ilNapolista

In difesa di Kvaratskhelia e contro l’insopportabile retorica del tradimento

È stato un alfiere dello scudetto che abbiamo vinto proprio perché quella squadra non viveva la città. Basta con questo flagello della napoletaneria

In difesa di Kvaratskhelia e contro l’insopportabile retorica del tradimento
Napoli 11/03/2023 - campionato di calcio serie A / Napoli-Atalanta / foto Imago/Image Sport nella foto: esultanza gol Khvicha Kvaratskhelia

In difesa di Kvaratskhelia e contro l’insopportabile retorica del tradimento

Uno tsunami di letame si sta abbattendo su Khvicha Kvaratskhelia reo di aver tradito e di aver abbandonato la nave per andare a guadagnare appena appena sei volte di più. Quisquilie. Peraltro a Parigi, non in Alaska. Impazzano vorticosamente sui foto di cartonati di Kvaratskhelia nei cassonetti dell’immondizia, considerazioni sulla sua presunta estraneità (sempre sia lodata) al tessuto cittadino. Oltre a uno status dello scrittore Maurizio de Giovanni che potremmo definire “del cassettone”. A fare da contrappeso ci sono le foto della visita notturna del georgiano davanti al murales di Maradona ai Quartieri Spagnoli. Insomma Napoli nella sua essenza più pura. Napoli come piace a quelli che adorano incastonarci in questa dimensione folclore-sceneggiata.

Assistiamo francamente basiti a tutto questo  nonostante non possiamo dire di essere stati colti di sorpresa. Partiamo da de Giovanni (che peraltro su Conte è da sempre impeccabile, lontano dai mal di pancia degli insopportabili esteti e degli allergici al bianco e nero). La metafora del cassettone ci pare del tutto sballata. Innanzitutto perché Kvara (insieme ad altri ma più di altri) ci ha lasciato non un cassettone ma un mobile Luigi XIV che resterà nella storia. Non solo. Ma per quel “Luigi XIV” è stato a lungo pagato, invece, come se avesse realizzato un cassettone. Un dettaglio che non ci pare di poco conto. Perché sì, alla fine il Napoli gli ha proposto un rinnovo a circa sei milioni di euro. Ma lo ha tenuto a lungo (e per tutto l’anno post-scudetto) a uno stipendio bassissimo soprattutto in relazione al valore dimostrato dal calciatore. È un aspetto della politica societaria che finisce con l’incattivire i calciatori. Kvaratskhelia è solo l’ultimo di un lungo elenco. I fatti stanno lì a dimostrarlo.

Kvarastkhelia ci ha emozionato. Ci ha regalato un calcio sontuoso, poetico e – attenzione – lo ha coniugato con i risultati. È arrivato avvolto da una coltre di scetticismo, con la piazza in piena tempesta in quella che era stata definita una smobilitazione e invece era la migliore campagna acquisti e cessioni di tutti i tempi. Kvara ha impiegato pochi minuti per far comprendere che tra lui e Insigne c’era una discreta differenza. È stato uno degli alfieri del terzo scudetto. Terzo. Non trentasettesimo. Noi tre scudetti abbiamo vinto, vogliamo anche “sputare” su chi lo ha conquistato? È un lusso che non possiamo consentirci. Lo dice la matematica, oltre alla storia.

E a proposito di storia, vorremmo qui ricordare che il Napoli quello scudetto lo ha vinto anche (se non proprio) perché Kvara, e come lui Kim e Osimhen, non vivevano la città. Non parlavano una parola di italiano. Non hanno chiamato i loro figli Gennaro, Assuntina, Filomena. Non andavano a mangiare da Nennella. Magari detestavano la mozzarella (vivaddio). E meno male che non vivevano la città. Altrimenti non avremmo vinto. È una frase che andrebbe scritta a caratteri cubitali nel cielo di Napoli. Non se ne può più di questa retorica caricaturale (la napoletaneria cara a La Capria) che ci affligge da sempre e ci affliggerà – ahinoi – nei secoli dei secoli. Proprio la scorsa settimana Claudio Velardi per il Rifomista ha intervistato il sindaco Gaetano Manfredi e il primo cittadino ha detto: «mi dà fastidio il racconto per cui il napoletano è uno che deve far casino, deve dare pacche sulle spalle a chiunque, adda sapè canta’. È un’autorappresentazione che svilisce la città. A volte da fuori ci vedono un po’ come fenomeni da baraccone. Anni fa ero in Giappone – i giapponesi sono molto amanti della canzone napoletana – e un collega mi disse “Stasera devi cantare”. Io gli risposi: “guarda, io sono del tutto stonato”. E lui: “ma com’è possibile? Sei napoletano…” Questa è una gabbia di cui a volte diventiamo schiavi e vittime».

A parte l’applauso a scena aperta al sindaco, vorremmo qui dire che noi sogniamo un Napoli di celiaci, una rosa completamente allergica al lattosio. Non ce ne frega niente di avere calciatori che mangiano la pizza e tutto l’armamentario che abbiamo già sfoderato (pratica onomastica compresa). È un atteggiamento tribale che almeno qui sul Napolista respingiamo in toto. E aggiungiamo che le parole del sindaco ci sembrano molto in linea con alcune considerazioni espresse da Antonio Conte in questi mesi come quella – profondamente napolista – sulla differenza tra vincere per miracolo e vincere con un progetto.

Vorremmo poi ricordare qualche cenno storico probabilmente dimenticato dai più. Hamsik, sì lui Marekiaro, andò via a gennaio, se ne andò in Cina nel mercato invernale, nel bel mezzo del campionato. Cavani rimase tre anni a suon di rinnovi e, dettaglio fondamentale, quando tornò col Psg venne fischiato al San Paolo in una delle performance più penose della nostra tifoseria. Per inciso, Cavani ha segnato 104 gol in tre anni. Diego, sì Maradona, se ne voleva andare dal Napoli. Si era promesso al Marsiglia, non ne poteva più di stare qui. Non ci riuscì perché Ferlaino non tenne fede al patto («io ti faccio vincere la Coppa Uefa e tu mi lasci andare») e perché allora la volontà dei calciatori contava zero anche se si chiamavano Maradona. Potremmo continuare all’infinito.

Kvaratskhelia e il Napoli avrebbero dovuto trovare una soluzione per finire la stagione, questo sì. Perché è assurdo perdere il calciatore più rappresentativo a gennaio quando si è in piena lotta scudetto. Ma la vulgata del traditore non sta né in cielo né in terra. Kvara è stato un grandissimo calciatore del Napoli. Lo sarà sempre. Il finale non è stato all’altezza ma certamente non solo per responsabilità sua.

ilnapolista © riproduzione riservata