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Sabatini: «La bellezza aiuta, vedi Calafiori. Zeman, i suoi silenzi dovuti al fatto che non ha tanto da dire»

Al Corsera: «Maicon e Nainggolan li recuperavamo sempre alle tre di notte. Non sono un ammiratore di Marotta, lui aggiusta sempre tutto»

Sabatini: «La bellezza aiuta, vedi Calafiori. Zeman, i suoi silenzi dovuti al fatto che non ha tanto da dire»
As Roma 07/02/2020 - campionato di calcio serie A / Roma-Bologna / foto Antonello Sammarco/Image Sport nella foto: Walter Sabatini

Sabatini: «La bellezza aiuta, vedi Calafiori. Zeman, i suoi silenzi dovuti al fatto che non ha tanto da dire».

Secondo stralcio della bombastica intervista del Corriere della Sera a Walter Sabatini. Nel primo stralcio il racconto del suo incontro con Dio.

Momenti assurdi con i suoi calciatori?
«Tanti. Ho preso una persona per recuperarne un paio alle 3 del mattino in giro per Roma: il mattino dopo, a Trigoria, lui doveva intercettarli, portarli in uno spogliatoio a parte, fargli fare una doccia e bere un caffè. Capitava sempre con Maicon e Nainggolan, forse il centrocampista più forte che ho avuto, però testa di c… notevole: aveva l’obbligo di chiamarmi all’una di notte, ma mi prendeva in giro alla grande. Però non ha mai saltato un allenamento o una partita».

Lei scrive che il fascino è diventato anche un parametro di selezione dei calciatori.
«La bellezza sfonda tutte le porte e non è una questione di omosessualità. Se uno è bravo ed è anche bello, lo spingi più facilmente, perché è più ammirato dalla gente, dalla stampa, dalle tv. Calafiori ne è un esempio eclatante».

Sabatini e Zeman

Con Zeman un giorno vi chiarirete?
Sabatini: «So che è stato male e gli mando un abbraccio. Però non c’è tanto da chiarire. È stata una delusione capire che avevo ragione: i suoi famosi silenzi sono dovuti al fatto che non ha molto da dire. Gli facevo domande sui carrarmati a Praga nel 1968 per capire lo stato d’animo di un Paese: zero. Ma come allenatore, alcune cose che gli ho visto fare sono di alto livello. I risultati con lui erano altalenanti ma si è visto il miglioramento netto di giovani che ha avuto il coraggio di far giocare, costruendo il presupposto per notevoli plusvalenze come Lamela e Marquinhos».

Secondo Allegri al nostro calcio mancano i grandi dirigenti. Che ne pensa?
«Penso che ce ne siano stati di grandissimi, da Allodi ad Arrica fino a Galliani: hanno avuto pochi eredi».

Non cita Marotta perché quel nome le ricorda la colonia al mare?
(ride) «No, io provo affetto per lui, perché quando giocavo a Varese era un ragazzino che si allenava con noi ed era bravo. Ma non sono un suo ammiratore: non sono come lui».

Intende che lui è di governo e lei di lotta?
«Sì, io sono un provocatore, litigioso. Lui aggiusta sempre tutto. Io mi sono dimesso circa venti volte dal mestiere che amo, Marotta non lo avrebbe mai fatto. Ma io sono vittima di me stesso, col mio cervello di sinistra e il mio corpo di destra».

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