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L’assurdo dibattito su Klopp alla Red Bull nasce dalla tendenza a considerare gli allenatori divinità morali (Guardian)

“Questo milionario in tuta ha lavorato 9 anni per finanzieri americani, ne hanno fatto una specie di rivoluzionario anti-corporativo”

L’assurdo dibattito su Klopp alla Red Bull nasce dalla tendenza a considerare gli allenatori divinità morali (Guardian)
Mg Parigi (Francia) 28/05/2022 - finale Champions League / Liverpool-Real Madrid / foto Matteo Gribaudi/Image Sport nella foto: Jurgen Klopp

Jürgen Klopp “capo mondiale” delle squadre di calcio della scuderia Red Bull ha scatenato un dibattito enorme. Klopp è una figura idealizzata e il suo incarico è stato visto, soprattutto in Germania, come se si fosse venduto al dio denaro. Editoriali su editoriali. Ne scrive per il Guardian Jonathan Liew: “Se un ritorno all’attività di allenatore è l’obiettivo principale di questa mossa, allora questo sembra un modo piuttosto strano di procedere”.

“Invece, sembra il genere di cose che fai quando non sei ancora sicuro di cosa vuoi fare”. “Forse la parte più significativa della giustificazione di Klopp per aver accettato l’incarico è quando esprime il suo desiderio di “imparare di nuovo”, di godersi il lusso del calcio come un’attività puramente intellettuale, senza la tirannia delle classifiche o l’obbligo di dover spiegare se stesso davanti alle telecamere diverse volte a settimana. Questo potrebbe essere il preludio a una carriera da allenatore riavviata, Klopp 4.0 con una tasca piena di nuovi trucchi. Oppure potrebbe essere l’inizio di una lunga rimbambimento nell’incompreso mondo sotterraneo dell’amministrazione calcistica”. Insomma, alla Wenger.

Quindi questo riguarda la logica calcistica. Ma naturalmente ci sono altre dimensioni in questa decisione, come è diventato abbondantemente evidente quando è uscito l’annuncio. Tra i tifosi del Borussia Dortmund c’è rabbia per la prospettiva che il loro leggendario allenatore forgi un’alleanza con il loro nemico ideologico.

“Tra i tifosi dei rivali del Liverpool, nel frattempo, regna una specie di sordida allegria: l’idea che prendere il dollaro malvagio dell’energy drink sia una specie di enorme auto-appropriazione, un atto di ipocrisia di rango, lo smascheramento atteso da tempo di uno dei messia più fraudolenti del calcio inglese”.

Ma è un discorso, scrive Liew, che ha più a che fare “la caricatura creata attorno a lui: la fusione consacrata dal tempo della virtù sportiva con la cosa reale”. “Cinque minuti trascorsi a guardare la televisione tedesca, dove Klopp può essere visto smerciare di tutto, dalla birra alle biciclette Peloton ai piani di investimento, vi daranno una buona idea di dove si colloca sul capitalismo. L’idea che questo milionario in tuta da ginnastica che ha trascorso nove anni a lavorare per finanzieri americani potesse essere una specie di rivoluzionario anti-corporativo si è sempre basata più sulla fantasia che sulla verità. E per essere onesti con Klopp, il ruolo di salvatore o bussola morale non è mai stato quello che ha cercato né preteso per sé stesso”.

“Forse il vero problema qui è la tendenza del calcio inglese (e questo sembra essere prevalentemente un fenomeno anglocentrico) a mettere i suoi allenatori su piedistalli morali ridicoli, persino ad accordare loro uno status quasi divino, con il più debole dei pretesti. Arsène Wenger e il primo Pep Guardiola rientrano certamente in questa categoria. Marcelo Bielsa, nonostante le sue numerose proteste contrarie, continua a essere celebrato come una specie di intellettuale pubblico gnomico da persone che non ne hanno mai incontrato uno. Persino il moderatamente talentuoso Ange Postecoglou sembra aver attirato un notevole seguito di culto, attirato dal suo status di outsider, dalla sua saggezza da biscotto della fortuna, dalle sue vibrazioni immacolate da bravo ragazzo”.

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