Appello a smetterla con la masturbatio del presunto bel gioco che poi, diciamocelo, a Napoli è figlio del principio della volpe e l’uva
Il calcio è nei cori degli ultras: “Devi vincere”, “Gonfia la rete”. Avete mai sentito “Fai la diagonale?”
Dieci giornate su trentotto, poco più del 26% del campionato e la classifica inizia a prendere la sua forma provvisoria. Il Napoli vince anche a San Siro ma in città si respira, nonostante tutto, un’aria di lieve insoddisfazione. La diatriba che genera confronto è sempre la stessa e cioè quella che divide i cosiddetti “risultatisti” dai cosiddetti “giochisti”. Una dicotomia che si riduce all’ormai annosa questione tra i tifosi che ritengono che sia più soddisfacente assistere ad una partita bella da vedere a prescindere dal risultato e coloro i quali ritengono, invece, che, per dirla con Ancelotti, l’unica statistica che conta alla fine della partita sia quella dei gol segnati e gol subiti.
Questa contrapposizione deriva direttamente dall’abitudine che abbiamo assunto negli ultimi anni, non potendo godere di vittorie da esporre in bacheca, a godere di belle giocate, sincronismi perfetti e movimenti di squadra simili a quelli dei meccanismi rodati e perfetti di un Eberhard. Questa abitudine, malsana come la maggior parte delle abitudini, ci ha spinto a snobbare l’approccio di chi, invece, pur senza quei movimenti da nuoto sincronizzato, inanellava vittorie ed esponeva fieramente un numero enorme, seppur inquinato da un’abbondante tolleranza stabilita dai tribunali, di trofei.
Questa abitudine si è radicata nelle nostre coscienze al punto che continuiamo a nutrire dubbi sulle prestazioni nonostante gli attuali punti in classifica, unico dato oggettivo, che dovrebbero determinarne la dissoluzione. E allora, per uscire dal cul-de-sac nel quale ci siamo impantanati e che abbiamo fatto diventare la nostra zona di comfort, chiediamo aiuto ai tifosi stessi che amano alimentare le tesi della grande bellezza.
I cori degli ultras sono l’essenza del calcio
Facciamo appello alla famosa, o famigerata, come si preferisce, coerenza degli ultras. Facciamo riferimento a coloro i quali c’erano col Cittadella e sotto gli sputi di Martina Franca, prendiamo in prestito le parole di quei tifosi che, da sempre, si definiscono “veri” e che si arrogano maggiori diritti degli altri che guardano le partite dal divano e che, frequentando saltuariamente gli stadi vengono etichettati come “occasionali”. Per dipanare la matassa riferiamoci alle parole che vengono scandite e declamate come giaculatorie in tonalità minore dai “veri” tifosi dagli spalti. Per venire a capo della questione analizziamo quelle parole semplici e dirette: “Segna per noi, gonfia la rete”; “Devi vincere, vincere, vincere, vincere, vincere” fino al “tu non devi mollare, […], Napoli torna campione” sono i cori intramontabili e immutabili che accompagnano le prestazioni della squadra.
Da sempre, nessuno si è mai sognato di cantare dagli spalti qualcosa come “Di Lorenzo fai la diagonale” oppure “Olivera fai la sovrapposizione”. Nessuno ha mai scritto un verso che inneggiasse alla triangolazione e nessuno si è mai sognato di cantare odi allo schema su punizione. Da sempre si canta piuttosto per invitare Careca a tirare la bomba o chiunque altro ad eseguire il gesto atletico che porta alla segnatura di una rete.
Se vogliamo pertanto estrarre l’essenziale del calcio e di quello che i tifosi vogliono davvero, bisogna uscire dalla masturbazione mentale e dall’autocompiacimento del bel gioco e determinare, coerentemente con i tifosi tutti che il fine da raggiungere resta sempre prioritario rispetto ai mezzi utilizzati per arrivare all’obiettivo.