Al Messaggero: «Secondo loro dovrei segnare due gol a partita. Mi piace lo stile di Lukaku, abbiamo caratteristiche in comune»

Artem Dovbyk è stato acquistato dalla Roma nella scorsa estate, dopo aver disputato un’ottima stagione al Girona e un buon Europeo. L’attaccante ci ha messo un po’ prima di adeguarsi allo stile italiano – complice una stagione abbastanza complessa per la Roma – ma alla lunga stanno venendo fuori le sue qualità. Alla vigilia della gara contro il Napoli, è stato raggiunto dai microfoni de Il Messaggero, noto quotidiano romano.
Dovbyk: «Mi ispiro a Lukaku, sono un misto tra lui e Dzeko»
Di seguito un estratto della lunga intervista a Il Messaggero:
«È il primo anno che gioco così tanto, su tre fronti. Il nostro staff medico ha fatto di tutto per aiutarmi e ora dopo le cure mi sento molto meglio. Ho giocato infortunato, non al cento per cento, e sono sceso in campo comunque, è stato un mio errore, avrei dovuto riposare ma sentivo il bisogno di stare con la squadra nei momenti difficili. Ora, però, mi sento bene.»
Ha avuto più problemi con la lingua o in campo?
«La lingua del calcio è universale. Sono arrivato in Italia dopo l’esperienza in Spagna, dove si gioca un tipo di calcio completamente diverso. Adesso sto cominciando a capire la Serie A, si gioca più uomo contro uomo, con difese aggressive e compatte, è difficile destreggiarsi. Non è semplice giocare contro tre difensori avversari in area. Fa parte di un percorso di adattamento.»
Ma è possibile che da De Rossi a Ranieri, passando per Juric, dicano tutti che «la squadra deve imparare a servire meglio Artem»? È veramente così difficile?
«Bella domanda. In allenamento ci lavoriamo e funziona tutto bene. In partita è diverso. A me, per esempio, piacerebbe fare tanti assist come quello per Dybala a Milano, ma c’è sempre poco spazio intorno a me. Qui in Italia per un attaccante è diverso, col Girona mi abbassavo molto e partivo quasi sulla linea del centrocampo. Ora mi vengono chieste cose diverse, come andare in pressing sul centrale avversario, liberare gli spazi per i compagni, far salire la squadra spalle alla porta. lo cerco di fare quello che l’allenatore mi dice.»
C’è chi l’accosta a Dzeko. Le piace o la infastidisce?
«So che esiste questo paragone. Ho parlato con Edin prima di venire qui e mi ha spiegato come sia difficile fare l’attaccante a Roma. È una città che vive il calcio 24 ore al giorno e i tifosi vogliono che tu segni in ogni partita. Lo capisco, me lo aspettavo, anche Dzeko ha avuto qualche problema nella prima stagione. Ho imparato tanto in questi mesi e sono fiducioso.»
Come vive questa pressione?
«Non leggo molto. Shevchenko mi ha sempre consigliato di comportarmi con naturalezza. Ho capito che Roma è il calcio. Qui ci sono radio, tv, giornali, io mi comporto come una persona normale, amo il mio lavoro e do il massimo.»
Legge i social?
«Qualche volta ma non mi metto a leggere i commenti o altro perché so che non aiuta. Anche perché altrimenti dovrei leggere tutti quelli che ce l’hanno con me per questo maledetto Fantacalcio. Secondo loro dovrei segnare due gol a partita».
Domenica affronta un altro mancino doc, Lukaku. In molti pensavano di rivedere in lei un nuovo Romelu, invece a chi sente di poter somigliare?
«Forse sono un mix tra lui e Dzeko. Ho guardato Lukaku nel suo primo anno all’Inter, quando segnava tanti gol e faceva tanti assist. Il suo stile mi piace, abbiamo caratteristiche in comune. Personalmente, se serve, mi adatto al modo di giocare della squadra, a quello che mi chiedono. Se posso aiutare proteggendo palla e smistando mi va bene. Certo, lo ripeto, se arrivano tanti palloni con i cross ho più possibilità di segnare, dopo tutto sono un attaccante.»
Con Ranieri, invece, che rapporto avete?
«Sembra un po’ come il nostro nonno, è molto calmo, ma quando la squadra ha bisogno di essere spronata e ha bisogno di una scossa, lui sa farlo molto bene. È un ottimo psicologo, sa cosa dire al momento giusto, sa anche quando è più utile il silenzio. È importantissimo, mi piacerebbe se restasse in panchina.»