L’uomo che venne a salvare gli uomini afflitti sull’A16, è stato la prosecuzione del Terrae Motus di Lucio Amelio. Con lui se ne va uno stato dell’anima
Un giorno si parlerà del tempo di Kvaratskhelia
Kvara può davvero lasciare Napoli, se non l’ha già fatto, per andare oltralpe o addirittura oltremanica. Il Prometeo azzurro, quello che venne a salvare gli uomini afflitti sull’A16, rivelando loro il fuoco del sogno possibile. Il segreto custodito dalla storia pallonara, quello caro al dio georgiano parente di qualche misterioso dio nascosto dalle nostre parti. L’idolo dei bambini. Tra trent’anni, ci sarà chi parlerà del tempo di Kvara come lo è stato di Maradona. E pure, tanta bellezza, grondata a grappoli, raccolta in botti di meraviglia, in recipienti di clamore, è stata bevuta tanto rapidamente da dimenticarne il valore. Per un attimo è capitato anche a me. E’ bastato però chiudere gli occhi e ricordare, come in un roboante flash black, tutto il carico di bellezza racchiusa in uno scricciolo di talento, cosi fragile all’apparenza, cosi potente nella declinazione del gioco. Un talento fuoriuscito dalla polvere, raccolto a mano dal magma che tumultuoso scortava la città verso il trionfo.
Kvara è stato per il Napoli la prosecuzione del Terrae Motus di Lucio Amelio, quel progetto di creatività sulle ceneri di un evento traumatico, come il ritiro blindato di Dimaro e le fucilate morali a Spalletti e compagni. Semplicemente geniale, in pochi mesi è passato da sconosciuto sui taccuini di tutto il mondo mentre scortava le emozioni al di qua dell’impossibile. Kvicha Kvaratskhelia è stato l’unico capace di riaccendere e, nel contempo far convivere, la malinconia di Diego con la voglia di rivivere quei giorni, riuscendoci, trascinandoci, portandoci sopra una nuvola grande quanto tutta Italia.
Kvaratskhelia una pepita rara
Mi viene in mente una frase che era solito ripetere mio nonno, grandissimo tifoso del Napoli da Jeppson al Pampa Sosa. “Vvuò sentere ‘a Caruso pe’ duje solde”. Vuoi ascoltare il grande Caruso, pagando una miseria. Questo è accaduto. L’idolo indiscusso del terzo scudetto (assieme a Osimhen), il più ambito dai top-club europei, il crack mondiale, con un ingaggio da rincalzo, da sacrificabile. Acquistato per pochi spiccioli, rivelatosi una pepita rara, preziosa, unica. Lui, il nostro Kvicha, l’uomo che stordì la Juventus al Maradona nella cinquina orgasmica. e scoccò frecce irripetibili, ci sta lasciando come uno qualsiasi, scappando quasi da quello che era il suo paese delle meraviglie. Kvara può davvero lasciare Napoli, se non l’ha già fatto, e se accadesse non andrebbe via solo un calciatore, ma un sentimento, un’emozione, un sentiero improvviso che da un’arida sterpaglia ci ha condotti davanti al mare. Nessuno tocchi Kvara, seppur le logiche ciniche di un pallone adulto e prosaico ne giustificheranno l’addio, nessuno lo tocchi. Noi che ci siamo amati e abbracciati quel 4 maggio, tra fumi e colori, tra lacrime e sorrisi, gli dobbiamo tanto, almeno una parte di anima, quella a cui abbiamo dedicato un triangolo azzurro.