A Repubblica: «I tifosi pensavano che da francese non capissi nulla dell’Italia. Vedo Schumacher spesso, è parte di me, mi ha insegnato l’umiltà».
L’intervista rilasciata a Repubblica da Jean Todt, ex direttore generale della scuderia Ferrari. Ha parlato del legame con l’ex pilota Michael Schumacher.
Todt: «Arrivato in Ferrari, costrinsi tutti a lavorare anche di notte»
Ci chiediamo sempre di Michael…
«Lo vedo regolarmente e con affetto, il nostro legame va oltre i trascorsi di lavoro. E’ parte della mia vita, che oggi è molto lontana dalla Formula 1; oggi combatto una pandemia silenziosa, le vittime degli incidenti stradali, il 90% nei Paesi a basso reddito».
Il passato in Ferrari è un peso?
«La vita è fatta di capitoli e quello è stato il più importante e stimolante della mia vita. A Maranello ho trascorso 16 anni come capo delle corse e poi amministratore delegato, e questo mi è rimasto siglato sulla pelle. Dovunque vada, la gente mi assimila ancora oggi a quel periodo».
Perché ai tifosi non piaceva all’inizio?
«Pensavano che da francese non capissi nulla dell’Italia, che fossi lì per prendere dei soldi e poi sarei scappato. Quando arrivai nel 2003 trovai un castello in rovina, non c’era niente. Convocai tutti e piano piano abbiamo costruito un gioiello. Li costrinsi a lavorare di più, anche di notte. Andavo da loro con le brioche, mica aspettavo a casa gli sviluppi. Sono stato bravo a tenere e formare una squadra per anni, facendone un dream team, ma da solo non avrei fatto nulla».
La Ferrari di oggi ha similitudini con la sua?
«Da spettatore non ho elementi per giudicare, non sono neanche curioso di sapere cosa si fa all’interno. Quando sono andato via nel 2009 la squadra c’era e c’è ancora, anche se non al livello per i titoli».
Leclerc potrebbe soffrire accanto ad Hamilton?
«Per me ha invece un’opportunità. La stessa di Russell con Hamilton; tutti vogliono superare un campione. Eredi di Schumacher? Vettel, Hamilton e Verstappen. Michael è un amico, mi ha insegnato l’umiltà; sembrava arrogante, ma invece era timido, si proteggeva, voleva vivere come una persona normale».