otto, dieci stadi. Per Roma ci chiesero di ritirare la candidatura»
Venerdì 26 luglio a Parigi ci sarà la cerimonia inaugurale dei Giochi. Per un attimo magari chiuderà gli occhi e penserà a Roma 2024, a cosa sarebbe stato quel momento. Qual è il pensiero che a distanza di anni le fa più rabbia?
«Certo che ci penserò quel giorno, lo farò un pochino più degli altri giorni. Mi viene spessissimo da pensarci, per evidenti motivi. È così quando entro nell’ufficio della Fondazione Milano-Cortina, ma anche quando penso alla problematica degli stadi in Italia. Basta pensare che se ottieni la candidatura per le Olimpiadi estive devi mettere a disposizione tra gli otto e i dieci stadi dove si gioca il calcio e il rugby a 7. Mi viene anche da pensare che contemporaneamente alle Olimpiadi del 2024 sono state assegnate quelle del 2028, quindi avremmo potuto avere anche quattro anni di tempo in più».
Il progetto dei Giochi Olimpici a Roma è stato stoppato quando il cammino era già iniziato e la galoppata stava procedendo bene…
«Riguardo Roma è giusto fare una precisazione. Io ci tengo a sottolineare, anche a chi ci leggerà, cosa è successo all’epoca: non ci è stato detto di non candidarci, a noi è stato richiesto di ritirare la candidatura dopo che avevamo già fatto metà della traversata del deserto, motivo per cui abbiamo vinto poi con Milano e Cortina. Ci è stato chiesto di tornare indietro ed è un concetto molto diverso. Un elemento assurdo, oltre che un’aggravante».
Ora, senza voler sfociare in pressioni aggiuntive, c’è uno sport o un atleta che attende con particolare aspettativa e fiducia a Parigi?
«Pugilato, taekwondo, scherma, pallavolo. A livello numerico anche l’atletica. E poi pallanuoto, vela, mi sento dire arrampicata, forse anche il surf e la ginnastica. Insomma, sulla carta sono abbiamo tante federazioni che ci possono portare risultati più importanti rispetto a quelli di Tokyo».
Guardiamo più avanti. I Giochi di Milano-Cortina sono diventati come prevedibile anche un affare politico. Cosa si è sbagliato nella gestione della pista da bob?
Malagò: «Caos, casino, problemi, polemiche. Allora che facciamo? Non gareggiamo, non competiamo, non ci mettiamo in discussione? Il problema, e non lo dico perché sono di parte, è che gli intoppi non nascono mai dal mondo dello sport, ma sono tutte criticità inerenti alla realizzazione di un’opera».
Perché è così difficile in Italia costruire dei nuovi impianti?
«Quando c’è un cespite di mezzo, c’è un immobile, uno stadio, o una pista da bob, c’è un’ infrastruttura sportiva che fino a prova contraria è legata a dinamiche pubbliche, statali, governative, enti locali, quello che sia, e lì sorge il problema. Ma più di fare una candidatura con il 92% delle opere che è già esistente, cosa si deve fare? Se non ci fossero state le Universiadi a Napoli, io sfido chiunque a trovare una soluzione per risolvere i problemi dell’impiantistica della città di Napoli. Quale sarebbe stata in quel caso la strategia della politica? Il discorso vale a qualsiasi livello, possa essere governativo, statale, regionale o comunale. Come si può dare una mano nel dare una risposta ai problemi delle infrastrutture sportive?»
A proposito di impianti e lavori. Per gli Europei del 2032, al di là di quelle che saranno le strutture del torneo, quanti stadi di calcio nuovi conta di vedere in Italia?
Malagò: «Mio padre mi ha sempre detto: “Ma chi te lo fa fare?”. Eh, ma io uno ha una bellissima patologia, che è quella dello sport. Su questo argomento basta fare una riflessione. Partendo dal 1956, dai Giochi Invernali di Cortina, al 2024, in questo paese, che è un colosso nello sport, c’è mai stata un’opera pubblica realizzata ex novo non legata a un grande evento internazionale? Non parlo solo degli stadi, ma anche dei palazzi dello sport. E quindi cosa vuol dire? Che purtroppo, come in certi giochi da tavolo, devi passare per un casello. Questo casello è la coercizione, l’obbligatorietà, il dovere avere quel giorno la struttura pronta, altrimenti non ne vieni a capo.»
E ci sono mille variabili che possono complicare piani…
«Perché magari cambia il proprietario della società di calcio e quindi cambierà strategia. E poi c’è il sindaco, l’amministrazione comunale, poi ne arriva un altro e magari c’è un’idea diversa. Vedi cosa è successo con Raggi e con il Movimento Cinque Stelle. Cambia la regione e magari entra in contrasto con il comune. Cambia il governo, che magari è più incline o più disponibile, oppure rimane lo stesso. Cambia lo scenario internazionale, il quadro macroeconomico, le guerre, l’inflazione e il calo dell’energia. Allora tu devi aprire e chiudere l’operazione in un arco di tempo molto ristretto. Se lasci aperto, se la sfilacci, sei spacciato. Perché purtroppo il pubblico non è in grado di programmare. Questo è un dato di fatto».
L’Italia comunque riesce a organizzare grandi eventi sportivi. A Roma ci saranno gli Europei di atletica a giugno, lo scorso anno sono stati organizzati gli Europei maschili e femminili di pallavolo. Poi ci sono le Atp Finals di tennis a Torino…
Malagò: «Sono d’accordo, ma c’è un piccolo problema perché lo Stadio Olimpico di Roma è stato ristrutturato l’ultima volta per i Mondiali di calcio del ’90, tanto per darci il buongiorno. Le Finals di tennis si fanno in un luogo che esiste perché abbiamo organizzato le Olimpiadi di Torino 2006, altrimenti non potevamo candidare a nessun livello la città con un’impiantistica competitiva. Gli Internazionali di tennis a Roma? Tutto nasce dai Mondiali di Nuoto del 2009, che ci hanno permesso di realizzare un nuovo stadio. E potrei andare avanti».
Per la scelta dei portabandiera i tempi siamo ormai maturi. Quanto andiamo lontani se pensiamo a Tamberi e Paltrinieri? Hanno vinto, sono popolari, hanno alle spalle un percorso importante.
Malagò: «Questo non lo so. Ne parleremo in giunta. Penso saranno un uomo e una donna, ma questa è una mia personale idea. Visto che il presidente del Comitato Olimpico Italiano è un membro del Comitato Olimpico Internazionale e considerando che noi tra un anno e mezzo avremo le Olimpiadi in casa, non sarebbe elegantissimo se non ascoltassimo un modesto suggerimento. Se poi i nomi sono quelli che si fanno, vedremo».