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Pasquale Bruno: «A Brescia giocai con la scorta della Digos. Avevo aggredito Lerda che mi chiamò terrone»

A La Stampa: «Con Baggio non ci siamo mai amati. Fummo espulsi e dissi al massaggiatore: ”Portalo via o lo rovino”». Quella volta con Van Basten

Pasquale Bruno: «A Brescia giocai con la scorta della Digos. Avevo aggredito Lerda che mi chiamò terrone»
archivio Image / Spettacolo / Pasquale Bruno / foto Clemente Marmorino/Image

La Stampa intervista Pasquale Bruno, l’ex difensore di Como, Fiorentina, Juve e Torino soprannominato “o animale” per la sua aggressività in campo.

«Era un altro calcio, anzi era calcio: sicuri che lo sia ancora con questi rigorini fischiati appena sfiori una scarpetta? Oggi non prenderei un giallo perché gli attaccanti sono scarsi, nemmeno sanno stoppare. Ai miei tempi c’era il top, da Maradona a Van Basten, da Careca a Baggio e Vialli. Solo nel mio Toro ripenso a Casagrande, Aguilera, Scifo e Martin Vazquez. Tutti santi, sopportavano botte e angherie. Fossi nato vent’anni dopo, avrei avuto vita facilissima»

In un derby si scagliò contro l’arbitro Ceccarini e fu squalificato per 8 giornate. Pentito? «È la mia natura. Ogni tanto mipartel’embolo».

Baggio era il suo nemico numero 1. «Non ci siamo mai amati. Una volta fummo espulsi entrambi e lui si avvicinò al mio spogliatoio, dissi al massaggiatore: “Portalo via o lo rovino”. Due anni fa, però, un giornalista gli anticipò che in un’intervista ne avevo riconosciuto la classe e lui rispose con un cuore, mandandomi i saluti».

Gli scontri di Pasquale Bruno

Van Basten si vendicò irridendola… «Dopo un autogol mi danzò davanti. Buon per lui che non me ne accorsi, frastornato dall’errore: Capello lo tolse temendo una mia reazione».

Con il Brescia un conto in sospeso: ai tempi di Firenze, aggredì Lerda nel tunnel. «Se l’era meritato, mi chiamò terun e mi sputò in faccia. Lo aspettai. C’era anche Batistuta».

Al ritorno ebbe la scorta. «Baiano e Orlando mi pregarono di non andare, Ranieri mi chiese se me la sentissi. In ritiro ci fermammo a Verona per sicurezza e all’ingresso del pullman allo stadio la Digos mi chiese di sdraiarmi per non farmi vedere. Due agenti mi seguirono ovunque, anche a bordo campo».

Il Brescia poi la corteggiò. «Me lo comunicò Antognoni, ma la sera stessa mi chiamò il povero Borgonovo che era con me a Como: “Non venire, ci sono 400 dei nostri tifosi che ti aspettano. Sono dei peggiori”. Ho rifiutato, forse è stata l’unica volta in cui ho avuto un po’ di paura».

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