Ne sono convinti i ricercatori dell’Università Tecnica di Monaco di Baviera, e l’hanno spiegato alla Faz
Entro tre anni al massimo la Formula 1 non avrà più bisogno dei piloti. Le auto correranno da sole, più veloce di qualsiasi Max Verstappen, guidate dall’intelligenza artificiale. Ne sono convinti i ricercatori dell’Università Tecnica di Monaco di Baviera, e l’hanno spiegato alla Faz.
“In tre anni”, dice il capo del team Simon Sagmeister, “la nostra intelligenza artificiale dovrebbe guidare più velocemente degli esseri umani”. E in realtà “è già un po’ così oggi”, dice Rolf Henniger, responsabile delle soluzioni digitali del futuro team Audi Sauber: “Senza questi algoritmi intelligenti, non è più possibile costruire un’auto in grado di vincere. Quei giorni sono ormai lontani”.
Nell’aprile dell’anno scorso è nata ad Abu Dhabi l’Autonomous Racing League, un campionato per auto da corsa a guida autonoma, una sorta di Gran Premio degli algoritmi. La macchina guidata dall’intelligenza artificiale dei riceracori di Monaco, l’hanno chiamata “Hailey”, ha fregato nelle ultime curve d’una gara “Gianna”, la pilota AI dell’Università di Modena e Reggio Emilia. Con una mossa quasi imprevedibile.
Il divario con gli umani è ancora enorme. L’anno scorso, l’ex pilota di Formula 1 Daniil Kwiat ha surclassato facilmente le vetture a guida autonoma, impiegando dieci secondi in meno per completare un giro con la stessa vettura. “Quest’anno vogliamo ridurre il divario a tre secondi”, dice Sagmeister. Non gli sembra irragionevole superare presto Verstappen e soci.
In alcune cose, dice Sagmeister, Hailey è già più avanti dei piloti professionisti. Corre in modo più uniforme e può ottenere gli stessi risultati nelle identiche condizioni. Sagmeister chiama questo fenomeno riproducibilità e spiega: “Con la nostra intelligenza artificiale siamo in grado di ripetere un giro con una deviazione di soli pochi centimetri”.
Ciò che manca ancora ad Hailey e compagnia bella di gara è quello che Michael Schumacher una volta descrisse come l’arte della corsa: sentire le gomme, interpretare il cielo e, di tanto in tanto, uscire di pista alla ricerca del limite. Leggere l’avversario, preparare l’attacco, fintare a destra, passare a sinistra. Il bagaglio di esperienza maturato in centinaia di partenze da un pilota che già da bambino gareggiava con i kart.
“Il feeling del pilota da corsa”, ammette Sagmeister, “soprattutto al limite assoluto, è ancora una sfida per noi”. O l’interazione con gli avversari in pista. “Anche in Formula 1 ci sono sempre incidenti tra i migliori piloti del mondo. Quanto spesso la questione della colpevolezza è controversa? Provate a calcolarlo per un’intelligenza artificiale e a inserirlo negli algoritmi. E’ super difficile”.
Intanto però, già da circa sei o sette anni, i team di corse sperimentano l’intelligenza artificiale, uno dei pochi ambiti di questo sport che finora è rimasto in gran parte non regolamentato. L’Intelligenza artificiale ha già sostituito in alcuni compiti eserciti di ingegneri, nello sviluppo delle auto.