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Spalletti contro “la noia di essere benestanti”: un colpo alla playstation e uno a Fagioli

La battuta-esorcismo sulla “stanza dei giochi” si riferisce (anche) al gioco: una cazziata indiretta ai suoi milionari “indotti in tentazione”

Spalletti contro “la noia di essere benestanti”: un colpo alla playstation e uno a Fagioli
Italy's coach Luciano Spalletti looks on ahead of the Euro 2024 football tournament group C qualifying match between Italy and Ukraine, at Stadio San Siro in Milan, on September 12, 2023. (Photo by Gabriel BOUYS / AFP)

I giochi, il gioco. La playstation e la ludopatia. Il “vizio”. Spalletti unisce il patologico al dilettevole con una sola battuta in conferenza stampa, non si capisce quanto volutamente sibillina o inconsapevolmente riuscita: “Stiamo allestendo la stanza dei giochi, è quasi finita. Dobbiamo toglierci il vizio, la noia di essere benestanti.

La richiesta giornalistica è sul tormentone delle consolle figlie del demonio, capaci di rapire la socialità dei calciatori quando il ritiro dovrebbe essere la casa – la chiesa – del gruppo. Figurarsi prima d’un Europeo. Ma la “stanza dei giochi” è quella dei figli del ct, i milionari-bambini sempre con lo smartphone in mano e le cuffie sulle orecchie. Indotti alla deviazione, anzi in “tentazione”, come la chiama lo stesso Spalletti parlando di Fagioli: “Penso che meriti anche un po’ di comprensione, non ha scommesso sulle sue cose ma perché in preda a un momento di difficoltà e non ce la faceva a difendersi da questa tentazione”. Liberali dal male.

Il riferimento alla “noia” dei benestanti” non può non pescare nell’intervista di Fagioli a Veltroni per la Gazzetta dello Sport. Quella in cui Fagioli parla di “vuoto”, “noia”, “abisso”, “tornado” e si esprime così: “La noia mi ha rovinato la vita. Il successo non è un’armatura che resiste alla solitudine, non ti consente, come una corazza, di far rimbalzare le coltellate del tempo vuoto”. (Fagioli parla stranamente come Veltroni scrive, ma vabbé).

Quella di Spalletti è dunque una cazziata in contumacia ai suoi ragazzi “benestanti” (si fa per dire). Va letta tra le pieghe, nelle sfumature. Perché Spalletti sui temi morali s’è sempre autorappresentato integerrimo come un salafita afgano, salvo poi ripiegare sull’ecumenico “bravi ragazzi” quando s’è trattato di convocare Acerbi, il razzista-innocente-per-mancanza-di-prove. Stavolta la manda a dire, insomma. O forse no. Forse era solo una battuta. Un gioco.

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