Il pareggio (non una sconfitta) va considerato quello che è. Può succedere. Anche a Bergamo Spinazzola prese il posto di Neres
Una partita a scacchi
Roma-Napoli 1-1 è stata una partita di calcio giocata come se fosse una partita di scacchi. Ranieri e Conte hanno messo a punto delle strategie iniziali atte a sfruttare i difetti dei loro avversari, poi mosse e contromosse tattiche nel corso della serata, infine si sono abbandonati a letture più elementari, quasi basiche. Ne è venuto fuori un pareggio sostanzialmente giusto, che lascia l’amaro in bocca alla squadra e all’allenatore che hanno subito gol al minuto 92. Al tempo stesso, però, va detto anche che alcune scelte di Conte – non tutte obbligate, come vedremo – hanno pagato meno rispetto a quanto avvenuto in altre occasioni.
Ma andiamo con ordine e partiamo dall’inizio. Ovvero dagli schieramenti iniziali e dall’atteggiamento tenuto da Roma e Napoli. Due squadre che, per come sono scese in campo ieri all’Olimpico, si possono considerare ai due estremi di un ideale spettro tattico basato sull’aggressività in fase passiva. Sì, perché la Roma ha approcciato la partita con un 4-4-2 in blocco basso (baricentro medio posto a 43 metri nel primo tempo) che, come dire, non contemplava troppo il pressing come meccanismo di recupero del pallone. Da parte sua, invece, Conte ha disposto il Napoli con l’ormai consolidato 4-3-3 in fase di possesso. Solo che però i calciatori in maglia azzurra hanno cercato di difendersi andando in avanti. Di invadere la metà campo avversaria come non facevano da tempo. Al punto da deformare il sistema di gioco in un 4-4-2 iperoffensivo quando c’era da riprendersi il possesso.
In alto, l’aggressività difensiva del Napoli. Sopra, invece vediamo il blocco basso della Roma: dieci giocatori schierati nella trequarti difensiva.
Come si vede chiaramente dalla seconda immagine appena sopra, Anguissa era il giocatore che determinava il passaggio – attraverso la pressione coordinata con Lukaku sui due centrali della Roma – al 4-4-2. Ma anche Lobotka si portava molto avanti, cercava di chiudere o comunque di sporcare sul nascere la linea di passaggio verso Cristante. In altri momenti del primo tempo, questa dinamica è stata addirittura esasperata dal Napoli. Nel senso che il mediano del Napoli a volte saliva altissimo pur di seguire a uomo il centrocampista della Roma. Ecco qui un’immagine piuttosto eloquente:
Per seguire Cristante, Lobotka si porta sulla stessa linea di Lukaku e Anguissa
Da questo scontro di idee e di concetti, sempre guardando al primo tempo, è venuta fuori una partita comandata dal Napoli, sì, ma equilibrata dal punto di vista delle occasioni. La squadra di Conte ha tenuto il possesso per il 57% del tempo di gioco, in alcuni segmenti è riuscita a schiacciare gli avversari nella loro metà campo, di fatto ha impedito alla Roma qualsiasi tipo di costruzione ragionata.
D’altra parte, però, va anche sottolineato come il gol di Spinazzola sia arrivato su uno dei due tiri in porta (su 3 conclusioni complessive) tentati dal Napoli. Pochino, anzi davvero poco. È vero: la Roma ha fatto ancora meno, un solo tiro nello specchio e per altro su azione d’angolo (colpo di testa di Ndicka cntenuto bene da Meret). Ma questo non toglie che il gioco proposto dalla squadra di Conte, almeno quello visto a Roma, sia stato poco vario e quindi facilmente leggibile.
Il gol di Spinazzola
Il vantaggio del Napoli, non a caso viene da dire, è arrivato grazie a un’azione del tutto particolare. Anche unica, si può dire, nel contesto della prestazione offerta dagli azzurri. Tutto nasce da un momento in cui le rotazioni determinano una costruzione a tre con Rrahmani, Lobotka e Juan Jesus. Il doble pivote del 3-2-5 è formato da Di Lorenzo e McTominay, mentre Anguissa e Spinazzola pensano e si muovono da mezzali, affiancandosi a Lukaku. Proprio Spinazzola taglia perfettamente alle spalle di Mancini e il suo inserimento viene premiato da un lancio preciso di Juan Jesus. Svilar sbaglia completamente il tempo dell’uscita, l’esterno sinistro azzurro ha la sensibilità tecnica che serve per anticiparlo e far rimbalzare la palla in rete con un pallonetto dolcissimo.
Movimento perfetto, lancio giusto, uscita rivedibile
I movimenti ad accentrarsi dei terzini, un attacco della profondità, un passaggio lungo ben calibrato. Scacco matto in tre mosse, ed è così che il Napoli ha concretizzato il dominio territoriale del primo tempo. Il fatto che il gol sia arrivato grazie a una manovra così atipica, soprattutto nel contesto di una partita in cui la squadra di Conte – anche per merito del blocco basso della Roma, naturalmente – ha fatto molto possesso sterile, è una buona notizia. Dimostra come gli azzurri sappiano maneggiare sempre più strumenti tattici. O meglio: dimostra come il Napoli conosca un numero sempre più alto di meccanismi per forzare le difese avversarie. Anche quando sono così chiuse.
I numeri, in questo senso, dimostrano come quest’azione non sia casuale. Sono un’ulteriore certificazione rispetto al lavoro di Conte. Juan Jesus e Rrahmani, sempre guardando al solo primo tempo, hanno messo insieme ben 13 lanci lunghi diretti verso la trequarti avversaria. Ok, non tutti sono andati a buon fine e non tutti erano taglienti come quello che ha portato al gol di Spinazzola. Ma il fatto che siano stati provati più volte e quindi studiati, come dire, mette in evidenza come e su cosa abbia lavorato Conte in settimana. E come questo lavoro tattico abbia portato i suoi frutti nonostante Ranieri abbia fatto un ampio turn over in vista dei tanti impegni ravvicinati che attendono la Roma.
Il piano-partita di Ranieri
Dal canto suo, come detto in apertura, il tecnico della Roma aveva delle idee piuttosto chiare. Far riposare i suoi uomini migliori, cercare di limitare i danni nel primo tempo e poi alzare il ritmo nella ripresa, così da rimettere in piedi il risultato oppure vincere la partita. Essere andato sotto di un solo gol ha permesso a Ranieri di tenere fede a questa idea. E di ribaltare un po’ le cose nel secondo tempo, intervenendo più sull’atteggiamento dei suoi uomini che dal punto di vista tattico.
In questo senso, i dati rilevati dalla Lega Serie A sono molto significativi: il baricentro medio della Roma, nei secondi 45 minuti, è “risalito” fino a 55 metri. Poi è chiaro, anche i cambi hanno inciso: l’ingresso di Dovbyk al minuto 64′ – dopo quelli di Saelemaekers e Paredes – ha determinato il passaggio a un 4-4-2 decisamente più sbilanciato in avanti. Infine, gli ingressi di Dybala e Baldanzi – con l’arretramento di Saelemaekers nel ruolo di laterale basso – hanno reso ancora più offensivo il sistema di Ranieri. Non a caso, viene da dire, il pareggio della Roma nasce proprio da uno sganciamento dell’esterno belga e da una successiva sovrapposizione con l’esterno alto. Ma del gol in sé parleremo tra poco.
Il 4-4-2 della Roma nel finale di partita. Anzi, forse è più giusto parlare di 4-2-2
C’è da dire, però, che il Napoli ha sofferto pochissimo tutti questi cambiamenti. Fino al gol di Angeliño, infatti, la squadra di Conte non ha concesso tiri in porta alla Roma. Le uniche occasioni costruite dai giallorossi sono arrivate su calcio piazzato, entrambe grazie al piede caldo di Paredes – ma la conclusione finita sul palo esterno al 75esimo deve essere considerato un tiro fuori dallo specchio. Per il resto, la squadra di Ranieri si è limitata a un forcing solo ed esclusivamente territoriale, sublimato in 9 cross dagli esterni puntualmente risputati fuori dalla difesa del Napoli.
I cambi di Conte e il gol di Angeliño
In apertura abbiamo scritto che alcune scelte di Conte, per la precisione delle scelte non obbligate, non hanno pagato come in passato. Com’è possibile, visto che abbiamo detto/dimostrato – snocciolando i dati offensivi della Roma nella ripresa – che gli azzurri non hanno davvero sofferto i cambi tattici e di atteggiamento dei giallorossi? Semplice: perché, come già detto tra le righe, il gol-beffa di Angeliño si determina da un gioco sugli esterni che ha sorpreso un Napoli schierato con il 5-3-2. Un modulo che, di fatto, non si incastra benissimo con un 4-4-2 iperoffensivo come quello che Ranieri aveva disegnato sul campo.
Ma andiamo con ordine, e ricostruiamo le mosse fatte da Conte nella ripresa. Intanto il Napoli, anche per merito dell’intensità maggiore che ci ha messo la Roma, si è abbassato un po’ in campo ancora prima di cambiare modulo: secondo i dati rilevati dalla Lega Serie A, nella ripresa gli azzurri hanno posto il loro baricentro medio a 43 metri. Poi, come detto, Conte ha fatto delle sostituzioni conservative: ha inserito Mazzocchi per David Neres e Raspadori per Politano, passando di fatto a un 5-3-2 puro. Pochi minuti prima dell’ingresso di Raspadori, era entrato anche Gio Simeone al posto di Lukaku.
Una catena di errori
Ora basta rivedere questo gol per capire cosa vogliamo dire: con Raspadori schierato da seconda punta, e non da esterno del 4-5-1/5-4-1, il Napoli ha dovuto difendere due contro uno sulla fascia destra. Laddove è bastato uno scambio veloce, a Saelemaekers e Soulé, per liberare uno spazio molto ampio da cui crossare. Riguardando bene l’azione, si vede come McTominay – terzo di centrocampo del 5-3-2 – non riesca a tenere il passo di un calciatore con molti meno minuti nelle gambe rispetto a lui. Lo lascia andare, è come se se lo perdesse completamente. È un errore di lettura dettato dalla stanchezza, certo, ma pure dal fatto che il centrocampista scozzese era troppo stretto. Così come prevede il modulo scelto da Conte per i minuti finali.
Certo, anche Mazzocchi – il quinto di destra della difesa del Napoli – si fa attrarre dal pallone e così lascia solo Angeliño al momento della battuta a rete. Ma la catena di (piccoli, ma decisivi) errori inizia prima. Da uno scompenso tattico determinato dal cambio di modulo di Conte. Come già detto due volte, non si trattava di una scelta obbligata. Nel senso che il Napoli in panchina aveva comunque un esterno d’attacco (Ngonge) in grado di prendere il posto di Politano e mantenere il 5-4-1/4-5-1. Oppure Conte avrebbe potuto inserire un centrale difensivo (Rafa Marín?), tenere Di Lorenzo largo e non abbassare Mazzocchi e Spinazzola.
È chiaro: col senno di poi, parlare è molto facile. Così come è (ancora più) facile pensare, dire e scrivere che far entrare il sostituto di Kvaratskhelia – che, questo va detto, non è stato ancora individuato e acquistato – e non Mazzocchi avrebbe dato più spessore ai cambi di Conte. Il punto, però, è che una sola e piccola sbavatura non può e non deve portare a condannare un intero progetto tattico. Basta andare con la mente alla recente partita di Bergamo per rilevare come un cambio del tutto simile a quelli fatti ieri, ovvero quello tra Spinazzola e David Neres, abbia determinato la vittoria del Napoli. E anche a Bergamo non c’era il sostituto di Kvara.
Conclusioni
Tutto questo per dire che le partite di calcio contemporaneo, ma in realtà succedeva anche 15 o 30 o 60 anni fa, si decidono attraverso i dettagli. E quindi ogni singola scelta di un allenatore può alterare non solo un risultato, questo è lapalissiano, ma anche i giudizi sul suo operato. Molto semplicemente: se il tiro di Angeliño fosse finito sul palo e la Roma avesse perso, come sarebbe stato giudicato il turn over di Ranieri? E come sarebbe stato giudicato questo punto conquistato dal Napoli se Milan-Inter, qualche ora prima, fosse finito con una vittoria del Milan e non con il pareggio di De Vrij all’ultimo minuto?
Insomma, ci vuole un po’ di sano realismo. Ok, il Napoli ha giocato una partita meno brillante rispetto alle ultime e ha commesso un errore nel finale. Molto probabilmente anche Conte ha fatto una valutazione errata, ma per tutta la partita aveva inaridito il gioco della Roma – al netto di una parata di Meret e di un palo esterno colpito su punizione. Eaveva anche costruito il gol del vantaggio. Anzi, lo stesso tecnico ha detto – nelle interviste postpartita – che il suo Napoli aveva lavorato proprio sull’azione che ha portato al gol di Angeliño. Gli azzurri sapevano come difendere in quella situazione di gioco, ma non ci sono riusciti. Può succedere.
È inutile sottolineare come il Napoli-società, Conte e i giocatori – nell’ordine che preferite – abbiano il compito/dovere di non dilapidare quanto fatto finora. In allenamento, sul mercato, in partita – anche qui potete scegliere l’ordine che preferite. Ma il pareggio – non la sconfitta: il pareggio – di Roma, almeno per il momento, deve essere considerato per quello che è: un risultato amaro dovuto a un passaggio a vuoto in fase difensiva, per altro durato solo qualche minuto, nel contesto di una serata un po’ opaca dal punto di vista offensivo. Anche questo, a pensarci bene, può succedere.