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Al Bar Novecento si parla di alieni

Il prepartita non era stato come gli altri, al bar Novecento. Nella memoria di tutti, gestori e avventori, il nobile Cellino e il suo delicato labiale avevano lasciato il segno, con tutti i gol subiti (e fatti, ma in minor misura) nei minuti di recupero.
Lino mi aveva detto, nel pomeriggio: “dotto’, io ci metto la firma per due pareggi, a Cagliari e a Lazio” (la toponomastica è così, al bar Novecento: si intitolano le città alle società sportive) “due punti e passa la paura.” Gianni invece la pensava diversamente: “tu con questa squadra non devi mai mettere firme. Questi sono ragazzi, sono forti e non lo sanno, quindi certe volte vanno in paura e perdono le partite, certe altre vincono quelle che sembrano perse. No, no: io non firmo. Secondo me tra Cagliari e Lazio una sorpresa ce la fanno.”
Senza smettere di piastrare panini, Antonio mormorava: “eh, ma comunque la squadra è incompleta e se i titolari se ne scendono, come se ne stanno scendendo i vari Dossena, Maggio e Hamsik, può essere pure che acchiappiamo uno di quei famosi mazziatoni che ci fanno camminare storti per una decina di giorni.” Insomma, punti di vista diversi, ma la comune convinzione che il match era diverso dagli altri, quelli che si segnano in rosso sul calendario. Perfino il misterioso e competente avventore fisso col berretto da ciclista era intervenuto per rinviare a tristi precedenti con l’arbitro designato, provocando in tutti un irresistibile prurito all’inguine.
Stamattina, entrando per il mio primo caffè, ho trovato un’atmosfera nei confronti della quale Eurodisney sembrava le esequie di un amato nonno. Gianni, sorridendo tra le nebbie di vapore, mi ha salutato così: “dotto’, venite, oggi il caffè è gratis, offre la ditta. La faccia verde di Cellino non ha prezzo!” L’uomo col berretto cerca di interloquire (“ma non è certo il Cagliari di Allegri o Ballardini…”) e viene zittito da Lino con uno scappellotto che gli sposta il copricapo sugli occhi: “ma statti zitto, che abbiamo dominato! Lavezzi non è umano, ma l’hai visto che quando scattava sembravano fermi, gli altri?”
Insomma, tra la faccia verde di Cellino e la non umanità di Lavezzi ieri a Cagliari c’erano gli alieni.
Antonio scuote il testone: “attenti, però, con tutto ‘sto trionfo. Cominciano a farsi male, i titolari. Ieri zoppicavano Campagnaro, Dossena, Aronica e Santacroce. Pazienza non era nemmeno partito e Gargano è stato ammonito e sarà squalificato.” Gianni non ci sta a farsi rovinare l’umore: “ma gli altri stanno peggio. L’hai vista l’Inter? Stanno giocando i bambini, adesso. E infatti li abbiamo pure superati.” Lino aggiunge: “e comunque noi stiamo festeggiando non per la classifica, ma perché abbiamo fatto rimangiare le parole ‘napoletani bastardi’ a quel facciaverde di Cellino, ecco perché. E ti dico una cosa: ci sta più gusto a vincere così che dieci a zero. Il Pocho si butta in faccia ai cartelloni, e io ho fatto la stessa cosa col divano di casa.”
Però quello che dice Antonio mi pare giusto, e lo dico: se cominciamo a perdere pezzi, adesso che i campi sono pesanti e che i tre punti cominciano a pesare di più, la rosa ristretta può diventare un problema.
Gianni però obietta: “è vero, dotto’; ma mi dovete pure dire, ve lo credevate che Yebda non faceva sentire per niente la mancanza di Pazienza? E pure Sosa non è andato male, fino a quando è rimasto in campo. Poi Santacroce ieri e Cribari e Vitale domenica ci sono piaciuti. Insomma, sarà che i titolari non è che stanno facendo benissimo, ma a me le riserve vanno più che bene.”
Antonio fa la Cassandra: “una cosa è il Parma, e pure questo Cagliari, un’altra è una Lazio idrofoba che ha perso due partite e torna davanti al pubblico suo che si credeva che stava per vincere il campionato. Domenica è tosta, ve lo dico io. A ora di pranzo, poi, che è sempre difficile.”
Lino ride: “e vuol dire che ce li mangiamo, che è pure l’ora giusta. Falli attaccare, che questo Napoli se ti scopri ti punisce. E comunque, io firmavo per due punti in due partite e già ne tengo tre. Quindi vado tranquillo e mi godo la partita.”
Non ci crede nessuno a Lino che si guarda tranquillamente la partita. Preferiamo immaginarlo che prende il divano a testate, mentre il Pocho si butta sui cartelloni dell’Olimpico.
Maurizio de Giovanni, 11 novembre 2010

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