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Gravina, con Mbappé capitano dell’Italia, sarebbe morto in conferenza stampa

“Noi non parliamo di politica, solo di calcio”. La Figc avrebbe imposto conferenza riparatrice, per par condicio. “Noi” siamo amici di tutti, fratelli d’Italia

Gravina, con Mbappé capitano dell’Italia, sarebbe morto in conferenza stampa
Ci Bari 14/10/2023 - qualificazioni Euro 2024 / Italia-Malta / foto Carmelo Imbesi/Image Sport nella foto: Gabriele Gravina

Fosse capitato a Gravina, un capitano della Nazionale che – d’emblée – va in conferenza stampa a fare campagna elettorale, ora staremmo pubblicando il coccodrillo del presidente della nostra Federcalcio venuto a mancare per un coccolone improvviso. Nel frattempo la macchina “endofederale” avrebbe convocato una conferenza di riparazione, e piazzato davanti ai giornalisti un centravanti qualunque a perorare la causa dell’altra parte politica. Mbappé invita a votare contro Le Pen? E allora ecco un Giroud che endorsa il Rassemblement National. 

Ma tranquilli, è distopia. Capitan Donnarumma manco con l’arbitro può parlare, ha delegato Jorginho. E il capitano dell’Europeo precedente, Chiellini, è passato alla storia per la promessa di “fare qualcosa contro i nazisti” mentre i suoi compagni (non) s’inginocchiavano in ordine sparso per il Black Lives Matter. Spoiler: non ha fatto niente, intanto s’è ritirato. Nascosto dalla coltre di paillettes della festa, resiste il cadavere mummificato di quella figuraccia: gli Azzurri tentennanti, alcuni genuflessi, altri no, qualcuno ad accennare uno squat parecchio impacciato: era solo riscaldamento, che volete da me?

L’Equipe stamattina si gode questa “intersezione” di eventi epocali: l’Europeo dopo le europee, senza compartimenti stagni. I giocatori che si scoprono esseri umani, e non alieni qualunquisti. Come ha detto Mbappè? Ah sì: “Siamo prima di tutto cittadini”. Gente che espone opinioni: non arrendiamoci all’estrema destra. Ma di che parlano?

Da queste parti il calcio è l’ultimo territorio davvero neutrale della Terra. Le uniche minoranze sono quelle solitamente “sparute”, “di cretini”. Il resto è retorica plasticosa, risposte scongelate e tutto l’armamentario di invisibilità che insegnano fin dalla scuola calcio. Restiamo urlatori invasati dell’inno: stringiamci a coorte, che siam pronti alla morte (SÌ!) ma non a prendere una posizione plateale (NÌ’!). Che sia razzismo, omofobia, diritti, elezioni: siamo italiani e giochiamo a pallone. Stop.

Frattesi ci ha riportato all’Italia che conosciamo, all’Italia di Gravina

E infatti quando sul tema un giornalista ha teso un mezzo agguato (siamo ironici) alla conferenza di Frattesi (ha fatto una domanda, quel senzadio), immediatamente è scattato il responsabile della comunicazione della Nazionale: Noi non parliamo di politica, noi parliamo di calcio“. Frattesi – l’altra parte del “noi” – ha ammorbidito: “Credo sia giusto esprimersi, ognuno deve portare avanti i propri ideali. Però non ho seguito la vicenda. Ognuno è libero di esprimersi nel rispetto di tutti“. Amen.

Lasciamo lo sport fuori dalla politica, è un tormentone. E noi siamo fuoriclasse: qui dabbasso non può sfuggirci l’occasione di mimetizzarci nell’endemico ponziopilatismo. Thuram e Mbappé facciano come credono (ma anche i nazionali georgiani, che lottavano settimane fa contro la “Putinizzazione” del loro parlamento) sono stranieri: non sanno campà, non hanno il bidet.

L’Italia invece è orgogliosa della sua anima democristiana, per questioni d’opportunità e d’opportunismo. Quando “scende in campo” la Nazionale, non è mai una metafora: è solo una partita, due calci a un pallone, e tre interviste ruminate chissà quanto. Potessero farlo, i nostri si fingerebbero morti al fischio finale, come undici opossum, pur di non dover testimoniare al mondo – ogni volta, con malcelato imbarazzo – che siamo italiani mica per caso: “noi” siamo amici di tutti, fratelli d’Italia.

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