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Brignone: «Goggia mi ha insegnato a mettere carattere. Sinner va capito»

Al Corriere della Sera: “Ho molta più paura in slalom. Ho meno spazio d’azione, non mi sento a mio agio e tendo a sbagliare”

Brignone: «Goggia mi ha insegnato a mettere carattere. Sinner va capito»
Italy's Sofia Goggia (L) winner and Italy's Federica Brignone, third placed, celebrate on the podium of the Women's Downhill event of FIS Alpine Skiing World Cup in Cortina d'Ampezzo, Italy on January 18, 2025. (Photo by Tiziana FABI / AFP)

Federica Brignone è la donna più vincente dello sci italiano. Fa rima non letterale con Sofia Goggia: due campionesse diversissime, rivali ma sempre più vicine. Lo dice la stessa valdostana intervistata dal Corriere della Sera. Ora che vince anche in discesa, terra di conquista di Goggia finora: “Era uno dei miei obiettivi: li avevamo messi a punto con mio fratello Davide (l’allenatore di Federica ndr), prevedendo allenamenti specifici. Da anni ci concentriamo sulla scorrevolezza, sul distribuire i carichi per essere più veloci in discesa, per impostare le curve più lunghe. Ho molta più paura in slalom. Ho meno spazio d’azione, non mi sento a mio agio e tendo a sbagliare. Ora ho pochissima paura nella velocità, anche in condizioni difficili: mi sento lucida, in controllo, ho affinato la tecnica per avere una sciata sicura e spingo anche in situazioni complicate. Poi tutto può succedere, lo sci è pericoloso, lo sai da sempre. Per questo ho addestrato anche la mente”.

Goggia “mi ha insegnato a guardare cosa posso fare di meglio esclusivamente per me, a valutare meglio le scelte. E che con la decisione e l’atteggiamento si può ottenere davvero tanto. Mi ha spinto a mettere un po’ più di carattere quando le cose sono complicate“.

Dice che il suo “mito da sempre” è Federer. E sul no di Sinner a Mattarella ovviamente è meno affilata di Goggia: “Sempre andata, a fine stagione quando non c’erano gare. Bisogna capire anche la vita degli atleti: viaggiare è pesante e lo è anche incastrare tutto con gli allenamenti. So cosa vuol dire girare per il mondo, cambiare hotel ogni due giorni, abituarsi ai fusi orari. Ore di macchina per raggiungere i luoghi d’allenamento, poco fa ne ho fatte sette. Alla fine viaggiare meno incide sulla fatica e quindi sulla prestazione. A questo livello, conta tutto”.

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