Li sostituisce e nessuno fiata. Ha il coraggio di cambiare. È onesto con i tifosi sulla juventinità. Ha riportato il pallone, quello vero, mondato dell’estetica
Conte in soli due mesi ha eliminato ogni traccia del disastro del Napoli scorso
Due mesi di lavoro e i meriti di Antonio Conte cominciano a essere numerosi. Non possiamo non cominciare da quelli a noi più cari. Conte va insignito di un riconoscimento pubblico per aver definitivamente seppellito l’adolescenziale dibattito sulla bellezza (qui il pezzo definitivo di Alfonso Fasano). Se qualcuno ancora si agitava, dopo Juventus-Napoli si è ritirato in buon ordine. È tornato il calcio. È tornato il pallone, quello vero.
Stamattina abbiamo incontrato una persona che ci ha detto una frase meravigliosa: «È stata una partita seria». Perfetto. Seria. E seriamente l’ha affrontata Conte col suo Napoli. Lo ha fatto mandando in soffitta la difesa a tre (non lo avremmo mai immaginato) e dimostrando ancora una volta che quei tre numerini non contano niente, non dicono nulla. Il Napoli non ha praticamente lasciato spiragli alla Juventus. Un solo tiro degno di questo nome (alto) e nessuna parata dei due portieri che si sono avvicendati nella porta del Napoli. È stata una partita da squadra matura, consapevole.
In soli due mesi di lavoro, non c’è più traccia del disastro della scorsa stagione. Non c’è più traccia nella testa dei calciatori. Di Lorenzo è un’altra persona. Anguissa è un altro giocatore. Rrahmani è tornato Rrahmani. Vanno in campo con una determinazione che non si vede dall’annata dello scudetto. Conte è riuscito a portarli dalla sua parte. Li ha convinti ad aderire a un progetto che non conosciamo interamente. Li ha convinti che i palazzi si costruiscono mattone dopo mattone. Ed è ben consapevole che ieri è stato fissato un pilastro.
Era fondamentale non perdere in casa della Juventus. Ed è del tutto ininfluente discutere oggi della forza della squadra di Thiago Motta. È la Juventus. Era il primo esame vero. In trasferta. E il Napoli lo ha superato a pieni voti. A livello nazionale il paziente a cui fare una diagnosi è la creatura di Thiago Motta, non certo quella di Conte. Sotto processo c’è la Juve di Giuntoli e Motta.
Conte e il coraggio di cambiare
Il Napoli ha pareggiato senza soffrire. Ha pareggiato tenendo il campo. E ha avuto le occasioni migliori. Non solo. Ma Antonio Conte ha dimostrato che sì, certamente ci sono i titolari, anche i titolarissimi, ma quando c’è da raggiungere l’obiettivo nessuno è intoccabile. Quelle tre sostituzioni al minuto 70 – tutto il tridente – senza che nessuno fiatasse, costituiscono la prova che l’autorità di Conte è unanimemente riconosciuta. Lo scorso anno, di questi tempi, eravamo impelagati nelle discussioni sulle reazioni di Kvara e Osimhen alle sostituzioni di Garcia. Ieri zero. Conte ha tolto Lukaku, Kvara e Politano e nessuno ha avuto nulla ridire. Men che meno i tre diretti interessati.
A Conte va riconosciuto il coraggio di aver cambiato in una partita che era un crocevia fondamentale. Una sconfitta a Torino avrebbe aperto il vaso di pandora delle polemiche, anche per la sua juventinità (ci torneremo). Difesa a quattro. Spazio a McTominay (giocatore vero). E quelle dichiarazioni nel post-partita sull’importanza, in soli due mesi, di aver acquisito nozioni per giocare in due modi diversi. È il passaggio all’età adulta.
Il capitolo Juventus. Nessuno a Napoli aveva mai parlato come Conte. Sta facendo accettare il suo passato e il suo legame con la squadra da sempre detestata a queste latitudini. Senza il benché minimo di accenno di populismo. E la sua franchezza funziona. Magari facilitato dai risultati. Anche chi vorrebbe gridare la propria insofferenza, deve tacere di fronte a quattro risultati consecutivi e al pareggio in casa di quelli.
Quel che abbiamo fin qui elencato sarebbe già un ottimo consuntivo della prima stagione napoletana di Conte. E invece non siamo neanche a ottobre.
Un passaggio su Lukaku. Chi conosce Lukaku, non si aspettava una partita diversa ieri sera allo Stadium. Lukaku deve fare la differenza nelle partite con le squadre medio-piccole. Poi, col tempo, ci auguriamo che possa farla anche negli scontri diretti. Ma contro Bremer e contro una difesa che in campionato non ha ancora subito gol, ci sembra del tutto naturale che Lukaku possa risultare anestetizzato. È da folli pretendere che ogni partita segni un gol e fornisca un assist. E torniamo alla differenza tra calcio da Playstation e pallone. Siamo tornati al pallone.
Il laboratorio Conte è più aperto che mai. È cominciato il lavoro sui calciatori: tattico, tecnico, mentale. È un processo che non sappiamo dove potrà portare il Napoli. Sappiamo però che Conte ce l’ha ben chiaro in testa. Quel che ci interessa è che al 22 settembre il Napoli erede della sciagurata stagione passata, è già una squadra. Ed è una squadra che somiglia tantissimo a una squadra allenata da Antonio Conte.