Ancelotti perse una finale di Champions da 3-0 a 3-3 ma sa bene che trionfi e successi sono fenomeni ingannevoli
Guardiola ha reagito come un adolescente, per lui la sconfitta è una catastrofe (Gramellini)
Oggi i media italiani dedicano tanto spazio ai graffi di Guardiola, al suo esibito autolesionismo dopo il pareggio del City con il Feyenoord per 3-3 (vinceva 3-0).
Ecco cosa scrive Massimo Gramellini in prima pagina sul Corriere della Sera
Dopo che in campo la sua squadra di ex imbattibili era riuscita a farsi rimontare tre gol, Pep Guardiola si è presentato in conferenza-stampa con dei graffi sulla testa, neanche avesse incrociato la dottoressa Boccia negli spogliatoi. Ha spiegato di esserseli procurati da solo, per il dispetto. «Volevo farmi del male» ha detto con un sorriso, e lì ho cominciato a contare: quanto tempo passerà prima che sia costretto a chiedere scusa? Un paio d’ore, poi ha dovuto precisare l’ovvio e cioè che non intendeva scherzare sul tema serissimo dell’autolesionismo.
Resta il fatto che quei graffi se li è fatti davvero. Un gesto che lascia sgomenti perché siamo abituati ad abbinare la grandezza alla calma e Guardiola è un grande, un grandissimo, uno dei due allenatori più vincenti su piazza. Eppure, quando l’altro, Carlo Ancelotti, subì una rimonta di tre gol — e in una finale di Champions, mica in un turno preliminare qualsiasi — si limitò a sollevare un paio di volte le sopracciglia. Questione di indole, certo, ma anche di atteggiamento nei confronti della vita. Ancelotti sa bene che trionfi e successi sono fenomeni ingannevoli e si rifiuta di far dipendere il suo umore da un verdetto transitorio. Guardiola invece ha reagito come un adolescente: per lui il momentaccio del suo Manchester City non è una parentesi buia tra due arcobaleni, ma una catastrofe senza un domani. Per fortuna «domani arriverà lo stesso» e non lo dico io, lo canta il mio filosofo di riferimento: Vasco Rossi.
Il body-language di Guardiola suggerisce impotenza: Pep ha finito le soluzioni, non sa che fare (Daily Mail)
Pep Guardiola sta nettamente vivendo il periodo più complicato della sua carriera. Il catalano non sembra abituato ad essere nell’occhio del ciclone negativamente, seppure anche al Bayern non visse momenti idilliaci. Al City è riuscito a creare in 6 stagioni una squadra a detta di molti imbattibile, con due finali di Champions League conquistate (di cui una vinta) e tanti campionati inanellati, vinti consecutivamente anche contro colossi come il Liverpool di Klopp. Ora il ruolino è negativo o comunque parecchio inquietante: ieri sera all’Etihad ha avuto dell’incredibile la rimonta del Feyenoord, specialmente per la goffaggine con cui sono arrivati i tre gol della rimonta. Errori della difesa e di Ederson. Al termine della gara, il tecnico ex Barça si è presentato alla stampa graffiato, in preda ad un esaurimento (calcistico) andante. Ha dichiarato di volersi fare del male (forse questo avrebbe potuto risparmiarselo ndr).
Il noto quotidiano britannico Daily Mail ha raggiunto un’esperta del linguaggio del corpo per decifrare i gesti profondi del nervosismo esplicito di Guardiola: si tratta di Judi James. Ecco quanto da lei dichiarato:
«Il linguaggio del corpo di Guardiola in questo caso è quello che potrebbe passare per un allegro sorriso, con tanto di rughe agli angoli. Tuttavia, se combinato con gli altri segnali di angoscia, frustrazione e persino impotenza, il sorriso appare incongruo e più un sorriso ironico che qualcosa che si avvicini alla vera felicità. Lui ride perfino mentre esce dalla conferenza, ma quel rituale è così profondamente incongruo che riceve persino un rassicurante ‘ti riprenderai’ da una stampa solitamente poco empatica.
I suoi graffi sulla testa e sul naso sembrano ferite di guerra riportate dal campo di battaglia. Mima persino l’unghia che sul naso e il gesto sembra un rabbioso sfregamento di un fiammifero e alla fine è accompagnato da un colpo di lingua di disgusto e rifiuto. Autoaggressioni di questo tipo possono variare dal mangiarsi le unghie fino a forme più gravi di autolesionismo. Il linguaggio del corpo che graffia e si morde le unghie può derivare da un’aggressività frustrata o frustrata. Quando un animale non riesce a combattere per qualsiasi motivo, spesso rivolgerà l’attacco contro se stesso da uno stato di eccitazione aggressiva frustrata.
Lui sorride ironicamente mentre dice che ‘devono’ migliorare, ma i suoi gesti diventano delle scrollate di spalle, il che suggerisce che potrebbe non sapere come fare in questo momento.»