Al Telegraph: «È solo una opinione. I commentatori di oggi? Mai visti prima, sembrano presi per strada. Prima la Uefa era contraria alle interviste a bordo campo»
Il nome di Elton Welsby non dirà nulla agli italiano, ma per gli inglesi è un’istituzione, una sorta di Bruno Pizzul inglese. È stato presentatore televisivo di punto negli anni ’80 e il Telegraph lo ha intervistato per sapere come la pensa sull’evoluzione del racconto del pallone in tv. I commentatori di oggi? Welsby non ha peli sulla lingua:
«Non ne riconosco la metà e non li ho mai visti prima». Sorseggia il suo caffellatte. «Sembra che vadano per strada e chiedano ‘vuoi presentare questa partita di calcio in diretta?‘». A 73 anni, non si cura di misurare le parole.
Welsby racconta il suo lavoro nelle sue memorie, “Game For A Life”. Verrà pubblicato il mese prossimo. Prima ha fatto la radio, con Radio City che aveva sede a Liverpool. Centro inglese di enorme evoluzione culturale. Poi è passato alla Tv con i primi programmi sportivo. «Gli incarichi includevano la copertura della vittoria della finale di Coppa dei Campioni dell’Everton contro il Rapid Vienna, mentre sedevo in panchina accanto a Howard Kendall. Per un tifoso dell’Everton come, è stato un sogno che si è avverato».
«È stato snervante», continua. «La Uefa era totalmente contraria alle interviste a bordo campo. Era un tabù. Ma il tifoso in me era enormemente eccitato per tutto il tempo. C’era solo una squadra per me. È stato un lavoro d’amore».
Welsby: «Come il calcio o il rugby femminile: scelgo di non guardarlo»
Ovviamente, non aveva l’ausilio della tecnologia di oggi. «La tecnologia non era come quella di oggi. Ci potevano essere momenti molto difficili. Ma sapevo gestire tutto, coprire le crepe senza problemi e ho avuto un buon rapporto con così tante persone nel mondo del calcio».
Il programma televisivo “The Match era parte integrante del palinsesto calcistico di ogni fine settimana”. Welsby ha un’opinione molto chiare sulle donne in cabina di commento durante le telecronache:
«Sono cresciuto con Hugh Johns e Brian Moore. Avevano le voci perfette per i commenti televisivi in diretta. La voce si alzava con il crescendo della folla quando veniva segnato un goal. La folla esplodeva e loro erano con loro. Non credo che le telecroniste donne possano fare lo stesso, non hanno la stessa voce. Ma buona fortuna a loro».
E ancora:
«Forse metà del pubblico è composto da donne e preferiscono questo, è solo una opinione personale, niente di più. Se fossi a capo di Sky Sports o Bbc Sport o ITV Sport non direi ‘vietate le telecroniste’, meritano la loro possibilità. Ma è come guardare il calcio o il rugby femminile: scelgo di non guardarlo, ma non li condanno per averlo fatto. È soggettivo. Non mi mette affatto nei guai».