Il professor Palacios-Huerta della London School of Economics: “Hanno aumentato a dismisura l’offerta, ma i beni sociali hanno successo grazie alla domanda in eccesso”
Ignacio Palacios-Huerta è professore alla London School of Economics. E cerca di spiegare sul Guardian perché la nuova Champions xl è (sarà) un fiasco anche dal punto di vista economico: è “troppo”, annoia. Lo fa in maniera molto didascalica, alla portata di tutti.
Comincia con un esempio: “L’anno è il 1991. Il luogo, l’Università di Chicago. La persona, Gary Becker, che poco più di un anno dopo sarebbe diventato premio Nobel per l’economia. In un famoso articolo accademico, annota: un famoso ristorante di pesce a Palo Alto, California, non accetta prenotazioni e ogni giorno ci sono lunghe code per i tavoli nelle ore di punta. Quasi dall’altra parte della strada c’è un altro ristorante di pesce con cibo simile, prezzi leggermente più alti e un servizio simile e altri comfort. Eppure questo ristorante ha molti posti vuoti la maggior parte del tempo. La domanda è perché. Perché il famoso ristorante non aumenta i prezzi, il che ridurrebbe la coda per i posti? Perché non aumenta l’offerta (espande la capacità) per ridurre la domanda in eccesso e capitalizzare sulla sua popolarità? La risposta è che farlo probabilmente non sarebbe ottimale. Potrebbe essere altamente dannoso per l’attività”.
E’ il successo della domanda in eccesso. Funziona benissimo per un sacco di cose: le rappresentazioni teatrali di successo a Londra, gli eventi sportivi più popolari, i locali notturni affollati, le sneaker in edizione limitata, le mostre d’arte eccetera eccetera.
“L’intuizione di Becker è che questi sono beni sociali, ovvero la domanda dei consumatori per il bene aumenta con la domanda degli altri. Gli individui sono più attratti da beni e servizi che gli altri trovano desiderabili e le persone sono più interessate a qualcosa quanto più è popolare”. “Quando consumiamo questi beni, non stiamo solo consumando i beni ma anche la popolarità del bene. E la popolarità aumenta con i prezzi e la domanda in eccesso”.
Arrivando alla Champions: “la Champions League rientra nella categoria dei beni sociali di successo, anzi, di beni di grande successo. Pochi possono immaginare una competizione di maggior successo che coinvolga lo sport più popolare al mondo. E questa competizione è chiaramente un bene sociale. Se compro un biglietto per una partita di calcio, puoi comprarne uno anche tu e ci godremo di più la partita. Se la guardo io e la guardi anche tu, possiamo parlarne domani in ufficio e dopodomani. Andiamo al pub a vedere la partita. Le interazioni all’interno della famiglia sono ovviamente un luogo importante per condividere il consumo dello sport. La Champions League è chiaramente caratterizzata da forti influenze sociali e su una scala geografica molto più grande rispetto ad altre competizioni”.
Ma… “il nuovo formato della Champions League significa che la Uefa ha deciso di aumentare l’offerta: da 125 partite a un totale di 189. I motivi dietro l’aumento dell’offerta non sono importanti. Abbiamo uno scioccante aumento del 51% delle partite. Ciò significa che la domanda in eccesso per le partite top è diminuita. Se la popolarità dipende dalla domanda in eccesso, il nuovo formato sta correndo un rischio enorme, passando dall’essere “in” all’essere “out”. Questa non è un’opinione e non è un artefatto di alcune equazioni matematiche. È un fatto”.
Poi il professor Palacios-Huerta diventa più tecnico, ma la sostanza è che il cambio di format è una mossa molto rischiosa, che probabilmente si ritorcerà contro alla Uefa. “Il punto è che una domanda in eccesso è spesso preferita perché rappresenta una situazione in cui le partite migliori sono molto ricercat e vividamente ricordate. Pur non massimizzando il profitto nel breve termine, questa strategia ha portato a un successo a lungo termine attraverso la creazione di un marchio e una domanda sostenuta. Ma è chiaro che Manchester City-Inter a settembre non è la stessa cosa di Manchester City-Inter ad aprile. Le partite migliori non sono riproducibili”.