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Troppi tiri da tre, nessuno difende, che palle: la crisi di ascolti del basket Nba negli States

Ormai le partite finiscono anche 150 a 140. Shaquille O’Neal: “Curry e gli altri tiratori hanno fatto un pasticcio”. Il pericolo robotizzazione

Troppi tiri da tre, nessuno difende, che palle: la crisi di ascolti del basket Nba negli States
PORTLAND, OREGON - APRIL 09: Stephen Curry #30 of the Golden State Warriors looks on during the second quarter against the Portland Trail Blazers at Moda Center on April 09, 2023 in Portland, Oregon. Steph Chambers/Getty Images/AFP Steph Chambers / GETTY IMAGES NORTH AMERICA / Getty Images via AFP

È un fenomeno che va avanti da un po’, sempre peggio: l’Nba, il basket americano, è diventato una palla. Almeno fino ai Playoff. La stagione regolare è piena di partite quasi inutili, sempre uguali, con i campioni che si risparmiano. Un’infinita gara di tiri da tre. Esempio, solo l’ultimo: nell’ultima giornata Grizzlies-Raptors è finita 155-126, Hawks-Bulls 141-133. “Una vera follia”, scrive Marca. “Storicamente, agli americani piacciono gli sport dove ci sono molti punti, gol… ed è per questo che non riescono a capire, non concepiscono e si annoiano, ad esempio, quando una partita di calcio finisce 0-0”. Epperò anche così, non ne possono più. E infatti ora in patria l’Nba affronta un impronosticabile calo di ascolti. Per la stagione in corso, iniziata a fine ottobre, sono diminuiti del 19% rispetto all’anno precedente. Vende tanto all’estero, ma in patria…

Un fenomeno di cui scrive anche la Faz, in Germania. In Europa è un tema che piace proprio perché qui l’Nba invece tira tantissimo. Il giornale tedesco scrive che il problema, almeno quello tecnico, sono appunto i tiri da tre. La rivoluzione di Steph Curry, “la cui capacità di affondare con precisione la palla nel canestro da lunghe distanze è diventata il catalizzatore per una comprensione completamente nuova del gioco”. Ha cambiato tutto.

La scorsa settimana nella partita tra i Golden State Warriors e i Dallas Mavericks hanno tirato 95 triple, un record. Il quattro volte campione Nba Shaquille O’Neal, che fa il commentatore per TNT dice che il gioco è diventato “noioso” perché “vediamo tutti sempre la stessa cosa”. Ogni squadra gioca “con le stesse mosse. Stephen Curry e tutti gli altri ragazzi hanno fatto un pasticcio”.

La Faz scrive che la Nba ha problema da “comma 22”: “Gli investitori ultra-ricchi esigono incessantemente dai campioni tutta l’energia di cui dispongono: 82 partite regolari, più play-off per mesi per i migliori, ma l’intera stagione in poco più di sette mesi”.

Bella la l’analisi che ne fa il musicologo Ken McLeod: “Sia la musica che gli sport come il basket si basano su flusso ritmico, poliritmi e sincope che sconvolgono e decentrano le aspettative del pubblico o degli avversari. Per ora, la lega è un laboratorio in cui gli statistici esplorano l’improvvisazione e spontaneità per misurarla, smontarla e, ancor più tragicamente, demistificarla nel modo più preciso possibile. La rivoluzione dei tre punti si basa nient’altro che su un semplice concetto aritmetico: tre è più di due. Un calcolo che non funziona più se il più si trasforma in meno”.

Holger Geschwindner, uno studioso matematico e fisico che, come mentore di Dirk Nowitzki, ha dimostrato che metodi insoliti possono portare al successo nella Nba, metteva in guardia già anni fa sul basket che va “nella direzione dei robot”, come se i giocatori eseguissero una sorta di scacchi in maniera “programmata e analiticamente pulita”.

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