Da Natan a Olivera e Raspadori: ruolo per ruolo debunking sull’adattabilità dei calciatori al credo tattico del nuovo allenatore
Il calciomercato del Napoli (senza parlare di mercato)
Quando si è parlato per la prima volta di Antonio Conte conte allenatore del Napoli, cioè a ottobre scorso, la squadra azzurra era ancora impantanata nella dittatura autoimposta del 4-3-3. Non a caso, viene da dire, Rudi Garcia venne scelto come successore di Spalletti proprio perché in passato aveva praticato il modulo di gioco ormai iniettato nelle vene del Napoli. Fu ed era il presidente De Laurentiis a parlare in questi termini: in ogni intervista, e dopo lo scudetto ne ha concesse tantissime, il presidente diceva che avrebbe preso un tecnico in grado di interpretare il calcio a partire da quei tre numeretti a somma dieci, sempre gli stessi, ormai da dieci anni – ed ecco perché abbiamo parlato in termini di dittatura autoimposta.
Cosa c’entra tutto questo con Conte? Semplice: quando iniziò a materializzarsi la figura dell’allenatore salentino, molti giornalisti – al netto del prestigio e dell’aura di Conte – si dissero spaventati dalla rosa del Napoli, dal fatto che era stata allestita per giocare con il 4-3-3. E allora, visto che esonerare Garcia era una scelta inevitabile, sarebbe dovuto arrivare un (altro) allenatore che conosceva bene quel sistema. Fu così che arrivò Walter Mazzarri. Vale a dire, paradossalmente, un profeta della difesa a tre – uno dei primi in Italia – che fu costretto, via diktat presidenziale, a impostare il Napoli con il 4-3-3. Le conseguenze di quella scelta, come dire, le abbiamo viste e vissute sulla nostra pelle per tutto il resto della stagione.
Ora che Conte è arrivato davvero, è giusto chiedersi: ma la rosa del Napoli era – ed è – così inadatta alla difesa a tre amata da Conte? I dubbi e i tentennamenti di sette-otto mesi fa erano giustificati? Le risposte a queste domande, risposte che proveremo a dare in questo articolo, sono piuttosto sorprendenti. E, soprattutto, introducono al calciomercato del Napoli 2024/25. Lo fanno senza parlare del mercato che piace ai tifosi, ma partendo da un’analisi delle risorse interne, quelle che sono già a disposizione. Un approccio fondamentale, se si vuole guardare bene anche all’esterno.
Portiere e centrale
Partiamo dando per scontato che il nuovo allenatore del Napoli imposterà una linea difensiva a tre. A cui, purtroppo è un obbligo regolamentare, bisognerà aggiungere un portiere. Ecco, in questo senso il rinnovato investimento in fiducia fatto su Alex Meret rimanda al passato di Conte: quando arrivò all’Inter, il tecnico salentino si vide costretto a lavorare molto su Samir Handanovic, trasformato col tempo in un portiere abile – o quantomeno non elementare – nella prima costruzione.
Meret, proprio come il portiere sloveno a Milano, ha già “subito” questo processo durante l’esperienza condivisa con Spalletti. Ed è migliorato in quell’aspetto del suo gioco. Forse non in modo esponenziale, non in modo visibile, ma è vero pure che il Napoli campione d’Italia 22/23 era una squadra che palleggiava benissimo da dietro. E lo faceva passando anche da Meret. Che, in ogni caso, dovrebbe essere affiancato da Elia Caprile. Perché va bene la fiducia, ma bisogna guardare anche al futuro.
Il perno centrale della prossima difesa a tre, almeno per il momento, sarà Amir Rrahmani. Ed è una scelta logica: il difensore kosovaro ha il tempismo, l’intelligenza posizionale e la qualità di piede che servono per gestire il reparto. E anche per svolgere il ruolo di vertice basso nel rombo di costruzione amato da Conte, di solito composto dagli altri due difensori – da qui in poi braccetti, termine diventato di uso comune negli ultimi anni – e dal centromediano. Inoltre, come dire, la presenza di due “scudieri” al suo fianco permetterebbe a Rrahmani di mascherare il suo più grande limite: un’esplosività fisica non proprio accentuata, sia nel puro scatto che nelle battaglie corpo a corpo con gli attaccanti.
I braccetti
Ed eccoci arrivati a uno dei punti più interessanti di questa analisi: il Napoli 23/24, lo diciamo subito e in modo chiaro, era una squadra già pronta, almeno in potenza, per il calcio di Conte. Altro che dubbi, paure e tentennamenti. E il motivo andava e va ricercato proprio nel suo più grande difetto strutturale: l’assenza di un centrale di sinistra che, schierato di fianco a Rrahmani nella linea a quattro, permettesse agli azzurri di difendere alti e in modo aggressivo.
Insomma, per dirla brutalmente: De Laurentiis non aveva sostituito Koulibaly e Kim Min-jae con un difensore che avesse la stessa qualità, ma soprattutto le stesse caratteristiche. Passare stabilmente alla difesa a tre, quindi, sarebbe stato un modo per correggere questo errore. E basta guardare alla rosa degli azzurri per comprendere cosa diciamo: Ostigard, Natan, Di Lorenzo e Olivera sono tutti perfetti per giocare come terzi di una difesa a tre. Come braccetti.
Andiamo caso per caso: Ostigard è perfetto come braccetto armato, definiamolo così, per la sua prestanza fisica e per la sua aggressività sugli avversari. Natan, al Bragantino, ha sempre giocato esattamente in quel ruolo, terzo di una difesa a tre, e potenzialmente potrebbe essere una delle più grandi rivelazioni della prossima stagione: non sarà un centrale di prima fascia, ma in un reparto a tre potrebbe occupare più puntualmente la sua posizione, visto che le sue uscite a rompere la linea sarebbero più coperte; inoltre parliamo di un difensore che perde difficilmente i duelli individuali e che ha un buon piede sinistro, l’ideale per rendere più varia la costruzione dal basso. Magari con un lancio lungo e calibrato. Natan sul centro-sinistra, come se non bastasse, compenserebbe un braccetto di destra dall’approccio più offensivo, più abile nel fare regia portando palla. Sì, avete già capito di chi stiamo parlando.
Di Lorenzo (e Olivera)
Siamo arrivati a Giovanni Di Lorenzo. Che, al di là di problemi legati – evidentemente – ai suoi rapporti con il Napoli-società, dovrebbe pensarci due volte prima di andare via. Per un semplice motivo: potrebbe diventare il nuovo Darmian, ovvero un calciatore in grado di essere decisivo come terzo di difesa e anche come quinto di centrocampo in un sistema come quello di Conte.
Considerando la sua età e le sue qualità, il capitano dello scudetto 2023 potrebbe addirittura fare meglio del suo omologo interista: ha la stessa diligenza tattica, la stessa fisicità tosta ma non troppo muscolare, il che gli permette di correre con buona intensità per l’intera partita; in più, ha maggiore fantasia nei movimenti con e senza palla, basta ricordare i tantissimi tagli interni che effettuava quando c’era Spalletti. Tutte queste doti ne farebbero un perfetto braccetto di destra con licenza di avanzare, ma naturalmente potrebbero essere sfruttate anche schierandolo come quinto di centrocampo, come esterno a tutta fascia, visto che ha anche degli ottimi tempi di inserimento in fase conclusiva.
Sì, Di Lorenzo farebbe benissimo queste cose qui
Lo stesso identico discorso vale anche per Mati Olivera. Non a caso, viene da dire, negli ultimi giorni si è parlato di lui come virtuale braccetto di sinistra nella difesa a tre di Conte. In effetti, pensandoci bene, l’uruguagio ex Getafe ha caratteristiche difensive più spiccate ed evidenti, rispetto a Di Lorenzo. Non è più alto (entrambi sfiorano il metro e 85) del capitano ma è sicuramente più strutturato a livello muscolare, più propenso alla marcatura uomo su uomo, più portato all’anticipo netto, anche rischioso, che al contenimento degli avversari.
In ogni caso, naturalmente, Olivera potrebbe essere usato anche come quinto di centrocampo – al netto di una minor propensione ad aggredire l’area di rigore. Mário Rui, invece, è fisicamente troppo gracile per giocare in quello slot. Anche perché è sempre stato un terzino di possesso, non certo un laterale da scorribande palla al piede. Negli ultimi giorni si è parlato di un suo addio, e ovviamente anche questo non è un caso.
Il centrocampo
Siamo al reparto di mezzo. Qui è inevitabile sbizzarrirsi di più con la fantasia. Perché, banalmente, Conte potrebbe varare un 3-5-2 ma anche un 3-4-3. Sembra una differenza minima, chiaramente non lo è. In ogni caso, l’attuale organico del Napoli è composto da elementi in grado di interpretare entrambi i sistemi. A cominciare da Mazzocchi, che alla Salernitana ha dato il meglio di sé proprio come quinto di centrocampo, indifferentemente a destra o a sinistra.
Nel subreparto dei centrocampisti centrali, poi, il Napoli è più che coperto per entrambi i sistemi di gioco: Lobotka, Anguissa, Cajuste e Folorunsho, a cui possiamo aggiungere anche Gaetano come backup del regista slovacco, sono potenzialmente perfetti per interpretare le richieste di Conte. Lobotka, per esempio, sarebbe un’evoluzione davvero gustosa rispetto ai Pirlo e ai Brozovic che abbiamo visto brillare con il tecnico salentino: giocherebbe da vertice alto del rombo di costruzione, magari non muoverebbe il pallone sul lungo e/o sul corto ma creerebbe linee di passaggio tenendo la sfera attaccata al piede, toreando il pressing degli avversari, insomma potrebbe riprendere a essere il giocatore che abbiamo visto tra il 2021 e il 2023. Quando il Napoli era una squadra allenata a fare possesso palla in senso funzionale, proattivo, per far male agli avversari.
Rinfreschiamoci la memoria
In un ideale doble pivote, quindi in un ipotetico 3-4-3, accanto a Lobotka ci sarebbe Anguissa. Il vero Anguissa, non quello visto quest’anno, potrebbe accompagnare il regista slovacco, fargli da mezzadro, chiudere la cerniera difensiva e poi guiderebbe la transizione palla al piede. E la stessa cosa potrebbe fare Cajuste, che in un sistema capace di aprire spazi invitanti potrebbe far valere quei flash di qualità e fisicità intravisti nel buio della stagione 23/24.
Infine, piccola ma doverosa digressione su Michael Folorunsho. È chiaro che stiamo per esagerare, però il centrocampista della Nazionale – sì, Folorunsho andrà egli Europei e lo farà con pieno merito, vista la grande stagione vissuta a Verona – potrebbe essere un piccolo Vidal, nell’economia del nuovo Napoli. Soprattutto in un eventuale 3-5-2, l’ex Bari potrebbe interpretare il ruolo che era del cileno. Quello di mezzala d’assalto, dell’attaccante-ombra che parte da lontano e taglia dentro dopo i movimenti combinati della coppia d’attacco, sui cross che arrivano dalle fasce. Nell’Hellas di Baroni, a pensarci bene, è stato decisivo proprio in questo modo.
In avanti
Ok, Osimhen lo diamo per perso. Per ceduto. Che peccato, però: sarebbe perfetto per interpretare il ruolo di Lukaku, vista la sua esplosività, la sua capacità di attaccare lo spazio dopo aver difeso il pallone. Con Conte, paradossalmente, il centravanti nigeriano rappresenterebbe un’arma tattica formidabile, prima ancora che un grande terminale offensivo. Però, ripetiamo: andiamo oltre Osimhen, parliamo del 3-5-2 o del 3-4-3 senza indugiare troppo su chi lo sostituirà. Concentriamoci su altro.
Tipo, per esempio, sulla potenziale aderenza tra Kvaratskhelia, Lindstrom, Ngonge, Raspadori e anche Politano con il 3-4-3: tutti questi esterni offensivi potrebbero esprimersi al meglio sulle catene laterali, in spazi aperti grazie a una costruzione dal basso efficiente. Il meno adatto sarebbe Politano, un giocatore d’accumulo e d’attacco posizionale, più che un runner in grado di aggredire la profondità. E infatti, guarda un po’, si parla di un suo possibile trasferimento alla Roma. Certo, su questa suggestione di mercato incide anche l’esperienza non proprio felicissima vissuta con Conte, sei mesi da rincalzo nella stagione 2019/20, prima del trasferimento a Napoli. Ma in effetti Politano potrebbe anche essere sacrificato: il Napoli ha giocatori più giovani, più talentuosi e più liquidi che vanno valorizzati.
Raspadori (e il senso di Conte)
Anche perché c’è un’altra ipotesi da tenere in considerazione: quella del 3-5-2 puro, con Kvara seconda punta accanto all’erede di Osimhen. Con Simeone, Raspadori e anche Ngonge in grado di giocare in tutti e due i ruoli. Ecco, parliamo un attimo di Raspadori: prima abbiamo inserito l’ex Sassuolo nell’elenco dei possibili esterni del 3-4-3. È chiaro che avevamo in mente una versione più fluida del modulo, una sorta di 3-4-2-1 con due sottopunta che gravitano dietro il centravanti – una soluzione che sarebbe perfetta anche per sfruttare le qualità di Ngonge.
Ma Raspadori, in un ipotetico 3-5-2, potrebbe interpretare il gioco come Lautaro Martínez. Potrebbe cioè duettare con la prima punta, attaccherebbe l’area partendo da dietro, lascerebbe andare il suo tiro – di destro e di sinistro, è indifferente – in spazi più larghi. Con la porta spalancata davanti. Non male come idea.
È chiaro che, rispetto a Lautaro, Raspadori è una punta più atipica, meno rapace. Anche meno forte, si può dire senza essere tacciati di blasfemia. Il punto è che l’arrivo di un allenatore come Conte, un formidabile artigiano che forgia il talento attraverso il lavoro tattico sul campo, sugli uomini, permette di immaginare degli sviluppi ad ampio spettro. Permette, cioè, di pensare al Napoli come a una squadra con dei margini di miglioramento inesplorati. A livello tattico e quindi collettivo, ma anche e soprattutto a livello individuale. Perché al Napoli, in fondo, serve proprio questo: un tecnico in grado di far fruttare la qualità a disposizione. E Conte, da questo punto di vista, è una garanzia. Una garanzia assoluta.
Il Napoli di Conte, schierato ipoteticamente col 3-4-3 e col 3-5-2. Ci sono solo i giocatori attualmente in organico, a eccezione di Osimhen, Zielinski, Mário Rui e Juan Jesus.
Conclusioni
Sopra, come vedete, abbiamo realizzato due campetti che mettono un po’ d’ordine. Che, in pratica, trasportano sul campo l’analisi che abbiamo fatto finora. È chiaro, guardando e riguardando questi due schieramenti, che il Napoli debba ancora intervenire sul mercato. Ma ora chiaro anche dove è necessario – o comunque più urgente – intervenire. Ci sono dei ruoli da coprire proprio dal punto di vista numerico: in difesa manca almeno un centrale, così come manca un esterno a tutta fascia. Oltre, ovviamente, al nuovo centravanti.
Al netto di quello che avverrà nelle prossime settimane, cessioni comprese, la verità è che Conte ha già del materiale da cui partire. Per predicare il calcio che ama, quello che ha sempre fatto giocare. E questo è vero oggi, quindi era vero anche a ottobre scorso. Ma, in fondo, come dire: quando si tratta di accorgersi dei propri errori, e magari di correggerli, meglio tardi che mai.