Non mi straccio le vesti. Non ha la potenzia bruciante da fermo né l’allungo “omicida” di Leao. Ma deve essere sostituito con un pari livello
Kvaratskhelia è un ottimo giocatore ma non è né Robben né Ribery
Sarà quel sentimento che ci portiamo dentro tutti noi tifosi napoletani che abbiamo vissuto l’era di Maradona, quello per cui una volta abituati (o rassegnati?) al fatto di vederlo andare via così, nel giro di una notte, cosa vuoi che sia ogni altra perdita di un qualsiasi altro calciatore che ha vestito l’azzurro. E quindi, in soldoni (questa è la tesi che vado sostenendo) … che Kvaratskhelia se ne andasse dove vuole, me ne farò una ragione calcistica prima ancora che umana.
Sarà che mi incazzo ogni volta che sento associare la parola “professionista” a chiunque leghi una scelta di vita alla mera questione economica, come se scegliere di guadagnare altrove 5/6 volte quanto si guadagna nella “sede a quo” debba per forza essere legato ad aspetti professionali, dimenticandosi che il concetto di “professionista” è legato (ed è nato) per identificare chi sappia svolgere un dato mestiere “ad arte”, e non per identificare chi per svolgerlo viene remunerato a prezzi impazziti.
Ed anzi, qui sta una delle cose che mi fa più incazzare: oggi scegliere il Psg al posto del Napoli non ha alcuna valenza di “crescita professionale”, perché vai a giocare per una squadra che non lotta per vincere niente più che un campionato considerato peggio di quello arabo.
E quindi la scelta è solo economica, seppure rimanendo a Napoli andresti a guadagnare quanto nel tuo paese un operaio guadagna in mille vite, e quindi che cazzo hai da lamentarti?
Sarà che sorridevo quando leggevo (non mi ricordo dove: forse sul Napolista?) che il New York Times gli dedicava copertine e clamori, come se fosse d’un tratto apparso al mondo il nuovo George Best, mentre al massimo ci trovavamo (e troviamo) di fronte un ottimo giocatore.
Negli ultimi dieci anni ne abbiamo persi di più forti rispetto a Kvaratskhelia
E quindi già all’epoca, tra il divertito e lo sgomento, mi chiedevo: ma il Nyt a Robben (o a Giggs o a Ribery, tanto per fare un paio di esempi) ha mai dedicato copertine e clamori? E allora, di cosa stiamo parlando?
Sarà questo o anche altro (non ancora ben identificato, lo ammetto), ma c’è a chi – come me – l’addio di Kvaratskhelia non produce alcuna disperazione, perché penso che si stia perdendo un calciatore molto, molto meno forte di quelli che abbiamo continuamente perso negli ultimi 10 anni (Cavani, Lavezzi, Higuain, Hamsik, Kim, Osimhen, Mertens … Vi bastano?) Eppure siamo ancora qua a giocarcela.
Certo, il fatto che invece un allenatore del calibro di Conte nella conferenza stampa quasi a ciò dedicata abbia lanciato quei “messaggi” rispetto alla sua eventuale cessione mi fa pensare che forse io stesso mi sia perso qualcosa o che forse di calcio capisco poco. Oddio, forse è cosi (anche se penso che quei “messaggi” più che al dolore per la perdita del calciatore, riferissero il chiaro intento dell’allenatore di mettere chi di dovere di fronte all’evidenza per cui in questa fase storica il Napoli può e deve ambire ad essere protagonista, non lesinando anche sforzi economici per esserlo: in sostanza, se vuoi rimanere attrattivo, quando va via chi calcisticamente vale 10 devi comprare un sostituto che calcisticamente vale 10).
Ciò detto, penso che allo stato, e cioè considerata una media ponderata di valutazione del calciatore che abbraccia gli interi due anni e mezzo di sua permanenza al Napoli (e cioè, per intenderci: non solo gli sfavillanti primi sei mesi, ma anche il tempo successivo), Kvaratskhelia sia un ottimo giocatore, nulla di più.
Un giocatore che ha dalla sua il fatto di volere (anzi, di dovere – per esaltarsi di più) stare sempre in partita, cioè di farsi dare e giocare tantissimi palloni durante il match, andandoseli a cercare anche quando bruciano per il timore di perderlo o di prendersi fischi per il rischio di giocate forzate. Ciò che lo rende un giocatore coraggioso, di quelli che non hanno pause durante la partita, ma su cui puoi sempre contare che provino a giocarla fino a cercare di risolverla personalmente.
Questo è, per chi scrive, un dato di grande importanza nella valutazione positiva del calciatore. Che però nasconde in sé stesso il rovescio oscuro della medaglia. La voglia di giocare tanti palloni e di provare a risolverla da solo rende Kvaratskhelia un giocatore di quelli ascrivibili alla categoria dei calciatori per cui una volta ricevuta la palla, l’azione è finita.
Esatto, proprio così.
Li cerchi o se la fanno dare in continuazione con l’intenzione di provarci loro, ed a quel punto nove volte su dieci dimenticano, ed anzi nemmeno guardano il movimento delle difese (i raddoppi, le “scalate” avversarie effettuate per non regalare campo alle giocate, etc.) o dei compagni (le uscite dai blocchi per fornire la sponda per eventuali uno/due come quelli tra Lukaku e Neres, i tagli verso la profondità opposta a quella da cui converge il portatore di palla per chiamare l’imbucata), per andare a concludere personalmente ciò che loro stessi non possono più concludere – perché non ce ne sono più i presupposti.
Ora, intendiamoci, il calcio forse è davvero lo spettacolo più bello del mondo quando si ha a che fare con tipi di giocatori del genere.
Però devi avere a che fare con calciatori che questi colpi li hanno e sanno portarli a frutto anche e soprattutto quando gli altri sono abituati a leggere le giocate che si è soliti fare.
Ebbene, è proprio questo il punto.
Kvaratskhelia è ormai imbrigliato nelle letture che gli altri danno alle sue giocate perché le sue giocate sono non solo ripetitive, ma anche effettuate da chi non ha uno spunto da fermo tale da lasciare inchiodati sul posto (anche dribblandoli sul loro piede forte) i difensori che, ben posizionati, vanno a contrastarlo.
È veloce sì ma non da fermo
Perché Kvaratskhelia è veloce, si, ma non da fermo: cioè non ha quella velocità esplosiva che gli consentirebbe (partendo sul posto, piuttosto che dopo aver già preso velocità) di imprimere una tale accelerazione alla sua giocata (in portamento del pallone) da eludere i blocchi difensivi già in posizione e pronti al raddoppio.
Non è Vinicius o molto più semplicemente Neres, appunto.
Ma attenzione.
Da quello che si sta vedendo, Kvaratskhelia è veloce, si, ma non così veloce da determinare capovolgimenti di fronte in grado di spaccare le partite quando porta palla a campo aperto. Per intenderci, quando si parte in contropiede, ho notato spessissimo che Kvaratskhelia ha bisogno di toccare molte (troppe) volte il pallone per coprire ampie zone di campo, e questo lascia intendere che ha una frequenza di passo non da killer del campo aperto.
Non è Sané o molto più semplicemente Leao, per intenderci.
Non ha le due succitate caratteristiche in questione, quindi, ed è quello che secondo me lo ha fatto molto soffrire nel periodo successivo di cui sopra, durante il quale, per intenderci, da un lato gli avversari hanno imparato a leggergli le giocate (un po’ troppo codificate e solite), e dall’altro lato gli si è levata una catena di costruzione (quella con Rui e Zielinski, per intenderci) ed una modalità di costruzione del gioco (quella che attraverso improvvise rotazioni finiva con il metterlo uno contro uno contro il suo diretto difensore rubando un tempo di giocata alle scalate difensive avversarie) che lo hanno fatto rendere al meglio per quello le caratteristiche che ha.
Non è un giocatore che brucia l’avversario da fermo e/o a difesa posizionata, né un giocatore che uccide la squadra avversaria con 70 metri di campo da coprire palla al piede (e cioè uno dei due tipi di giocatori che servono al Napoli di oggi od a chiunque voglia giocare in questo modo), ma un giocatore con ottimi mezzi tecnici in grado di poter incidere (ad avviso di chi scrive) se inserito in un contesto/sistema di gioco in parte più orizzontale, in parte più in grado di favorirne le entrate dentro al campo attraverso tagli e movimenti che lo mettano uno contro uno più in quella zona che negli ultimi dieci metri esterni di campo.
Insomma, è vero che, appunto rimanendo un ottimo giocatore, ora abbiamo il problema di sostituirlo con un altro ottimo giocatore, altrimenti il messaggio di Conte sarà reso vano, e si finirà per perdere punti nella lotta scudetto.
Ma è anche vero che sarebbe opportuno, anche per il più appassionato dei tifosi, mantenere un minimo di lucidità: seppure con valutazione che potrebbe essere dopata dalla non eccelsa qualità del campionato italiano, non stiamo perdendo il Ribery del biennio 2010/2012, ma soltanto un ottimo giocatore. Appunto.