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Chawinga: «In Malawi mi sono dovuta spogliare in campo per dimostrare che ero una ragazza»

L’ex Inter a Le Monde: «I miei mi picchiavano per non farmi giocare a calcio. Il mio allenatore dell’epoca mi ha aiutata a scappare in Svezia».

Chawinga: «In Malawi mi sono dovuta spogliare in campo per dimostrare che ero una ragazza»
Cm Milano 25/02/2023 - campionato di calcio serie A femminile / Inter-Fiorentina / foto Cristiano Mazzi/Image Sport nella foto: Chawinga Tabitha

L’attaccante del Psg Tabitha Chawinga la scorsa stagione è stata capocannoniera della Serie A femminile quando indossava la maglia dell’Inter. Nel suo momento di forma migliore a 27 anni, gioca ora in uno dei club femminili più affermati del mondo, dove continua a segnare tanti gol in campionato e Champions League. In un’intervista a Le Monde ha raccontato di quanto ha dovuto faticare da piccola nel Malawi, suo Paese natale, soprattutto per far accettare la sua passione ai genitori.

Chawinga: «I miei mi picchiavano per non farmi giocare a calcio, ma la mia perseveranza è stata più forte»

Il tuo senso del gol è una qualità naturale?

«Mi è sempre piaciuto segnare tanti gol e ho lavorato duramente per questo. Ma quando ero bambina, giocavo come portiera. Quindi, potrei fare anche altri ruoli in campo. Dall’anno scorso, in Italia, ho prestato più attenzione a contare quanti gol facessi; prima non era tra le mie priorità».

Sei cresciuta in un villaggio nel nord del Malawi dove il calcio non è visto per le bambine. Ma hai perseverato nonostante l’opposizione dei tuoi genitori…

«Lì non davano visibilità alle ragazze che giocavano a calcio. Era uno sport per uomini. I miei genitori non mi permettevano di giocare: mi dicevano che potevo fare al massimo basket. Ogni volta che andavo a giocare a calcio, mio padre e mia madre mi picchiavano quando tornavo. Non mi sono mai arresa. Una volta li ho sfidati: “Se volete che smetta di giocare a calcio, non dovrete più picchiarmi” ho detto. Per due/tre giorni non ho giocato, ma poi ho ricominciato di nuovo».

Hai già raccontato di essere stata costretta a spogliarti due volte sul campo per dimostrare che eri una ragazza, sotto richiesta degli avversari…

«Ho affrontato molte situazioni difficili in Malawi durante le partite. Non mi importava però, perché il mio obiettivo era avere successo. Vengo dalla povertà. Volevo quindi diventare qualcuno che potesse aiutare la sua famiglia. Ecco perché non mi sono mai arresa, non ho mai abbassato la testa. Ho sempre guardato avanti, al futuro».

All’età di 18 anni, lasci il Malawi per unirti a un club di terza divisione svedese…

«Un’americana, Melisa [Krnjaic, ex giocatrice che ha militato nell Sunshine, il club del Malawi di Chawinga], ha creduto in me e mi ha messo in contatto con un club svedese, dove aveva giocato. Il presidente del mio club, Mister Dumbe, che era anche il nostro allenatore, si occupò di ottenere un visto e pagare il biglietto aereo. Il mio obiettivo nel club era farmi vedere per poi giocare per un grande club. Poi Marta, grandissima calciatrice brasiliana, giocava in prima divisione svedese e quindi ero super motivata per farmi notare anche da lei».

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