Sul Corsport. Il lato positivo della conferenza a una sola voce, quella di Aurelio, è che eviterà ai giornalisti di fare le solite domande cretine
De Laurentiis parlerà due ore di nulla, Carratelli anticipa la conferenza di oggi (alle 16.30 sui ritiri estivi a Dimaro e a Castel di Sangro). Sul Corriere dello Sport scrive un pezzo ironico, sospeso a metà tra il serio e il faceto.
Ecco cosa scrive Mimmo Carratelli:
Non sono ammessi sospiri, domande, singhiozzi, aliti con la chiusura totale delle Trombe d’Eustachio. Previsto il sequestro di microfoni e telefonini.
Saranno premiati con un giro di pasta e fagioli i giornalisti più impassibili. Saranno presenti alcuni attori del cinema muto.
L’entourage del presidente sottolinea il lato positivo della conferenza a una sola voce, la voce di Aurelio, che eviterebbe così ai giornalisti di fare le solite domande cretine. I giornalisti più esperti annunciano che si rivolgeranno al tribunale dell’Aja. Il presidente ha già commentato che can che all’Aja non morde. De Laurentiis sa il fatto suo e, nel travaglio di questi giorni, è un fatto quotidiano.
La conferenza stampa durerà due ore. Il presidente parlerà di nulla per non urtare le suscettibilità più sensibili. Per questo ha chiesto il nulla osta. L’ufficio stampa del Napoli ha preannunciato una sintesi ufficiale della conferenza che sarà inviata a giornali, radio e televisioni. L’ufficio stampa del Napoli suggerirà anche il titolo più adatto, il testo di niente, autorizzato dallo scrittore Enzo Striano.
I novant’anni di Mimmo Carratelli: «De Laurentiis? Anche Ferlaino marciava a fare l’antipatico»
Come si raccontano novant’anni?
«Eh, con fatica. Ma anche con l’entusiasmo di chi ha visto parecchie cose. La fine della guerra mondiale, la bomba atomica, lo sbarco sulla Luna, l’avvento del computer. Bisogna prendere la vita alla leggera. Se la salute ti assiste, ti adatti a qualsiasi cosa. Fino a un certo punto. Adesso sento gente che con le guerre e le riserve nucleari pensa di poter giocare».
Non sarà lo sport a salvarci.
«Ma per fortuna c’è. Non dimentico le mie gioie personali: i due titoli mondiali dell’Italia nel calcio, l’Olimpiade della pallanuoto, adesso Sinner. La vittoria di Mennea sui 200 a Mosca, l’impresa che mi sono emozionato di più a raccontare. Mennea tutto sembrava meno che un atleta. Ed eccolo lì che rimonta in ottava corsia. Lo sport dà una possibilità a tutti».
Ma perché da Roma in giù, Napoli compresa, il calcio non trova continuità ad alti livelli?
«Perché è lo specchio del Paese. Al Sud si fa fatica a organizzarsi. Ferlaino capì che bisognava anche andare a nozze con il potere. Aveva agganci con Matarrese, con la Lega di Nizzola, nei media. Nella vittoria del secondo scudetto con Maradona tutto questo gli tornò molto utile. Incisero le sue cene e i suoi viaggi. Ma è per questo che il Napoli mi appassiona: soffrire per le retrocessioni, gioire per il secondo posto di Pesaola, impazzire per i titoli. Non c’è gusto a tifare per chi vince sempre».
Il calcio è cambiato.
«Infatti lo vivo con un certo distacco. E ripenso a quanto ci si divertiva con Ferlaino e Altafini. Per i rapporti stretti che noi giornalisti avevamo con i giocatori. Quando a Maradona tirarono il tranello del doping, passai con lui e un amico comune l’ultima sera a Napoli. Ci abbracciammo e piangemmo. Gli dissi: torna, a me non importa più niente dei dribbling, delle rabone, torna e basta. E lui: non ce la faccio, Mimmo, non ce la faccio. Ho pianto ancora quando confessò la sua dipendenza alla Tv argentina, come ho pianto alla notizia della sua morte. Era un uomo solo e io lo avevo capito».
Esistono caratteracci peggiori di quelli di Aurelio De Laurentiis?
«Anche Ferlaino marciava a fare l’antipatico, ma con una certa eleganza. De Laurentiis però è un imprenditore di calcio moderno. S’inventò Benitez, ha reso il Napoli un club sano come pochi. Peccato si sia convinto di poter fare tutto da solo».