A Sportweek: «Giocare nel Napoli sarebbe il coronamento di un sogno, mio da calciatore e di papà come tifoso. Ma pure mamma, che è veronese, dice che vorrebbe vivere a Napoli».
Sportweek intervista oggi Elia Caprile il portiere dell’Empoli, ma di proprietà del Napoli che quest’anno potrebbe tornare in azzurro
Ci pensi che potresti essere allenato da Conte?
«Divertente… Giocare nel Napoli sarebbe il coronamento di un sogno, mio da calciatore e di papà come tifoso. Ma pure mamma, che è veronese, dice che vorrebbe vivere a Napoli».
Papà napoletano e mamma veronese: in casa che dialetto si parla?
«Di norma nessuno dei due. Ma se papà attacca col suo, vuol dire che si sta incazzando… Però chi comanda è mamma Elisabetta. È sempre così, in casa, no?».
Ti senti più napoletano o più veronese?
«Cinquanta e cinquanta. Sono napoletano nella voglia di cibo: non è fame, è che, a me, mangiare piace proprio. So che non dovrei dirlo, ma sono troppo goloso. Davanti a una pizzanonmi tengo. Sono veneto per puntualità e perché sono “preciso” nella testa, ma anche papà è puntuale».
Un tuffo nel passato a quando ha cominciato a giocare a calcio
Caprile: «Volevo fare il portier»
Elia, eri un bambino quando sei entrato nel Cadore: se chiudi gli occhi, il primo ricordo che ti torna inmente è…?
«Le mie lacrime. Avevo 6 anni. Arrivo al campo e mi buttano in mezzo agli altri, a correre dietro alla palla. Io volevo stare in porta, ma gli istruttori non potevano immaginarlo, perché nessun bambino, di regola, vuole stare in porta. Così torno a casa incazzato nero e, piangendo a dirotto, annuncio: “Io non ci torno, là!”».
Ma perché ti eri messo in testa di fare il portiere?
«Perché ho cominciato nel 2006, quando l’Italia vince il Mondiale. La prima maglietta che mio padre Luigi mi portò a casa era proprio quella di Buffon in Nazionale, color oro».
Comunque, il giorno dopo torni…
«Mamma mi aveva detto: “Vuoi fare il portiere?E che problema c’è? Domani vai là e glielo dici”.Ho fatto così: immagina un nanerottolo che avanza impettito verso l’istruttore e gli fa, cercando di sembrare un“duro”: io voglio fare il portiere»