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Pietrangeli: «Ancora la ricordo la sconfitta con Panatta. Quando me la sogno, cado dal letto»

A L’Equipe racconta il tennis godereccio: «spogliarelli, champagne a bizzeffe. Sentire i Beatles costava un marco e mezzo, nessuno li conosceva»

Pietrangeli: «Ancora la ricordo la sconfitta con Panatta. Quando me la sogno, cado dal letto»
Prince Albert of Monaco (L) and Italian former tennis champion Nicola Pietrangeli are pictured in the stands during the tennis Rome Masters final, Rafael Nadal of Spain against Roger Federer of Switzerland, 14 May 2006 in Rome. AFP PHOTO / ALBERTO PIZZOLI (Photo by ALBERTO PIZZOLI / AFP)

Nicola Pietrangeli è stato Sinner quando il tennis era una festa continua. Uno sport godereccio come pochi. Ricorda un po’ di aneddoti del passato intervistato da L’Equipe. “I soldi hanno cambiato tutto, una sconfitta o una vittoria in finale rappresentano una differenza di vincita di 500.000 euro mentre noi giocavamo per divertimento o al massimo per due panini. Non avevamo i mezzi per comportarci da pazzi. Nel 1960, ad Amburgo, andavamo in giro, c’erano i manifesti dei “The Beatles”, ci dicevamo ‘ma cosa sono i The Cockroaches (blatte, ndr)?’ Era la prima volta che lasciavano l’Inghilterra, il biglietto costava un marco e mezzo, birra compresa. Le feste memorabili furono a Monte-Carlo, con Gloria Butler nell’organizzazione (figlia di George Butler, che negli anni ’20 era stato l’artefice della costruzione del Monte-Carlo Country club, era lei a capo dell’organizzazione del torneo degli anni ’70). Erano sempre di giovedì, ecco perché i risultati più sorprendenti arrivavano il venerdì! C’erano artisti e attori, cantavamo, facevamo spogliarelli, champagne a bizzeffe. Una volta, con Ion Tiriac e Ilie Nastase, ci siamo travestiti e abbiamo formato un trio di donne brutte, era disgustoso da vedere! Un altro anno, mi sono svegliato in macchina alle 9 del mattino, non avevo idea di cosa fosse successo”.

Non c’erano rivalità – continua Pietrangeli – Ho viaggiato molto con gli spagnoli e i messicani che mi chiamavano Capitano. Quando finivano la loro partita chiedevano: Capitano, dove andiamo a cena stasera? Eravamo tutti amici, era davvero un’altra vita”.

“A Parigi il mio quartier generale era il Crazy Horse, vivevo con Alain Bernardin, il suo creatore. Anche io andavo spesso a Chez Régine, tutte le sere, anche l’anno del mio secondo Roland, e fino al giorno prima della finale, per scaramanzia. Non ricordo come festeggiai il primo titolo. Per il secondo siamo andati in un ristorante russo, il paese di mia madre. Niente di più”. 

Dice che la sconfitta che più gli ha fatto male è quella ai campionati italiani del 1970 contro Adriano Panatta: “vincevo 4-1 al quinto set e lì, per una volta, fui pretenzioso. Se lo sogno di notte, cado ancora dal letto, ma fu un passaggio di testimone tra vecchi e giovani”.

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