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Conte sapeva dei tanti malumori quando ha accettato la panchina del Napoli (Gazzetta)

Sarà lui a rimettere regole e rispetto all’interno dello spogliatoio. I mal di pancia di alcuni big stanno indispettendo il club

Conte sapeva dei tanti malumori quando ha accettato la panchina del Napoli (Gazzetta)
2022 archivio Image Sport / Calcio / Tottenham / Antonio Conte / foto Imago/Image Sport ONLY ITALY

Conte sapeva dei tanti malumori quando ha accettato la panchina del Napoli. Lo scrive la Gazzetta dello Sport.

Il problema di non avere impegni internazionali è proprio questo: la panchina lunga rischia di diventare un peso, specie per chi ha voglia di giocare e sentirsi ancora al centro di un progetto. I malumori hanno condizionato l’ultima stagione del Napoli e mal di pancia di alcuni big stanno indispettendo il club in questa fase di avvicinamento all’anno della rifondazione. Antonio Conte sapeva già della situazione quando ha accettato la panchina del Napoli e sarà lui a rimettere regole e rispetto all’interno dello spogliatoio.

Conte dovrà essere uomo di feroce rottura con le napoletanerie, altrimenti sarà travolto (Napolista)

Le parole del ragioner Ugo Mamuka Jugeli hanno ravvivato un’altrimenti sonnolenta domenica sera di mezza estate. Tralasciando la scarsa efficacia delle affermazioni, che sono un grido di dolore ed una manifesta incapacità. Come accade da circa un ventennio a questa parte, ogni dichiarazione, ogni spiffero, ogni refolo di vento solleva l’intero arco costituzionale del tifo napoletano, scatenando risse social, che sono il segnale di quanto la chiacchiera intorno al calcio abbia sostituito le vibranti passioni ed i fragorosi fallimenti della politica attiva da parte dei cittadini. Nelle varie correnti che animano il Partito Napoli, si fanno largo a spintoni, sempre più dominanti, sempre più ottusamente machisti, i celoduristi di bossiana memoria. Un leghismo d’antan, quello autentico, non annacquato dal salvinismo fatto di patch, citofonate e figuracce. I vecchi “cumenda” lumbard brillantemente hanno sintetizzato il tutto nel motto: “lavoro, pago, spendo, pretendo”. La proposta dell’ala durista è tanto basic quanto scontata: panchiniamo Kvara. Lo teniamo in ostaggio tre anni. Tanto il contratto è lungo, costa anche poco. Lui perde tre anni di carriera. Linea dura insomma, ma che in verità nel recente passato non ha prodotto grossi risultati.

Certamente il lungo tira e molla tra società, che fa le proprie legittime scelte in costanza di contratto, e il calciatore che non viene adeguatamente remunerato rispetto al proprio apporto in campo (ha segnato i gol salvezza con Cagliari e Verona in casa), non gioverà ad un buon clima in ambito di trattativa. L’ombra del tira e molla semestrale con Osimhen si staglia sempre più all’orizzonte. Magari a Manna ed Oriali riesce il primo capolavoro diplomatico della propria gestione e chiudono il rinnovo in un biz, in attesa della bollinatura chiavelliana. Le solite sfiancanti trattative in casa Napoli, che vengono narrate come una marcia trionfale e spesso finiscono per essere un boomerang, hanno nociuto molto più al Napoli che ai tesserati o ex. Ad oggi il nigeriano è regolarmente inserito nella lista dei convocati per Dimaro. Sappiamo da un anno che un ingaggio tanto pesante, in qualsiasi spogliatoio del mondo, sia un virus. Ma evidentemente il Napoli è sicuro di cedere il calciatore. Magari potrebbe somministrarsi qualche antibiotico contro la sindrome del paltò di Napoleone. Cosa che in passato non ha fatto. Osimhen, già lo è, Kvara potrebbe diventarlo a breve. Sono due nuovi capitoli che si vanno/andrebbero ad aggiungere al libro delle “ricche cessioni mancate” edizioni Chiavelli-De Laurentiis, di cui già fanno parte Allan, Koulibaly e perché no Zielinski, Mertens e Insigne.
Conte deve riportare l’ambiente sulla terra

Conta dovrà riportare Napoli sulla terra

Antonio Conte è un grandissimo allenatore, a lui l’arduo compito di riportare il Lille italiano sulla terra. Il Napoli società e i celoduristi, dell’ala oltranzista, ancora sono convinti che la società sia campione d’Italia. Il decimo posto, che non è stato sfortuna, non ha fatto fare un bagno di umiltà a nessuno in società. Pretendere cifre iperboliche per un giocatore irripetibile, ma sottopagato, è lunare. Nemmeno il tira e molla per Zielinski con gli arabi ha insegnato. La mozione degli affetti ogni qualvolta viene ventilata l’ipotesi di cessione o ammiccamenti verso altri società è patetico. Come avere il tweet nelle bozze per ogni intemerata di procuratore. Il Napoli è una società di passaggio. Un approdo ambito per giocatori che cercano l’affermazione nel grande calcio e che utilizzano un trampolino che ha sempre dato una chance a chi è stato in grado di coglierla. La mozione degli affetti nel calcio non funziona. Utilizzarla come arma di ricatto, per poi gridare al rinnegato o al voltabandiera, da l’esatta dimensione di cosa sia diventata gran parte della tifoseria azzurra, che prega una solo dio, ma come i bambini nega l’inesistenza di babbo natale. Siamo messi maluccio insomma. Bisogna evolversi. Ma fin quando verrà veicolata la narrazione del traditore e dello juventino, il dibattito calcistico faticherà ad evolversi. E la tifoseria di seguito.

Porti un po’ di Churchill, signor Conte

Mettere in panchina il miglior giocatore degli ultimi due anni, per distacco, rispetto ai compagni di squadra, non dovrebbe essere tra le prime opzioni di Antonio Conte. Il quale si troverà adesso a gestire, suo malgrado, tutta la risacca di percolato che la stagione disastrosa appena trascorsa ha prodotto. Stagione gettata al vento in attesa di Conte? Bullshit. A naso Conte, a differenza dei democristiani di un tempo, non ci sembra tanto incline al compromesso. Anche se con De Laurentiis i risultati del campo e una gestione in utile potrebbero procedere su “convergenze parallele”, ossimoro quanto mai efficace per tratteggiare due personalità tanto agli antipodi, che insieme sembrano perfette. Nell’imminente conferenza stampa di presentazione, che lo incoronerà Conte, Antonio I Re di Partenope, dovrà churchillianamente riportare tutti all’amara realtà di lacrime e sangue. Quella è l’unica garanzia per un Napoli di nuovo in orbita. Dovrà mettere in mostra una discontinuità vera, e non di facciata, prendendo le distanze dalle napoletanerie societarie e dei tifosi. Ci preoccupa però una certa inclinazione neomelodica da parte del mister.
Ma vabbè, nessuno è perfetto.
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