A Libero: «Diego mi anticipò il suo passaggio al Napoli. Tutto il Calcio minuto per minuto dimenticato nelle celebrazioni dei cento anni della radio»
Ezio Luzzi a 90 anni è uno degli ultimi testimoni dell’evoluzione della radio. Radiocronista per la Rai e per la trasmissione “Tutto il calcio minuto per minuto“, un patrimonio storico e culturale di valore inestimabile. A tal proposito, Luzzi ha un po’ di rammarico:
«Purtroppo di Tutto il Calcio Minuto per Minuto non parla più nessuno, nemmeno nelle celebrazioni per i 100 anni della radio, ma è stata una trasmissione portante per la tutta la Rai!».
Luzzi: «Riuscii a dare la notizia della bomba alle Olimpiadi di Atlanta prima della Cnn e dell’Ansa»
Raccontare lo sport in presa diretta. Qual è la formula per trovare le parole più giuste?
«Ho avuto dei maestri eccezionali come Nicolò Carosio e Sergio Zavoli. Ricordo una volta ci caricarono su un pullman, ci portarono in piazza San Pietro e ci dissero: il Papa sta per dare la benedizione: raccontate. Erano esercitazioni che loro ci facevano fare e poi ascoltavano. In un’altra occasione ci portarono allo stadio e il nostro tutor ci disse: un aereo sta per cadere sugli spalti. Raccontate. Era così. Non era come adesso che ti mandano subito in voce».
A Tutto il Calcio Minuto «Eravamo sette: Enrico Ameri, Sandro Ciotti, Piero Pasini, Alfredo Provenzali, Beppe Viola, Claudio Ferretti e c’ero io, mentre Roberto Bortoluzzi dava la linea da studio. Avevamo in mente che stava avvenendo qualcosa di importante e eccezionale. Fui chiamato proprio da Guglielmo Moretti che aveva inventato il programma. Quella trasmissione mi ha dato modo di inventare il racconto della serie B che prima non esisteva».
Fu una sua idea oppure fu “inviato” dai suoi capi sui campi di serie B?
«No, non fu una mia idea ma sempre di Guglielmo Moretti. Mario Gismondi, collega di Bari che raccontava saltuariamente partite di serie B, era stato chiamato a dirigere il Corriere dello Sport per cui non avrebbe più potuto fare le radiocronache per la Rai. Così Moretti per sistemare la questione della serie B pensò a me. Protestai anche un po’ e mi dissero che sarebbe stata una cosa di pochi mesi, invece poi l’ho presa a cuore. Su quei campi conobbi anche personaggi poi divenuti importanti. Penso a Luciano Moggi che da osservatore andava in cerca di talenti. Fui io a raccontare i primi gol di Paolo Rossi con la Lanerossi Vicenza».
Tra i colleghi di allora, ce n’era qualcuno al qual era più affezionato o legato professionalmente e umanamente?
«Ameri e Ciotti che con me componevano il terzetto al seguito della Nazionale. In quelle trasferte assieme capivamo quanto Tutto Il Calcio Minuto per Minuto fosse penetrato nel vissuto e nei modi di dire delle persone che, vedendoci assieme per la strada, ci facevano un po’ il verso: “Scusa Ameri…”. In una di quelle trasferte per la Nazionale, ricordo che eravamo diretti in Canada. Facemmo scalo a New York dove c’era una tournée di squadre spagnole. C’era un certo Maradona col quale io scherzavo, chiamandolo Paisà, che mi anticipò il suo prossimo passaggio a Napoli. Quello fu uno scoop».
Così come lo fu quello della mano de Dios, sempre col suo “compaesano” Maradona… Come andarono i fatti?
«Erano i Mondiali del 1986. A seguire la finale per la Rai eravamo rimasti pochi giornalisti della Rai. Successe che io e Galeazzi ci trovammo negli spogliatoi dopo la finale e notammo un volto conosciuto. Si trattava di Carmando, il massaggiatore del Napoli al quale Diego aveva chiesto di seguirlo. Lui ci fece entrare nello spogliatoio dei campioni del mondo e io feci notare a Maradona il tocco di mano. Lui prontamente reagì dicendo che era stata la mano de Dios».
L’altro suo grande scoop fu certamente la bomba alle Olimpiadi di Atlanta del 1996, raccontata anche quella praticamnte in diretta…
«Ero sul posto quando avvenne. Era il 27 giugno del 1996. Pochi passi più avanti e sarei saltato in aria, invece fui solo sbalzato a terra dallo spostamento d’aria ma non riportai ferite. Riuscii in pochi minuti, dopo essermi rialzato, a raggiungere gli studi della Warner da dove trasmettevamo. In Italia erano le 7 del mattino. Chiesi di entrare in diretta al Giornale Radio. Riuscii a dare la notizia prima ancora della Cnn e dell’Ansa».