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Gravina è il Biden del calcio italiano (ma nessuno è estraneo al disastro)

Dal Riformista. L’intera baracca si regge su un molle ammasso di reciproci favori, familismo, convenienze di corto respiro.

Gravina è il Biden del calcio italiano (ma nessuno è estraneo al disastro)
Db Roma 17/11/2023 - qualificazione Euro 2024 / Italia-Macedonia del Nord / foto Daniele Buffa/Image Sport nella foto: Gabriele Gravina

Gravina è il Biden del calcio italiano (ma nessuno è estraneo al disastro)

La decadenza del calcio italiano porta con sé i germi della decadenza dell’Occidente. Con gli evidenti distinguo, naturalmente. Ma la figura di Gabriele Gravina (numero uno della Federcalcio) non è poi così dissimile da quella di Joe Biden. I fatti ululano l’inadeguatezza di entrambi ma il sistema è talmente corroso che non ha la forza di combatterli ed espellerli, preferisce rimanere lì ad aspettare il disastro. È la versione politica di Don’t look up. Con la variante che il disastro può essere reiterato. Anche perché nel frattempo ci si abitua. La prima mancata qualificazione al Mondiale provocò un’ondata di indignazione. La seconda già meno. Il fallimento agli Europei ci ha trovato tutto sommato preparati. Qualche borbottio e poi tutto è calato nel silenzio.

Gravina, la specificità italiana in un sistema che fa acqua globalmente

Gravina è il rappresentante italiano di un sistema che già globalmente non se la passa benissimo. Il calcio è in difficoltà un po’ ovunque, persino l’Arabia Saudita ha scoperto che non bastano spruzzate di dollari per garantirsi lo show business. In Francia la battaglia sui diritti tv rischia di far fallire la metà dei club. In Inghilterra la squadra che ha dominato negli ultimi anni, il Manchester City, è sotto processo per doping finanziario. La Fifa – il governo mondiale del calcio – non riesce a trovare gli sponsor per organizzare il Mondiale per club. Il prodotto calcio vive una crisi a livello globale. I calciatori guadagnano troppo. Mediatori, procuratori, faccendieri sono proliferati. La partita di 90 minuti più recupero è considerata dalla generazione Z un prodotto obsoleto, lungo e noioso.

In questo scenario si è poi innestata una specificità italiana. Da anni il nostro calcio si è convintamente allontanato da una qualsivoglia idea di meritocrazia e ha optato per un più rassicurante metodo di cooptazione. Di conseguenza ora l’intera baracca si regge su un molle ammasso di reciproci favori, familismo, convenienze di corto respiro. Chessò, il presidente del Coni Malagò si mostra rammaricato per gli Europei ma il suo obiettivo è ottenere un altro mandato: perché inimicarsi il presidente della Federcalcio? Presidente la cui compagna è Francisca Ibarra, sorella dell’ex amministratore delegato di Sky, Maximo Ibarra. Sono solo due tra mille esempi di cuginanza. Il risultato è che bene o male sono tutti coinvolti, tutti legati a doppio filo. Non c’è una vera e propria battaglia politica, con fronti contrapposti, idee e programmi diversi. La parola d’ordine comune è: sopravvivere.

(prosegue sul Riformista)

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