Va oltre i rafaeliti, i sarriti, gli ancelottiani. Trascina una tifoseria che dopo lo scudetto ancora vive la Juventus come la partita della vita
CONTE, IL COACH BRITISH CHE ZITTISCE TUTTI
Mario dice che è sbagliato stravolgere la formazione perché servono i titolari e dopo un mese Conte non ha definito ancora il modulo. Mario, però, diceva questo anche di Benitez, Sarri, Ancelotti e Spalletti mentre sorseggia il suo caffè. Invece mister Conte ne cambia dieci e vince 5-0 contro il Palermo con Ngonge che fa il fenomeno e Neres le piroette mentre Gilmour e McTominay sembrano già veterani in azzurro.
“Rafaeliti” (seguaci di Benitez, ndr), “sarristi”, nostalgici di Re Carlo e di “Spallettone” per ora tacciono. Antonio ha sbaragliato tutto e spiazzato tutti, non conta se non ha ancora modulo e titolari. Lui ha capito dove risiede il principale problema di Napoli e dei napoletani: è la mentalità, la testa. Sprovincializzare una città che dopo un terzo scudetto carica ancora la partita contro la Juventus come la madre di tutte le battaglie. È qui che il coach british-pugliese ha agito in questi due mesi per archiviare il disastro dello scorso anno e per ammainare la bandiera del tiki taka spettacolare con una difesa più arcigna e compatta.
Il gioco? Poi si vede. Al massimo palla a Kvara e big Rom e ci pensano loro. Il coach può permettersi di sostituirli pure a venti minuti dalla fine di Juve-Napoli e nessuno fiata, innanzitutto gli stessi calciatori. Poi però si presenta con 4-2-4 in Coppa Italia mentre la tifoseria vedeva i fantasmi del Frosinone. Arriva il 5-0, tutti zitti bis.
I tifosi si esaltano e lui placa l’ambiente, la piazza si deprime e lui galvanizza un gruppo dove ha voluto gli scozzesi per alzare il tiro del carattere e dell’aggressività facendo respirare un po’ di aria da Premier League sotto il Vesuvio. Vota Antonio, diceva Totò. Le impressioni di settembre del nuovo allenatore sono positive, il tifoso napoletano ha l’occasione di crescere e non abbracciare la fede del “bel gioco” ma quella di un team che vuole vincere e basta. Eccetto Mario, ovviamente, che borbotta e ancora ripensa a Sivori, Juliano e a quel maledetto gol di Altafini con cui perse lo scudetto 50 anni fa. Noi invece pensiamo al prossimo tricolore. E al Monza domenica sera.