È un apolide lontano dalla sua Catalogna. Difficilmente lascerà Manchester. Anche se c’è da convincere la signora Cristina Serra sua moglie
Il Times analizza il rapporto tra Pep Guardiola, il Manchester City e la Premier League. In un certo senso, è come se i 115 capi d’accusa pendenti sul club e in generale la lotta che i citizens come club stanno portando avanti contro la Football Association avesse dato ancora più amor proprio al tecnico ex Barcellona, legandolo sempre di più alla causa inglese. D’altronde, Guardiola non ha ancora rinnovato il suo contratto.
Guardiola lontano dall’Inghilterra: i motivi del sì e del no
Di seguito quanto riportato, a firma di Martin Samuel:
«Guardiola non escluderebbe l’Inghilterra in futuro, anche perché è praticamente apolide in termini di calcio internazionale, essendo un nazionalista catalano il cui paese di origine è la Spagna. Il City era consapevole dell’interesse, ma non è stato per questo che Guardiola si è recato ad Abu Dhabi per incontrare Khaldoon Al Mubarak. Il presidente del Manchester City è il “sussurratore di Pep”, l’uomo che lo ha convinto a rimanere allenatore molto più a lungo di quanto previsto. Si dice che abbiano un rapporto speciale e ogni anno, quando trascorrono del tempo insieme, Al Mubarak è incaricato di fare in modo che il lavoro del club sia portato a termine. Nessuno interferisce, nemmeno il proprietario, lo sceicco Mansour.»
Il Times presenta Guardiola come diviso tra scelte personali e scelte professionali, in particolare per la vita “divisa” a cui deve far fronte la sua famiglia:
«Tuttavia, il City non vedeva la Football Association come l’ostacolo a questa missione. La persona che devono convincere è Cristina Serra, la moglie di Guardiola. Lei divide il suo tempo tra Barcellona e Manchester da tre anni ormai, con la Spagna come sua base più regolare. La decisione di Guardiola è se può affrontare un’altra stagione così. È una decisione difficile, non solo perché sa che non troverà mai un altro club o datore di lavoro come il Manchester City. Non solo uno con un’anima catalana, circondato da alleati di lunga data come l’amministratore delegato Ferran Soriano, ma uno dove la sua opinione ha così tanta influenza. Il City voleva Cristiano Ronaldo nel 2021, e i loro dirigenti avevano notato i vantaggi finanziari. È stato Guardiola a non credere che potesse far funzionare l’acquisto. Non vedeva come Ronaldo potesse inserirsi nella sua squadra e non pensava di poter chiedere altruismo a giocatori come Kevin De Bruyne quando si trovavano accanto a uno degli individui più determinati della storia del calcio.»
Un potere decisionale unico in Europa. Il Times lo paragona ad Ancelotti, che se «non avesse voluto Kylian Mbappé o Jude Bellingham, e lui è sempre stato d’accordo con entrambi, non avrebbe fatto alcuna differenza per il Real Madrid. Li avrebbero acquistati comunque.» Non a caso, Guardiola ha allenato anche in Baviera e al Barcellona, ma non era mai rimasto così tanto. E di certo non vi è rimasto per il clima.
«[…] Quindi questa è l’attrattiva: la sfida quotidiana di essere un allenatore, ma in un club dove lui è molto di più. I numerologi pensano che il numero dieci potrebbe avere un fascino speciale e un senso di chiusura formale per Guardiola: arrivato nel 2016, partenza nel 2026. Ma non hanno accesso alle conversazioni che non si svolgono né ad Abu Dhabi né, per la verità, a Manchester. Se Guardiola avrà mai del tempo libero, sarà allora che deciderà la sua prossima mossa. Forse è per questo che preferiscono tenerlo occupato.»