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Gasperini ha vinto la sfida tattica e Conte ha perso anche “impiccandosi” a Lukaku

Tatticamente è stata una disfatta, nei numeri meno. Conte deve continuare a sperimentare, il belga non può fare sempre le stesse cose

Gasperini ha vinto la sfida tattica e Conte ha perso anche “impiccandosi” a Lukaku
Napoli's Italian coach Antonio Conte (R) greets Atalanta's Italian coach Gian Piero Gasperini prior to the Italian Serie A football match between SSC Napoli and Atalanta at the Diego Armando Maradona stadium in Naples, on November 3, 2024. (Photo by CARLO HERMANN / AFP)

La parole (giuste) di Conte

Tra tutte quelle che hanno provato a farlo, la persona che ha spiegato meglio la sconfitta del Napoli contro l’Atalanta è stata Antonio Conte. La frase chiave della sua analisi è «abbiamo perso alcuni duelli». Probabilmente il tecnico del Napoli non si riferiva a sé stesso, o forse sì, questo non possiamo saperlo. Ma la verità è che Gasperini ha vinto la sfida tattica, cioè attraverso le sue scelte ha determinato un contesto in cui le doti dei giocatori dell’Atalanta hanno potuto neutralizzare, diciamo anche azzerare, quelle dei giocatori del Napoli.

È una questione di scelte, di incastri, anche di valore assoluto: è vero che, come ha detto Conte, in questo momento «l’Atalanta è più forte del Napoli». Ma è vero pure che la partita del Maradona ha avuto uno svolgimento fin troppo comodo, per la squadra di Gasperini. E i meriti dell’allenatore dell’Atalanta, seppur enormi, finiscono laddove cominciano i demeriti del suo avversario di giornata.

Fissità contro variabilità

Cominciamo dalle formazioni, dalle scelte iniziali. Come avrete intuito dal titolo di questo paragrafo, Napoli-Atalanta è stata una partita in cui una delle due squadre è rimasta fedele a se stessa mentre l’altra è scesa in campo cambiando fisionomia. Conte ha confermato il 4-2-4/5-4-1 a cui siamo stati abituati nelle ultime settimane, con McTominay e Politano a fare da cuneo tra le varie fasi di gioco. Gasperini, da parte sua, ha varato una rivoluzione solo apparentemente piccola: davanti al solito sistema 3-4, il tecnico dell’Atalanta ha schierato Pasalic più Lookman e De Ketelaere, ovvero due attaccanti atipici. Perché diciamo atipici? Semplice: perché entrambi hanno interpretato il ruolo in maniera estremamente peculiare, più come esterni offensivi che come punte vere e proprie. Basta guardare queste mappe, per capire cosa intendiamo:

In alto, tutti i palloni giocati da Lookman; sopra, invece, tutti i tocchi di De Ketelaere

In questo modo, con queste scelte, si è determinata una situazione in cui ogni giocatore del Napoli era seguito a uomo da un marcatore diretto. Quasi sempre lo stesso. Gasperini, insomma, ha ragionato di e per incastri: con la fisicità straripante di Hien – tra poco ne parleremo meglio – ha cancellato Lukaku. Con il dinamismo di Djimsiti e Kolasinac ha limitato Kvara e Politano. I due esterni a tutta fascia, Zappacosta e Ruggeri, sorvegliavano Di Lorenzo e Olivera. I due interni, Éderson e De Roon, marcavano rispettivamente Anguissa e McTominay. E poi il colpo di genio: attraverso uno schieramento di prima pressione 1-2, Gasperini ha completamente inaridito la costruzione bassa del Napoli. Come? Mentre Lookman e De Ketelaere aggredivano subito Buongiorno e Rrahmani, Pasalic seguiva Gilmour come un’ombra.

Marcature uomo su uomo

La conseguenza di questa mossa, molto semplicemente, è che il Napoli non ha trovato mai il modo di costruire gioco pulito passando per vie centrali. I dati, in questo senso, sono eloquenti: Gilmour ha toccato solo 47 palloni, con una percentuale di precisione dei passaggi pari all’88.4%; sia Rrahmani che Buongiorno hanno giocato meno palloni rispetto ai loto terzini di parte. Tutto questo vuol dire che l’Atalanta, di fatto, ha costretto i suoi avversari a muovere la sfera dove è più complicato, ovvero sulle fasce laterali.

È proprio qui, così, che si è materializzata la prima parte della vittoria tattica di Gasperini. Il tecnico dell’Atalanta, si è adattato ai suoi avversari, ha spostato alcune pedine per mettersi in una posizione di vantaggio. Vantaggio difensivo ma non solo, come vedremo più avanti. E infatti basta snocciolare e rileggere le cifre dell’attacco del Napoli, per rendersi conto di come sono andate le cose: la squadra di Conte ha messo insieme soltanto 3 tiri in porta complessivi, tutti per altro piuttosto velleitari, a cui va aggiunta solo la conclusione di McTominay finita sul palo.

Se guardiamo ai tiri fuori, le uniche chance degne di questa definizione sono quella capitata ancora a McTominay, al minuto 16′, e quella di Rrahmani su azione d’angolo al 59esmo. In ogni caso, però, si è trattato di tiri tentati in situazioni caotiche, non comode. Con i difensori dell’Atalanta appiccicati addosso ai giocatori del Napoli.

Romelu Lukaku

In alcuni segmenti della gara, la squadra di Conte è anche riuscita a superare la prima pressione, a rimettere il pallone dentro il campo dopo essere passata dalle fasce. A quel punto, però, la differenza l’ha fatto un’altra sfida diretta perduta da un giocatore azzurro: naturalmente stiamo parlando di Lukaku, sistematicamente sconfitto nel duello corpo a corpo – infinito, debilitante – con Hien. Anche in questo senso ci sono delle cifre abbastanza significative: secondo i dati raccolti da Whoscored e della Lega Serie A, il difensore centrale svedese dell’Atalanta ha messo insieme 5 tackle riusciti, 3 palloni spazzati, 4 recuperati, 2 passaggi intercettati senza contatto fisico e 2 tiri respinti.

Insomma, si può dire: il marcatore diretto di Lukaku ha divorato Lukaku. Lo ha annullato, gli ha tolto aria e spazio. Ma in realtà questo duello nettamente perso va anche in qualche modo addebitato al centravanti belga. Che, per condizione fisica e/o per richiesta del suo allenatore, ha offerto una prestazione monotona e senza strappi, caratterizzata da movimenti e idee ridondanti. Basta guardare la mappa dei palloni giocati dall’attaccante del Napoli, per comprendere cosa intendiamo:

Sempre la stessa giocata

Per dirla in modo banale: Hien ha giocato una grandissima partita, ma è stato piuttosto facile difendere contro questo Lukaku. Oppure, quantomeno, il centrale dell’Atalanta non ha dovuto sforzarsi più di tanto per prevedere i movimenti e gli interventi da fare: il centravanti del Napoli, infatti, veniva sempre ad accorciare dietro, a farsi dare palla sulla trequarti, in modo da difenderla col corpo e giocare di sponda con e per i compagni. Uno schema che non può funzionare se, come in questo caso, stiamo parlando di un difensore dalle doti fisiche impressionanti, che regge a qualsiasi urto, che ha il dinamismo necessario per tenere alta l’intensità della pressione a tutto campo.

Lukaku, dunque, avrebbe potuto – diciamo anche dovuto – tentare qualche soluzione diversa. Per esempio avrebbe potuto attaccare più spesso la profondità, in modo da allungare le distanze tra i reparti dell’Atalanta. Oppure avrebbe potuto spostarsi sull’esterno, in modo tale da muovere – letteralmente – il suo uomo di riferimento e creare un buco centrale. Ecco, tutto questo Lukaku non l’ha fatto. Non ha ancora la forza di farlo, stando a quanto si racconta sulla sua condizione ancora deficitaria, o magari Conte gli ha chiesto di fare sempre e solo un certo tipo di lavoro – ma è difficile credere a questa versione. In ogni caso, comunque, l’allenatore del Napoli non è riuscito a trovare una contromisura che potesse raddrizzare, o comunque rendere meno scomoda, la partita del suo centravanti.

Le mosse giuste di Gasperini, anche per attaccare

Torniamo per un attimo al concetto di variabilità, alle idee mobili di Gasperini. Le mosse che hanno determinato lo schieramento dell’Atalanta, infatti, non hanno determinato la partita solo in chiave difensiva. Ma anche, se non soprattutto, dal punto di vista offensivo. L’idea di Gasperini era piuttosto semplice, come si evince anche dalle mappe dei palloni giocati da Lookman e De Ketelaere: una volta recuperato il possesso e/o superata la prima pressione del Napoli, la sfera sarebbe dovuta arrivare velocemente sulle punte. Che, a loro volta, si sarebbero dovute allargare, in modo da dilatare le distanze tra i difensori del Napoli. Il secondo gol di Lookman nasce esattamente in questo modo:

Come si punisce una squadra che si allunga sul campo

Questa azione, esasperata dal fatto che nasce dopo una palla persa dal Napoli quando la squadra di Conte aveva molti uomini in avanti, descrive perfettamente ciò che aveva in mente Gasperini. Vale a dire: con due calciatori in grado di essere veloci e creativi palla al piede, nonché a loro agio nel giocare in posizione larga, i difensori centrali del Napoli non potranno far valere le loro doti migliori. Ovvero la fisicità, la capacità di anticipare o comunque di braccare i loro avversari diretti. E quindi, di fatto, anche questi duelli sono stati persi. Sono andati a favore dell’Atalanta.

Per tutto il primo tempo, e poi anche nella ripresa, l’Atalanta ha saputo sempre trovare il modo per sfruttare questo mismatch a suo favore. E anche se non ha prodotto tantissimo, come vedremo tra poco, la sensazione era che la squadra di Gasperini potesse essere pericolosa ogni volta che si affacciava in avanti. A differenza del Napoli, che invece è come se fosse sbattuto contro lo stesso muro per un’intera partita. Certo, questa percezione è stata in qualche modo “alimentata” dall’impressionante aggressività e dalla precisione assoluta del pressing portato dai giocatori di Gasperini. Ma, allo stesso tempo, è vero pure che bisogna saper pensare ad altre soluzioni, se il primo meccanismo tattico non funziona. Oppure se, come in questo caso, viene disinnescato dagli avversari.

Lobotka e solidità difensiva

In questa equazione va necessariamente inserita un’altra variabile: il Napoli ha affrontato l’Atalanta senza l’unico giocatore in organico capace, almeno potenzialmente, di uscire palla al piede da un pressing aggressivo come quello della squadra di Gasperini. Stiamo parlando ovviamente di Stanislav Lobotka. Che finora è stato sostituito bene da Gilmour, su questo non c’è dubbio, ma che in una partita del genere avrebbe avuto un impatto diverso rispetto allo scozzese. Gli incastri di cui abbiamo parlato finora, di fatto, non avrebbero potuto essere così favorevoli all’Atalanta: per quanto Pasalic abbia marcato Gilmour in modo asfissiante e quindi efficace, è difficile pensare che il croato avrebbe completamente annullato Lobotka. Di conseguenza, il Napoli avrebbe avuto maggior possibilità di venir fuori dalla trappola tattica confezionata da Gasperini.

Pasalic sempre a pochi passi da Gilmour, nel primo e nel secondo tempo

In virtù di tutto quello che abbiamo scritto, e ovviamente del risultato finale, è inevitabile parlare in termini di disfatta. Di disfatta tattica, quantomeno. Ma in realtà il Napoli può guardare ad alcuni dati, tra quelli emersi dalla gara contro l’Atalanta, con una certa dose di fiducia. Intanto i 3 gol segnati dalla squadra di Gasperini sono arrivati in occasione degli unici – sì, esatto: gli unici – tiri in porta scoccati dai giocatori bergamaschi. Meret, per altro non proprio perfetto in occasione del gol del 2-0 di Lookman, non ha dovuto compiere un solo intervento. Inoltre, come se non bastasse, il primo gol dell’Atalanta nasce da un errore puramente tecnico – Olivera spazza in modo maldestro dopo un calcio d’angolo – e l’unica occasione vera costruita dalla squadra di Gasperini, gol a parte, è quella fallita da Pasalic all’ultimo minuto del primo tempo.

Tutto questo vuol dire che il Napoli, per quanto – come detto – sia stato surclassato dal punto di vista tattico, è riuscito a dare ancora prova di solidità. Oppure, per dirla meglio, non si è sfaldato nonostante le evidenti difficoltà a fare gioco. Non a caso, viene da dire, un’altra grande occasione fallita da Lookman e lo 0-3 di Retegui nascono da azioni arrivate dopo che Conte ha provato a dare la prima vera sterzata alla gara tattica. Vale a dire dopo gli ingressi in campo di Raspadori e Ngonge, con il conseguente passaggio al 4-2-4 puro.

A quel punto il Napoli è diventato leggermente più rapido e incisivo in fase d’attacco, ma poi Gasperini ha risposto inserendo Kossonou, Samardzic, Bellanova e Brescianini: tutti giocatori che, come dire, hanno rimesso la partita fisica dalla parte dell’Atalanta. E infatti la di Gasperini ha ricominciato a pressare come sa, da squadra vera e matura, ed è arrivata sul traguardo in modo trionfale.

Conclusioni

Come succede sempre, nel calcio, la vittoria tattica di un allenatore si compie, cioè diventa totale, anche per merito delle qualità di chi va in campo. Questa frase serve a dire che, come ha giustamente sottolineato Conte a fine partita, i duelli sono stati persi anche perché, almeno in questo momento, Hien è più forte di Lukaku, perché Lookman è più forte di Rrahmani, perché De Ketelaere non sarà più forte ma ha giocato meglio di Buongiorno. E così via. Insomma, l’Atalanta è una squadra che si incastra benissimo col Napoli e che, almeno in questo momento, ha dei valori pari se non addirittura superiori a quelli degli azzurri. Nell’undici titolare e – soprattutto – in panchina.

Di conseguenza Conte deve preoccuparsi, certo. Ma non così tanto. Nel senso: pochissime altre squadre di Serie A, molto probabilmente solo l’Inter, sono all’altezza di quella di Gasperini. Che, l’abbiamo detto e ridetto, ha stravinto la partita. Ma è stata anche cinica e fortunata – il palo colpito da McTominay un attimo dopo la rete di Lookman, in questo senso, è un evento molto significativo – in alcuni momenti decisivi.

Al di là di tutto questo, è chiaro che il Napoli ha pagato gli errori del suo allenatore. O meglio: ha pagato il fatto che alcune scelte di Conte, per una volta, si siano rivelate sbagliate. Certo, l’assenza di Lobotka e la decisione di non rinunciare mai a Lukaku hanno avuto un impatto, di fatto hanno costretto/costringono Conte a rimanere un po’ fermo sulle cose che ha costruito finora. Ma il punto è proprio questo: il Napoli deve continuare a sperimentare, a cambiare forma e anima. Non è (più) una squadra che può rimanere cristallizzata su un solo sistema, su un solo set di meccanismi. A maggior ragione quando gli avversari sono così forti, così in palla dal punto di vista fisico e mentale, e quindi forse sarebbe meglio sorprenderli, duellare con loro in modo diverso, evitando di scendere in battaglia sul campo che preferiscono.

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