A calcio si gioca in mille modi. È più ridicola che da Minculpop l’idea di decidere a tavolino che cosa sia bello e cosa no su un campo di pallone
È più bellezza il gol di Kvara dopo 22 tocchi o il City del vate Guardiola che segna su rilancio del portiere?
C’è agitazione nel dipartimento estetica del tifo del Napoli. Qualcuno nei vicoli di Napoli sta incrinando la megabufala della bellezza associata al calcio, o meglio associata a un unico modo di fare calcio. Come se andare in porta per linee verticali fosse una diminutio. Come se realmente avessimo canonizzato che cos’è la bellezza nel calcio. E cioè precedere per linee orizzontali fino allo sfinimento degli avversari e degli spettatori.
Il Napoli di Conte nell’azione del secondo gol ha raggiunto un compromessi. Ventidue tocchi (o ventuno), con gioco addormentato, pallone che torna indietro prima di infilare la difesa cagliaritana in verticale con Lukaku (che il sinistro sa usarlo) e Kvara che segna un gol che ai più in là con gli ha richiamato alla memoria quello di Alemao a Stoccarda (“c’è un buco per Alemao”).
Ne ha scritto Alfonso Fasano nell’analisi tattica di cui riportiamo i due brani in questione:
In realtà tutte queste cose non sono andate perdute, anzi. E per capire cosa intendiamo basta guardare il secondo gol della partita di Cagliari. Ve lo descriviamo prima delle immagini, dando un po’ di contesto: al termine di un periodo di partita in cui aveva subito l’onda d’urto generata dagli avversari – ne parleremo, così come diremo anche della reazione moscia degli azzurri dopo l’interruzione nel primo tempo – e quindi sembrava aver perso il controllo, il Napoli ha proprio usato il possesso palla per riprendere le giuste distanze e ridare il giusto ritmo a se stesso e alla partita. E proprio un rondò arretrato old style, concluso però con un laserpass verticale su sovrapposizione interna di Di Lorenzo e con il consueto appoggio verticale su Lukaku, ha creato i presupposti per il gol:
È un gol bello, ma soprattutto tattico. Perché spiega come funziona e come funzionerà il Napoli di Conte. Il lavoro del nuovo allenatore parte da alcuni concetti che sono – l’abbiamo visto, lo vediamo da settimane – completamente nuovi, per la squadra azzurra. Questi concetti si aggiungono a una memoria tattica e muscolare che però non è stata cancellata: è stata espansa. Anzi, diciamola meglio: è in via di espansione. Anche perché essere identitari ma vari, nella propria proposta di gioco, è la strada migliore per poter sfruttare ogni situazione. Per esempio il momento in cui il Cagliari ha dovuto tirare il fiato dopo una mezz’ora giocata a cento all’ora.
A pallone si può giocare in mille modi. Per fortuna. Il primo gol al Bologna, quello di Di Lorenzo, è un delizioso schema in verticale chiuso splendidamente dal capitano. Ma qualcuno può dire che non furono bellezza l’uno-due con cui il Manchester United di Ferguson strappò nei minuti di recupero la Champions al Bayern di Monaco? Potremmo proseguire con i tackle che hanno fatto la storia del calcio, più del tacco sopraffino con cui Madjer pose le basi per la storica Champions conquistata dal Porto (vittima sempre il Bayern: segnò pure Juary). L’unico aspetto grottesco è questa idea – più ridicola che da Minculpop – di decidere a tavolino che cosa sia la bellezza nel calcio. Per fortuna sono lontani i tempi in cui ci veniva richiesto di esultare per aver costretto il Real Madrid a buttare la palla in fallo laterale per poi perdere 1-3. La bellezza è sporcarsi le mani e giocare a pallone. Il resto, come abbiamo ripetuto mille volte, è una missione ideologica trascinata a forza su un campo da calcio. Sabato scorso, il Manchester City di Pep Guardiola (infinitamente più intelligente di tanti suoi ottusi adepti) ha segnato la rete del 2-1 direttamente su lancio del portiere per Haaland che si è liberato del difensore e ha segnato. In gol con due tocchi. Orrore. Blasfemia.