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Ma che significa vittoria sporca? A Empoli quella del Napoli è stata una vittoria intelligente

Sofferenza tattica nel primo tempo ma nessun vero pericolo per Caprile. Il Napoli ha affrontato in modo maturo i momenti della partita

Ma che significa vittoria sporca? A Empoli quella del Napoli è stata una vittoria intelligente
Mp Empoli 20/10/2024 - campionato di calcio serie A / Empoli-Napoli / foto Matteo Papini/Image Sport nella foto: esultanza gol Khvicha Kvaratskhelia

Cosa significa partita sporca?

Il Napoli ha vinto a Empoli per 1-0, e tanti commentatori hanno definito questo successo con aggettivi come sporcodi misura, cinico. L’unica definizione che ha un fondo di verità è di misura, in fondo la squadra di Conte ha vinto con un solo gol di vantaggio. Le altre letture, però, sono molto forzate. Perché il Napoli visto al Castellani, lo diciamo subito, avrà anche giocato un primo tempo poco brillante, facciamo deludente. Eppure alla fin fine ha rischiato poco, pochissimo, per poi venir fuori nella ripresa e portarsi in vantaggio senza neanche sforzarsi troppo. Accelerando come e – soprattutto – dove serviva. Sfruttando il prevedibile calo di un Empoli che, nel primo tempo, aveva dilapidato una quantità enorme di energie. E che, anche questo va detto, in effetti aveva espresso un ottimo calcio.

Ecco, questo è (dovrebbe essere, quantomeno) un punto focale dell’analisi: per quanto il passato dice che sì, effettivamente la trasferta allo stadio “Carlo Castellani” sia spesso risultata indigesta al Napoli, la storia non c’entra niente. Nel senso che l’Empoli di D’Aversa, l’Empoli di oggi, è una squadra che gioca in modo ambizioso e che ha anche una buona qualità diffusa. È una squadra che non è facile da contenere, quindi da affrontare. È una squadra che, fino a ieri, aveva subito solo quattro gol in sei gare di campionato. E che aveva ancora la porta inviolata, se guardiamo solamente alle gare interne.

Insomma, il Napoli ha vinto una partita difficile e che aveva approcciato male. L’ha fatto sfruttando quelle che ormai sono le sue qualità più peculiari. Vale a dire un’evidente solidità difensiva, un certo camaleontismo tattico e una grande freddezza/sicurezza nei momenti che contano. Come il rigore di Kvaratskhelia, tirato e realizzato prima con la testa – e con un’altra parte del corpo di forma sferica – che con i piedi. E allora viene da chiedersi: perché parlare di partita sporca? Che cosa significa partita sporca?

Un inizio difficile

Non c’è risposta a certe domande. O forse sì, ma sarebbe una risposta ideologica e politica – quindi soggettiva. La verità, riavvolgendo il nastro di Empoli-Napoli, è che la squadra di Conte ha vissuto un inizio di gara tatticamente complicato. Per merito dell’Empoli, come abbiamo detto finora. Ma anche perché i giocatori azzurri, come confermato dal suo allenatore nel postpartita, hanno fatto un po’ di fatica. Non tanto e non solo a contenere i loro avversari, ma soprattutto a ripartire in modo convincente.

Da un punto di vista di incastri, i problemi si sono manifestati fin dai primissimi minuti di gioco: il 3-4-2-1 ad altissima intensità dell’Empoli – la squadra di D’Aversa, nel primo tempo, è riuscita a tenere un baricentro altissimo: 56 metri, praticamente oltre la linea di centrocampo – ha neutralizzato la disposizione del Napoli, schierato con il solito modulo fluido in fase di possesso (un 4-3-3 solo nominale, che con i movimenti di McTominay diventava 4-2-3-1 o anche 4-2-4) e con un chiaro 4-5-1 in fase passiva.

Il 4-5-1 del Napoli in fase difensiva

Nell’immagine che vedete sopra, si nota come l’Empoli fosse volutamente spezzato in due tronconi: cinque giocatori impostavano l’azione dal basso e altri cinque (l’esterno sinistro di D’Aversa, Pezzella, è fuori dall’inquadratura) si dividevano il fronte offensivo nella trequarti avversaria. Il lavoro chiave è stato quello dei due laterali a tutta fascia e dei due trequartisti: Gyasi e Pezzella garantivano ampiezza, costringendo Kvara e Politano a guardarsi le spalle, a rinculare; Fazzini ed Esposito, invece, si proponevano costantemente per ricevere il pallone tra le linee, alle spalle del centrocampo del Napoli.

In alto, la heatmap di Fazzini. Sopra, invece, c’è quella di Esposito.

Più che attraverso la fase offensiva, però, l’Empoli ha dettato il ritmo e l’andamento della gara attraverso il suo atteggiamento difensivo. Che si potrebbe definire molto intenso, ma sarebbe comunque riduttivo. Per tutto il primo tempo, infatti, la squadra di D’Aversa ha aggredito in modo sistematico i suoi avversari, li ha letteralmente ricacciati e scacciati all’indietro – e infatti il baricentro del Napoli si è attestato ai 44 metri. La pressione dell’Empoli è stata così furiosa che spesso i quattro uomini che Conte lasciava in avanti durante la prima impostazione – Politano, McTominay, Lukaku e Kvara – venivano seguiti o comunque controllati da altrettanti giocatori dell’Empoli. Sì, avete letto bene: pur di venire a prendere il Napoli fin dentro la sua metà campo, D’Aversa ha accettato anche di difendersi in situazione di parità numerica.

Il Napoli costruisce dal basso con la disposizione 4+2. Nel frattempo l’Empoli invade la trequarti campo della squadra di Conte con sei giocatori (Gyasi in alto a destra è fuori inquadratura, ma potete fidarvi: era a pochi metri da Spinazzola)

Come anticipato in apertura, però, la vittoria fisica e tattica costruita da D’Aversa non ha portato a grandi risultati. Nel senso che l’Empoli, pur giocando meglio del Napoli, ha messo insieme 6 tiri non respinti, di cui 4 verso la porta di Caprile. I 4 interventi del portiere del Napoli sono arrivati su tiri scoccati da una posizione particolare, diciamo pure defilata, con angoli strettissimi e quindi con poco margine per essere davvero pericolosi. Non a caso, il modello degli Expected Goals (gol attesi) di Sofascore ha rilevato che, in totale, le 4 conclusioni tentate dall’Empoli hanno generato un punteggio di 0,1 xg. Se non avete capito cosa intendiamo, vi basta guardare la mappa che trovate sotto: quanti gol avete visto con tiri tentati dalle posizioni che vedete segnate? Pochi, diciamo anche pochissimi.

Una volta i telecronisti dicevano: conclusioni velleitarie

Ora, in virtù di tutto questo, si può dire che il Napoli del primo tempo abbia sofferto tatticamente l’Empoli. Non c’è niente di sbagliato, o di eccessivo, in questa frase. Il punto è che tale sofferenza tattica, però, non ha determinato dei grandi pericoli per la porta di Caprile. E questo è un segnale importante, nell’economia della stagione del Napoli: se i calciatori di Conte riescono a non concedere conclusioni facili persino quando giocano in modo deludente, persino quando vengono contenuti e aggrediti bene dai loro avversari, allora vuol dire che formano una squadra davvero solida. A cui è difficile far gol.

Certo, i giocatori e in particolare gli attaccanti di Inter, Juve e Milan sono più forti rispetto a Fazzini, Esposito, Pezzella, Colombo. Ma anche Marco van Basten, a suo tempo, ha segnato una sola volta quel gol contro l’Unione Sovietica. E inoltre il Napoli ha già giocato a Torino contro la Juve, e ha fatto percepire la stessa identica sensazione di sicurezza. Di stabilità difensiva ed emotiva.

Il peggior Lukaku visto con la maglia del Napoli

Dopo la partita, come già detto in precedenza, Conte ha spiegato che «il problema del primo tempo sta nel fatto che avevamo preparato la fase difensiva per fare un 4-5-1. Non ci siamo riusciti, ma dovevamo migliorare anche e soprattutto nel palleggio, nella costruzione, nell’essere più incisivi, nel vincere i duelli». Insomma, il Napoli non è riuscito a difendere come voleva. Ma soprattutto non è riuscito a ripartire, a rispondere, ad attaccare come voleva. E a questo punto bisogna necessariamente parlare di Romelu Lukaku. Dei problemi che ha vissuto a Empoli, di una prestazione incolore. Per non dire mediocre.

I dati, come succede quasi sempre, sono piuttosto indicativi: in 60 minuti di gioco, il centravanti del Napoli ha messo insieme un passaggio chiave, un tiro verso la porta, 2 falli subiti un duello aereo vinto e 3 contrasti a terra vinti su 4 tentati. Sono numeri anche positivi, se consideriamo che ha toccato soltanto 14 volte il pallone. Sì, esatto: appena 14 tocchi in 60 minuti. Sono pochi, pochissimi, soprattutto nell’ambito di una partita in cui il Napoli avrebbe avuto bisogno di un giocatore su cui poggiarsi per alleggerire la pressione degli avversari.

La mappa di tutti i palloni toccato da Romelu Lukaku. Solo due in area di rigore: un tiro su azione d’angolo e un controllo in fuorigioco

Certo, Lukaku ha delle attenuanti. Intanto anche il centravanti belga ha sofferto l’aggressività dell’Empoli, in particolare la marcatura praticamente a uomo praticata da Ardian Ismajli, uno dei pochi centrali di Serie A in grado di reggere il confronto fisico con lui. E poi c’è da considerare il fatto che il Napoli del primo tempo ha fatto fatica a imbastire qualsiasi tipo di azione, complice anche il comprensibile spaesamento manifestato da Billy Gilmour alla sua prima gara da titolare in Serie A.

Insomma, per dirla brutalmente: il Napoli del primo tempo ha pagato l’assenza di Lobotka e non ha saputo servire dei palloni puliti a Lukaku. Che però, a sua volta, non è riuscito a fare quei movimenti e quelle letture – gli scatti in profondità, le mezzelune per liberarsi del suo marcatore diretto, i tagli dall’esterno verso l’interno – che avrebbero dato più opzioni ai suoi compagni di squadra. Il semplice gioco da pivot non è bastato.

Ripetiamo, il merito è stato anche dell’Empoli, dell’atteggiamento difensivo tenuto dalla squadra di D’Aversa. Ma il fatto che Conte abbia deciso di togliere Lukaku, per altro quando era passato solo un quarto d’ora dall’inizio del secondo tempo, è un segnale chiaro: il centravanti belga ha giocato davvero male. Si può dire che abbia disputato la sua peggior partita da quando è arrivato al Napoli. Anzi: lo diciamo in maniera chiara, nessun dubbio o ripensamento.

La ripresa, i cambi tattici e le sostituzioni

Non è incidentale il fatto che il gol del Napoli – o meglio: l’azione che ha portato al rigore poi trasformato da Kvara – sia arrivato pochi istanti dopo il cambio tra Lukaku e Simeone. Ma è giusto andare con ordine, e quindi bisogna parlare del cambio tattico pensato e attuato da Conte durante l’intervallo. L’allenatore del Napoli, molto semplicemente, ha deciso di rispolverare il 4-3-3 puro in fase di possesso palla, con Gilmour centromediano e la coppia di mezzali Anguissa-McTominay. Quando c’era da recuperare il pallone, invece, il 4-5-1 del primo tempo si è trasformato in un 5-4-1 asimmetrico: l’arretramento di Politano portava Anguissa a diventare il quarto di centrocampo a destra, con Kvara (più) largo dall’altra parte.

Nel primo frame, si vede chiaramente il rovesciamento del triangolo di centrocampo: Gilmour vertice basso che va a giocare il pallone in mezzo ai due centrali, Anguissa e McTominay davanti a lui. Nel secondo frame, invece, lo scozzese si muove da pivote, da metodista davanti alla difesa a quattro. Nell’immagine sopra, invece, si individua chiaramente la disposizione 5-4-1 della squadra di Conte in fase di non poessesso, con Politano quinto di destra accanto a Di Lorenzo.

Questi accorgimenti, uniti all’inevitabile calo fisico accusato dall’Empoli, hanno permesso al Napoli di muovere molto meglio il pallone: la qualità delle azioni è migliorata in modo percettibili (la percentuale di passaggi riusciti del primo tempo, 81%, è salita fino a quota 89%), così come sono aumentati i dribbling tentati (da 8 a 12) e quelli riusciti (da 2 a 6), sintomo che la circolazione ha aperto spazi più ampi, più invitanti.

Il resto l’hanno fatto i cambi, soprattutto quello tra Simeone e Lukaku. Con l’ingresso dell’argentino, il Napoli ha guadagnato in velocità e in intraprendenza, e non solo per il movimento a centro area e per il tiro che ha portato al rigore conquistato da Politano: anche se ha giocato soltanto mezz’ora infatti, Simeone, ha accumulato 12 palloni giocati (solo 2 in meno rispetto a Lukaku) e 5 duelli tentati (lo stesso numero del belga).

Inoltre, con Simeone in campo, Ismajli è come se avesse perso dei riferimenti: l’ex centravanti di Verona e Cagliari si è mosso in più direzioni, ha giocato di sponda con maggiore rapidità e un attimo dopo era pronto ad attaccare di nuovo l’area di rigore. Era quello che serviva al Napoli per tenere (ancora) più basso un Empoli già sfibrato di suo. Nella ripresa, infatti, la squadra di D’Aversa ha tenuto il baricentro a 46 metri, 10 in meno rispetto al primo tempo.

Conclusioni

Dopo il rigore trasformato da Kvara, il Napoli non ha avuto più bisogno di accelerare. Si è messo lì, ha controllato la partita e ogni tanto ha inviato dei segnali di esistenza in vita di natura offensiva – il tiro di McTominay dal limite dell’area su sponda di Simeone, le percussioni di Gilmour e Neres nei minuti finali. Come detto, l’Empoli ha pagato il primo tempo a mille all’ora, e neanche i cambi di D’Aversa – che nell’ultimo quarto d’ora è passato al 4-4-2 – sono riusciti a re-invertire l’inerzia della partita. Non a caso, viene da dire, la squadra di casa ha messo insieme un solo tiro in tutta la ripresa. Sì, avete letto bene: solo uno, per altro tentato da fuori area e respinto dai difensori del Napoli.

Tornando al discorso iniziale, e in base a tutto quello che abbiamo detto/rilevato, è giusto cambiare qualche aggettivo: più che di una vittoria sporcadi misura cinica, forse sarebbe il caso di parlare di una vittoria intelligente. Di tre punti ottenuti pigiando i tasti giusti al momento giusto, rispondendo in modo efficace ai (brutti) segnali tattici arrivati nei primi 45 minuti. Di un successo costruito in modo maturo, così come maturo è stato il modo di interpretare i vari momenti della partita.

Il fatto che Conte, nella conferenza stampa nel postagara, abbia detto che «quando si cambia e si vince bisogna metterci dalla parte della ragione» è piuttosto significativo. Vuol dire che ha riconosciuto gli effetti dei suoi accorgimenti. Vuol dire che sa dove c’è ancora da lavorare, ma nel frattempo la sua squadra continua a indossare vestiti sempre diversi, a non subire gol (siamo a 5 clean sheet in 8 gare di campionato) e a fare punti. Sono tre condizioni che, di solito, portano a vivere delle belle stagioni.

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