Non sono (ancora) doping, i respiratori a monossido di carbonio aiutano a migliorare le prestazioni ma allo stesso tempo, usati a dosi eccessive, possono essere letali
L’Unione ciclistica internazionale (Uci) ha chiesto ai ciclisti e ai team di evitare l’uso dei controversi inalatori di monossido di carbonio. Si tratta di una pratica che, al momento, non è considerata doping e che usano anche campioni come Tadej Pogacar e Jonas Vingegaard.
I respiratori a monossido di carbonio aiutano a migliorare le prestazioni, ma allo stesso tempo, a dosi eccessive possono essere letali. La federazione internazionale accetterebbe solo l’uso medico di una singola inalazione di monossido di carbonio in un ambiente medico controllato, perché il suo uso ripetuto potrebbe creare ipossia artificiale, che può essere molto pericolosa.
Inoltre, l’Uci ha chiesto ufficialmente anche all’Agenzia mondiale antidoping (la Wada) di pronunciarsi sull’utilizzo di questo metodo da parte degli atleti.
I sostenitori della terapia con monossido di carbonio sottolineano che la tecnica consente di analizzare i valori del sangue in modo più accurato. Come funziona lo ha spiegato lo stesso Pogacar: “Facciamo gonfiare un palloncino per un minuto, è un test che dobbiamo ripetere ogni due settimane. Non è che lo facciamo ogni giorno”, in modo da simulare i benefici fisiologici di un periodo di allenamento in quota. Ma secondo molti con un consumo regolare aumenterebbe il consumo massimo di ossigeno”.